Un inatteso ritrovamento a Baranello (Molise) fa emergere i grafici originari e il modello in scala dell’opera, realizzata nel 1879 per la città di Caserta

(Salvatore Costanzo) – L’esigenza di rivalutare l’eredità culturale e la straordinaria ricchezza figurativa emersa dai miei più recenti studi su Luigi Vanvitelli, porta a considerare oggi nuovi apporti e chiarimenti su alcuni percorsi di ricerca ottocenteschi, nell’intento di affiancare un importante recupero documentario apparso sulla stampa dell’epoca, nonché disponibile in importanti biblioteche nazionali.
Solitamente, quando si giunge a delle nuove rivelazioni artistiche vi è la tendenza a raccontare diversi aspetti sconosciuti al grande pubblico: dall’identità dell’autore dell’opera al suo ruolo nella società del tempo, dall’individuazione del linguaggio visivo che il manufatto trasmette, fino ai processi emotivi e ai significati culturali che ampliano le frontiere delle conoscenze artistiche.
Nel nostro caso non si tratta solo di uno storico “rinvenimento” nel campo dell’arte ma, più specificamente, di una dichiarazione circostanziata per lo più fornita a titolo di chiarimento, riconducibile certamente ai primi anni del decennio settanta dell’Ottocento; un “rinvenimento” di straordinaria portata avvenuto nell’ambito del mio nuovo studio sullo scultore Onofrio Buccini (Marcianise, 1825 – Napoli, 1896), autore della statua di Luigi Vanvitelli, elevata nel 1879 per adornare l’omonima piazza di Caserta.
A Baranello, un suggestivo borgo situato su un piccolo colle lungo il fiume Biferno in provincia di Campobasso, nel Museo Civico cittadino sono custoditi alcuni sorprendenti disegni colorati, che restano di fatto gli unici fino adesso rinvenuti del Monumento al Vanvitelli, realizzati dall’architetto Giuseppe Barone (Baranello, 1837 – Napoli, 1902), ideatore del progetto delle parti basamentali dell’opera, e autore insieme al Buccini di un altro prodotto artistico “rivelazione”: un accuratissimo plastico in scala, concluso in sommità dalla figura di Luigi Vanvitelli in atto di mostrare la Reggia di Caserta. Quest’ultima scultura riproduce le sembianze del celebre architetto napoletano, similmente a quelle del più noto modello in gesso realizzato tra il 1872-76 (di altezza pari a cm. 178) che si conserva nel Museo della Reggia di Caserta.
Il plastico di Baranello attesta i diversi scambi culturali e professionali tra il Barone e il Buccini sulla scena della produzione figurativa napoletana degli anni ’70. Il manufatto in esame – come il precedente modello in scala eseguito per il concorso nazionale del Monumento all’Unità d’Italia (1871), ed ancora, il progetto per le opere basamentali del Monumento alla Carità di Marcianise (1877) – rappresenta un’eloquente testimonianza che arricchisce le conoscenze, le abilità tecniche e creative dei due valenti maestri.
Documenti storici attestano che nel febbraio 1868, Onofrio Buccini fu informato dal sindaco di Caserta, Nicola Della Ratta, di presentare un progetto per il Monumento al Vanvitelli. Trascorsi alcuni anni, il Municipio non aveva ancora autorizzato lo scultore ad eseguire l’opera. Solo quando l’artista ebbe completato il bozzetto per il gruppo alla Carità di Marcianise, “… gli venne comunicata la deliberazione del Consiglio, con presentare altro progetto economico in disegno colorato architettonica dell’ambiente naturale (fontane del Parco) e di ingegneria (Acquedotto) che caratterizzano l’attività del Vanvitelli a Caserta. Nel basamento vi sono, ancora, quattro pilastri sporgenti, designati da altrettanti trofei allusivi alla scienza e all’arte, mentre in un altro bassorilievo è simboleggiata la pace del genio con tutti gli attrezzi architettonici.
Quanto ai preziosi disegni in parola (in buono stato di conservazione), c’è ancora da dire che sul prospetto principale di entrambe le soluzioni campeggia lo Stemma del Municipio di Caserta, mentre solo nella versione definitiva sono sospesi ai quattro angoli grandiosi festoni di fiori e frutta ed altri ornati. C’è da rilevare che una tecnica pittorica trasparente permise all’arch. Barone di creare effetti sfumati e luminosi, dove il colore sembra mantenere la nitidezza sul foglio; la percezione cromatica appare distesa a velature più o meno dense che mirano alla ricerca volumetrica delle forme. In entrambi i grafici la scelta delle matite colorate è resa con tinte di marrone chiaro, beige e grigio su tonalità tenui.
Prima di chiudere, mi corre l’obbligo di ringraziare il sindaco di Baranello, dott. Riccardo Di Chiro, che con cortese spirito di collaborazione ha favorito questo lavoro di ricerca. A lui va la mia più sincera riconoscenza.