L’inchiesta di “100 minuti”. Conte: “Contratto-scandalo. Rischio danni da 40 mld”

(di Marco Grasso – ilfattoquotidiano.it) – Genova. C’è un prima e un dopo il crollo del Ponte Morandi. Di ciò che è successo prima si sa molto, dopo una lunga inchiesta e un processo che hanno ricostruito una vicenda incentrata sul taglio dei costi di manutenzione per aumentare i profitti della concessionaria. È ciò che è accaduto dopo che rimane in gran parte avvolto nella nebbia. L’assalto dei lobbisti autostradali all’esecutivo, l’intervento di ex ministri, il pressing per evitare la temuta revoca della concessione. C’è ancora molto da raccontare su come due governi, il Conte-1 e il Conte-2, siano passati dall’iniziale annuncio della revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia – la società che gestiva il viadotto – al suo acquisto, pagando ai proprietari, la cordata guidata dalla famiglia Benetton, una generosa buonuscita da oltre 8 miliardi di euro, pagata con soldi pubblici. “Ho toccato con mano il potere di quel conglomerato, la sua influenza, eravamo circondati da emissari dei Benetton, a destra e a sinistra – racconta oggi l’ex premier Giuseppe Conte –. In caso avessimo portato avanti la revoca, i nostri tecnici mi mostrarono previsioni per cui lo Stato rischiava di rimetterci 29-32 miliardi di euro, più i danni. Rischiavamo un contenzioso da 40-50 miliardi”.

Conte ha rievocato quel passaggio delicato durante un’intervista a “100 minuti”, programma d’inchiesta condotto da Corrado Formigli e Alberto Nerazzini, andato in onda ieri sera su La7. L’ex premier era l’ospite di una puntata dedicata alla famiglia Benetton – “United colors of money” – firmata da Salvatore Gulisano. Un viaggio nel potere di una delle ultime dinastie del capitalismo familiare italiano, sopravvissuta, senza scalfire i propri guadagni, alla più grande catastrofe trasportistica della storia italiana. È forse la prima volta che Conte parla in modo così schietto dei retroscena dietro quella trattativa, di cui oggi rivendica la responsabilità politica, ammettendo che sarebbe potuto andare molto peggio per lo Stato: “Aspi era imbullonata a quella concessione, per via di accordi firmati nel 2007 dal governo Prodi e poi trasformati in legge (con un decreto del governo Berlusconi, ndr)”. Un’intesa in cui una manina infilò l’ormai nota clausola capestro, che legava le mani dello Stato, rendendo impossibile una revoca. “Quella concessione era un obbrobrio, uno scandalo giuridico, non ho mai visto un contratto così sbilanciato – dice ancora Conte –. All’università insegniamo che nelle concessioni è lo Stato a dettare le condizioni, qui era il contrario. Quell’accordo è frutto dell’epoca delle privatizzazioni, quando fu svenduto il patrimonio pubblico, quando Draghi convocò sul Britannia il gotha della finanza”.

Per Conte, quell’intesa rimane un successo, “perché abbiamo mandato via i Benetton, che volevano restare per incassare tutti i profitti fino alla fine della concessione”. Non tutti gli ex compagni di partito sono d’accordo con lui. A cominciare da Toninelli: “A me Conte non disse come aveva chiuso quel dossier. Io diedi per scontato che ‘bene’ significava via i Benetton e dentro lo Stato, senza pagare 8 miliardi”. Per Toninelli, senza mezzi termini, “la società sarebbe dovuta fallire”: “Conte a un certo punto mi disse che avremmo dovuto dire che chiedevamo la revoca, ma poi trattare”. L’ex premier respinge le critiche di Toninelli, ormai un avversario politico “perché vicino a Grillo”, ricordando che alcune scelte radicali sarebbero stati impedite dalle “regole europee” e “dallo stato di diritto”. Nella puntata compare anche l’ex viceministro allo Sviluppo Economico Stefano Buffagni, oggi lobbista, che intervistato di nascosto ricorda “un consulente che Aspi pagava di nascosto 400 mila euro”, “figli di dirigenti del Ministero assunti in Autostrade”, l’interessamento dell’ex ministro “Delrio”, “dell’avvicinamento tra Castellucci ed esponenti M5S come Stefano Patuanelli e Giulia Lupo”, per offrire il salvataggio di Alitalia in cambio della rinuncia alla revoca. Nel frattempo, i Benetton hanno continuato a macinare profitti, con un impero in cui “il sole non tramonta mai”. E ancora oggi, la parola scuse non esce dalle bocche dei protagonisti della vicenda: “Le scuse non avrebbero risolto il problema”, taglia corto Luciano Benetton “nessuno di noi è stato coinvolto nel processo”. “Non sono l’imputato principale – precisa invece l’ex di Aspi Giovanni Castellucci – solo il più importante”.