Gli ayatollah possono essere sconfitti, ma gli iraniani non chiameranno mai liberatori quelli che bombardano Gaza

(Domenico Quirico – lastampa.it) – La stasi, il sogno di eternità e di permanenza in un ordine prefissato degli affari umani, è il mito favorito fra i tiranni. Ancor più tra quelli, come gli ayatollah di Teheran, che hanno scarcerato il Verbo dal sarcofago delle moschee per farne un’arma di politica e di potere. Scoperta formidabile che ha superato i confini della eresia sciita su cui fulminava lo sguardo il vecchio di Homs per diventare munizione micidiale nell’arsenale di tutte le guerre sante.
I miti, che siano figli di ideologismi furenti o collocati sotto il segno di dio, sono destinati a finire. E i regimi, che pongono la domanda “perché” e quelli che si limitano al meccanicistico “come”, prima o poi imboccano la via dell’ultimo atto.
Il giorno della fine in fondo è l’unico scenario che possiamo descrivere minuziosamente. Perché si assomigliano tutti, nella banalità, nella assenza di un elemento di grandezza. Lasciano l’ombra appiccicosa o il vuoto interrogante del non sapere perché siano così precipitosamente avvenuti.
Sì. Siamo al rendiconto. L’adesso, il qui, il qui storico, il qui dei giorni finali. Il Palazzo si svuota, i telefoni suonano a vuoto, gli schermi dei computer sono opachi, giungono rombi di artiglierie e raffiche di mitra: esecuzioni dei fedelissimi o ultimi rantoli di resistenza degli irriducibili? E poi voci rumori sibili ordini. C’è il tempo per tentare di ripercorre i terribili precipizi della distruzione? Chiedersi che cosa ha smangiato dall’interno come un terribile muffa o come un terribile salnitro quel Potere che sembrava saldissimo? Inutile. Terre promesse, utopie ringiovanite, bugie, riforme, trucchi, tributari…niente. Il tempo è scaduto.
Da più di tre anni lungo gli stradali della arcimetropoli occidentale politici astuti e spacciatori di certezze hanno atteso, invano, di celebrare l’ultimo atto di Putin al Cremlino: la rivolta dei russi, dei boiari, dei generali perfino un golpe sanitario… Ora che la tragedia, avviata nel 2022, ha profonda, sanguinosa e diramata continuazione nel vicino Levante e che con una puntualità agghiacciante la terribile e lapidaria parabola della guerra mondiale aggiunge nuovi capitoli a se stessa, tutti a chiedersi: come cadranno nella polvere gli ayatollah di Teheran, quelli temporaneamente risparmiati dalle spicce esecuzioni preventive di Israele, un modo nuovo per definire l’omicidio?
Cambio di regime a Teheran: ecco la formula con cui si cerca di scavalcare di un balzo il semisecolare problema della Bomba degli ayatollah e le omicide misoginie degli squadroni della virtù. Finora con i lugubri sacerdoti di Teheran e con i loro servi-padroni delle guardie rivoluzionarie, nulla da fare: indeboliti, isolati, maledetti ma sempre al potere. Sanzioni, eliminazioni di comandanti e scienziati che si accatastano, bombardamenti micidiali, inutili lusinghe negoziali: immancabile si apriva la delusione. Nella permanenza di quel micidiale sinedrio impermeabile a ogni crisi e rivolta eroica, ricominciava la fatica di proporre nuove vie. Ma bastava poco perché anche questi sogni supplementari si sfasciassero riaprendo il vuoto di prima.
Questi ayatollah, di cui si descriveva con dovizia di esempi la fiacchezza spirituale, il feroce cinismo, il mammonismo trionfante, l’isolamento dalla società, difeso solo con preghiere, forca e scudisciate, sembravano incrollabili. In una società l’uomo non può sopportare troppa realtà, si diceva, alla fine si ribella. L’Iran giovane moderno filo occidentale reso schiavo decimato mutilato impoverito ed esasperato avrebbe spazzato via la mafia del potere che osava proclamarsi santa.
Il guaio è che quello di Teheran non è un potere ideologico, è anche un potere teologico che accampa la sua legittimità su un credo per di più nutrito di un forte elemento nazionalistico, abituato da secoli alla emarginazione, alla violenza, al martirio. Nulla di più errato delle tesi secondo cui il revival islamico di cui Khomeini è stato il veggente sia un goffo tentativo di creare astratti uomini di fede, uomini che non sarebbero altro che regole. O la tesi di chi assicura che Comunismo e Islam sono rivoluzioni intercambiabili, entrambe frutto di odio e di rabbia.
