
(di Antonello Caporale – ilfattoquotidiano.it) – Se il nuovo sogno del ceto medio è far emigrare i figli e se in dieci anni 97 mila laureati sono partiti, 21 mila solo nel 2023, è evidente che siamo al più terribile dei paradossi. L’Italia va piano piano assomigliando a quei Paesi nei confronti dei quali progetta numeri chiusi, controlli alla frontiera, espulsioni certe. È in atto una specie di domino della speranza nel mondo e quella che si va formando è la catena delle aspirazioni, in molti casi purtroppo delle disperazioni, che oggi affollano i luoghi in cui le necessità economiche, i bisogni urgenti, sono divenuti la dimensione quasi congenita anche delle società industrializzate.
Certo, l’Italia ha vinto da decenni la battaglia per il pane, ha sconfitto in una misura larga la povertà assoluta, ma adesso – ci ricorda il Censis – è ingabbiata nella sua percezione di una vita che può essere gratificante solo se viene vissuta oltre frontiera. L’Istat ci ricorda che il capitale umano è da tempo sulla via di un doloroso esilio. Quasi 100 mila laureati hanno scelto di andare altrove, di cercare altrove una retribuzione adeguata alla propria professionalità. Si susseguono le misure per fronteggiare l’emigrazione degli altri senza dar conto della nostra. Fa impressione che il ceto medio, l’area che si immaginava più prossima a chi è benestante, si auguri per i familiari giovani una vita al di là delle Alpi. Era ceto medio, dovremmo dire. Il benessere è divenuto l’orizzonte lontano, un sogno impossibile, i bisogni si fanno minuti e urgenti, il valore della busta paga si è ridotto nell’ultimo decennio di quasi il 20 per cento. Abbiamo avuto la possibilità negli anni scorsi di poter provare a chiamare a raccolta, in alcuni casi e in territori non marginali, le giovani generazioni.
Le catastrofi naturali che si sono abbattute nel Paese consentivano, pur nel dolore dei disastri umani e materiali causati, di avviare un’opera di ricostruzione e rigenerazione urbana. Potevamo provare, per esempio, a farli divenire incubatori di nuove energie professionali – proiezioni possibili, esempi da seguire altrove – e invece i miliardi di euro spesi hanno riprodotto il solito circuito familistico e politico. Pochi con le tasche piene, tantissimi con le tasche vuote e – appunto – la valigia in mano.
“Se il nuovo sogno del ceto medio è far emigrare i figli e se in dieci anni 97 mila laureati sono partiti, 21 mila solo nel 2023, è evidente che siamo al più terribile dei paradossi. L’Italia va piano piano assomigliando a quei Paesi nei confronti dei quali progetta numeri chiusi, controlli alla frontiera, espulsioni certe….” E’ la tragica realtà. Il governo Cialtroni impiega risorse enormi per tentare di “fermare” l’ingresso di migranti (gli unici che hanno ancora volontà di stare in questo paese…) ma non fa assolutamente niente per fermare l’espatrio di giovani e laureati. Di questo passo, l’Italia tra pochi decenni si spegnerà come un lumino del cimitero.
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la mia personale esperienza: ho due figli un ragazzo-ingegnere e una ragazza-economista. Con una semplice lettera di referenze sono stati immediatamente assunti uno a Londra nella city e l’altra a Berlino come ricercatrice!Remunerazione tripla rispetto all’Italia! È triste vederli partire ma è bello vederli sereni!
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Ringraziamo svenditori di patria e garanti del vincolo esterno. Ci hanno fatto a pezzi e ci han portato via tutto: chi l’ha fatto e chi, d’accordo, glielo ha lasciato fare. Queste le conseguenze, ma non è finita, perché se abbiam visto che razza di benessere ci ha portato Maastricht e l’iperliberismo, ora ci aspetta il “salto” tecnologico che ci garantirà più libertà e benessere.
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Finalmente un articolo che pone l’attenzione sul vero dramma che affligge l’Italia: la questione demografica.
Il calo delle nascite e la fuga dei talenti sono le due facce della stessa medaglia: il risultato concreto di politiche disfunzionali portate avanti negli anni, INDISTINTAMENTE da chi fosse al governo.
È quanto meno discutibile che il “ceto medio”,una categoria dai contorni sempre più sfumati, DESIDERI vedere i propri figli emigrare. Forse sarebbe più corretto parlare di una NECESITA’ vissuta con rassegnazione, ma definirla un desiderio rischia di minimizzare la portata del problema.
Certo, ci sono casi in cui un’esperienza all’estero viene incoraggiata e può rivelarsi positiva, se vissuta come un arricchimento temporaneo. Ma non si può generalizzare: se la partenza si trasforma in un addio definitivo, allora è un fallimento, non una conquista.
Condivido pienamente la riflessione finale dell’articolo, che può essere sintetizzata in una sola parola: DECLINO.
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Ma ai piccoli fan della melona la cosa non interessa affatto, sonon tutti a coltivare il proprio orticello…
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Fosse solo ai piccoli fan della Meloni che non interessa, saremmo 1000 passi avanti.
In realtà di questo problema non frega niente a nessuno.
Affrontarlo politicamente ( in modo efficace, si intende) significa perdere consenso politico; affrontarlo come argomento ricorrente sui giornali o jei media in generale, significa perdere lettori o ascoltatori.
Il risultato è uno solo, guadagnare 10 oggi per perdere 1 MLD domani
Ma l’oggi è certo, del diman non v’è certezza
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