Dobbiamo contraddire l’amico Tomaso Montanari, che a Otto e mezzo, deplorando giustamente il sabotaggio (esplicito) di La Russa e (implicito) di Meloni del referendum dell’8 e 9 […]

(di Daniela Ranieri – ilfattoquotidiano.it) – Dobbiamo contraddire l’amico Tomaso Montanari, che a Otto e mezzo, deplorando giustamente il sabotaggio (esplicito) di La Russa e (implicito) di Meloni del referendum dell’8 e 9 giugno contro i cardini del Jobs Act e per abbreviare i tempi per la cittadinanza agli stranieri, ha detto che mai in Italia si era vista un’alta carica dello Stato esortare i cittadini all’astensione.

Purtroppo si è già vista. Aprile 2016: si vota per vietare il rinnovo delle concessioni estrattive di gas e petrolio per i giacimenti entro le 12 miglia dalla costa italiana. È il cosiddetto Referendum sulle trivelle, peraltro chiesto per larga parte da Regioni guidate dal Pd. Renzi, capo del Pd e del governo, è favorevole al rinnovo e tifa perché vinca il No o, meglio ancora, perché non si raggiunga il quorum: è pur sempre lo sviluppista e anti-ecologista capomastro dello Sblocca Italia, il decreto suo e di Lupi che consente di costruire ovunque, anche sulle coste, stante il silenzio-assenso delle soprintendenze, sempre più esautorate.

Matteo può contare, oltre che sulla scarsa copertura mediatica del referendum, sull’appoggio del suo testimonial d’eccezione (ne scrivo ne Il Rottamato. Antropologia di Matteo Renzi, PaperFirst): il presidente emerito della Repubblica e senatore a vita Giorgio Napolitano. Intervistato da Repubblica, Napolitano denigra il quesito: “Trovo persuasivi gli argomenti sull’inconsistenza e pretestuosità di questa iniziativa referendaria. Ci si pronuncia su quesiti specifici che dovrebbero essere ben fondati. Non è questo il caso”. Quindi invita elegantemente i cittadini all’astensione: “Se la Costituzione prevede che la non partecipazione della maggioranza degli aventi diritto è causa di nullità, non andare a votare è un modo di esprimersi sull’inconsistenza dell’iniziativa referendaria”. Così il “custode della Costituzione” mandava tanti saluti all’art. 48 della stessa, che recita: “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”, saluti che poi si sostanziarono nel triviale #ciaone di Ernesto Carbone, renziano di terza fila, ai 16 milioni di italiani che avevano inutilmente votato Sì. Oggi come allora, l’astensione è un regalo a chi governa. Bizzarro che Meloni, che ha preso i voti sbraitando contro le élite finanziarie e per il ripristino della sovranità popolare, tifi per l’astensione e per il Jobs Act renziano: non sarà mica una neoliberista che governa per conto dei padroni e contro i lavoratori?