Certo, la presa spirituale dei mullah sul popolo iraniano dopo mezzo secolo di regime è molto allentata. Certo le religioni vantano il grande vantaggio di non consentire la verifica delle promesse fatte al cliente fino alla sua morte, mentre quelle dei politici e dei teorici laici falliscono sotto i nostri occhi delusi. Ma alla fine, non è questo che conta: è la legittimazione teologica a bollare chi si ribella come apostata ed eretico che giustifica il ricorso a un livello di violenza repressiva che nessuna dittatura laica può permettersi senza automaticamente decomporsi.
Netanyahu con l’appello al popolo iraniano lanciato mentre i suoi missili sgretolano case e caserme, siti atomici e strutture produttive perché gli dia una mano insorgendo contro i satana delle moschee (singolare terminologia che svela pericolose assonanze tra i due acerrimi nemici) sta commettendo uno degli innumerevoli errori di questa sua scriteriata stagione politica. Una disfatta militare può determinare certo un cambio di regime (il nazismo è caduto così). Ma immaginare che gli iraniani, anche i moltissimi che detestano gli ayatollah, vengano a mendicare la liberazione da chi purifica i confratelli sunniti di Gaza, è un mirabile esempio di ottusità politica.
SCIITI E SUNNITI SONO DUE VARIAZIONI DELL’ISLAM
COME PER NOI CATTOLICI E PROTESTANTI
Hezbollah è sciita, Hamas è sunnita
La Palestina è sunnita.
Hamas e Jihad Islamico, gruppi attivi nella Striscia di Gaza, sono di orientamento sunnita ma ricevono sostegno dall’Iran sciita per la comune opposizione a Israele.
L’Iran è sciita ed è un sistema teocratico.
Il Libano ha un terzo di Sciiti, rappresentati politicamente da Hezbollah, alleato dell’Iran, il 20% sono Sunniti tradizionalmente vicini all’Arabia Saudita.
L’Iran usa il legame religioso sciita per influenzare gruppi come Hezbollah in Libano e Hamas in Palestina, nonostante le differenze settarie.
MA CHE DIFFERENZE CI SONO TRA SCIITI E SUNNITI?
Sono entrambi islamici ma si sono spesso combattuti.
1. I Sunniti credono che il successore (califfo) dovesse essere eletto tra i compagni più fedeli di Maometto. Sono il gruppo più numeroso. Rappresentano il 90% dei musulmani.
Gli Sciiti credono che la guida dovesse rimanere nella famiglia del Profeta, in particolare attraverso suo cugino e genero Ali ibn Abi Talib e i suoi discendenti (gli Imam).
Ritengono che Abu Bakr, Omar e Uthman abbiano usurpato il diritto di Ali.
Rappresentano circa 10-15% dei musulmani, maggioranza in Iran, Iraq, Bahrein e Libano.
2. I Sunniti riconoscono i califfi e gli studiosi (ulema) come guide religiose.
Gli Sciiti seguono gli Imam, considerati infallibili e guide spirituali.
Credono in 12 Imam (nella branca Duodecimana, la più diffusa), l’ultimo dei quali è “nascosto” e tornerà come Mahdi.
Gli ayatollah (come in Iran) hanno un ruolo centrale nell’interpretazione religiosa.
Entrambi accettano come testi sacri Corano e Sunna, ma gli sciiti includono anche detti degli Imam (Hadith sciiti).
5. In Politica i Sunniti sono storicamente legati al potere califfale (Impero Ottomano, Arabia Saudita).
Gli Sciiti tendono a una struttura clericale (es. Iran, dove l’ayatollah è Guida Suprema).
La divisione ha portato a tensioni politiche, come:
Guerra Iran-Iraq (1980-88, sunniti vs sciiti).
Conflitti in Iraq, Siria, Yemen (sciiti sostenuti dall’Iran, sunniti dall’Arabia Saudita).
In sintesi, mentre le creenze fondamentali (Unicità di Dio, Profeta Maometto, Corano) sono condivise, le differenze riguardano principalmente leadership, rituali e interpretazione storica.
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Dopo tutte ‘ste cazzate riuscire a dire che l’Iran sta facendo il culo a Israele è complicato…
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