Le regole Agcom non si adattano a tutte le posizioni in campo ed espongono a sanzioni. I conduttori: “Impossibile essere al sicuro”

(di Lorenzo Giarelli e Gianluca Roselli – ilfattoquotidiano.it) – Partita con le migliori intenzioni, la legge sulla par condicio rischia di ostacolare l’informazione sui referendum dell’8 e 9 giugno. Se i promotori denunciano la volontà dei conduttori vicini al governo di oscurare i quesiti sul Jobs Act e quello sulla cittadinanza, dall’altra c’è un problema pratico: la delibera Agcom che regola tg e talk show è un groviglio di 30 pagine piuttosto astratte, difficili da mettere in pratica.
Non è un caso che le lamentele dei promotori – Più Europa e la Cgil – siano identiche a quelle del 2022, in occasione dei referendum sulla giustizia voluti da Lega e Radicali italiani. Matteo Salvini parlò di “quesiti oscurati”, Roberto Calderoli si spinse allo sciopero della fame.
Ma cosa impone la par condicio? Le linee guida Agcom prevedono che “quando vengono trattate questioni relative ai temi oggetto dei 5 referendum, le posizioni dei diversi soggetti politici impegnati a favore o contro ciascun quesito devono essere rappresentate in modo corretto e obiettivo” e “deve essere garantita la presenza equilibrata e il contraddittorio tra i soggetti favorevoli o contrari a ciascun quesito”.
Primo problema: la delibera Agcom distingue tra sostenitori del Sì e sostenitori del No, ma è noto che nei referendum abrogativi la sfida sia tra i favorevoli e chi punta al mancato quorum. Non i contrari, dunque, che pure esistono (Matteo Renzi ha dichiarato che voterà no ai quesiti sul Jobs Act), ma i sostenitori dell’astensione, come il presidente del Senato Ignazio La Russa. In questo contesto diventa difficile distinguere le categorie con l’accetta. A maggior ragione in partiti, come il Pd, dove esponenti di rilievo hanno offerto un kamasutra referendario che prevede, per esempio, di ritirare solo due schede (cittadinanza e subappalti). Anche solo parlare in tv dei referendum, però, potrebbe portare acqua al mulino del quorum. Senza dimenticare la linea sottile su cui si muovono “direttori, conduttori, giornalisti e registi”, che devono “attenersi a un comportamento corretto e imparziale, tale da non influenzare, anche in modo surrettizio e allusivo, le libere scelte degli elettori”.
Un groviglio che manda in confusione i talk. Lo conferma Luca Sommi, al timone di Accordi&Disaccordi sul Nove: “È una par condicio all’italiana, è molto difficile applicarla. Confrontandomi con Loft (la casa di produzione del programma, ndr), ci siamo detti che è impossibile parlare del referendum senza correre il rischio di sanzioni”. Non è solo questione di bilancino: “Il principio è giusto, ma la messa in pratica è difficile e credo che in molti abbiano problemi. Ci vorrebbe il timer: 1 minuto e 15 per il Sì e 1 minuto e 15 per il No, ma in ogni caso non copri tutte le posizioni in campo”.
Sulla complessità della faccenda concorda Paolo Del Debbio, giornalista Mediaset conduttore di 4 di Sera e Dritto e Rovescio. “La delibera dell’Agcom è complessa e le posizioni in campo sono diverse e trasversali, non combaciano perfettamente con la contrapposizione destra-sinistra o maggioranza-opposizione, all’interno di partiti e coalizioni ci sono posizioni e sfumature diverse. Un ginepraio”, osserva Del Debbio. “Oltretutto quando in tv si parla di referendum, specie quelli così tecnici, lo share cala a picco, rischi di fare il 2%. Ricordo una puntata sul referendum di Renzi dove facemmo il 3%…”, aggiunge il conduttore. Nicola Porro ha le stesse preoccupazioni, ma per rispettare la par condicio su Rete 4 ha un suo metodo. “Io dividerò i 4 quesiti economici, compreso quello sui subappalti, da quello sulla cittadinanza e, quando ne tratterò, metterò a confronto chi è per il Sì e chi è per il No, includendo tra questi anche chi invita a non votare”, spiega il giornalista. Secondo cui “sarebbe divertente avere in trasmissione un confronto tra due esponenti del Pd pro e contro il Job Act, ma non credo che accetterebbero…”.
Intanto i dati dell’Agcom e dell’Osservatorio di Pavia parlano chiaro. Secondo Agcom, la Rai tra tg e talk ha parlato di referendum per uno 0,62% del tempo, mentre Mediaset per lo 0,45%. Quasi niente. Dai dati dell’Osservatorio di Pavia sulla Rai si evince inoltre che a trattare dei quesiti sono stati, molto poco, solo i tg mentre quasi nulla, fino al 15 maggio, è la copertura dei programmi, con la sola eccezione di qualche raro passaggio a Porta a Porta, Il cavallo e la torre, Agorà e Tg3 Linea Notte.
I referendum abrogativi sono un’iniziativa popolare e quindi nelle tribune politiche andrebbero spiegati solo i motivi per abrogare o meno una legge mentre dovrebbero parteciparvi solo i favorevoli e i contrari.
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Ho studiato economia all’università e la prima cosa che mi hanno insegnato è che, per definizione neoliberista, il lavoratore è “un costo”.
Un’azienda capitalista cerca di ridurre sempre i costi, cominciando da quelli dei lavoratori
.Fare questa cosa oscena è chiamato “razionalizzazione”.
Se l’azienda è quotata in Borsa, la Borsa la premia aumentando il valore delle azioni.
Draghi “razionalizzò” l’Italia riducendo il valore reale del costo del lavoro. Lo fece perché ci voleva bene, così i lavoratori italiani sarebbero stati i peggio pagati d’Europa e questo avrebbe attratto gli imprenditori. Il piano fallì ma Renzi e la Meloni lo proseguirono lo stesso. E Draghi andò a dispensare i suoi consigli fallimentari all’Europra. L’ultimo è che per far risalire l’economia dobbiamo spendere in armi. Ovviamente i soldi ce li daranno i popoli, così i più poveri diventeranno ancora più poveri.
Incredibile come quanto più un idiota è idiota ci sia gente che gli va dietro. E lo incensa pure come un dio.
Il che prova che non è l’ossigeno l’elemento chimico più diffuso sulla terra ma il vuoto mentale prodotto dalle sinapsi che non si connettono.
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I cinque quesiti referendari in sintesi sono questi:
Licenziamenti illegittimi e contratto a tutele crescenti
Si propone l’abrogazione del Decreto Legislativo 4 marzo 2015, n. 23, che disciplina il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, introdotto dal Jobs Act.
Riguarda le aziende con oltre 15 dipendenti e in particolare gli assunti a partire dal 2015
Si chiede in pratica di ripristinare la possibilità di reintegrare nel posto di lavoro il dipendente in caso di licenziamento giudicato illegittimo dai giudici, come previsto in precedenza dall’art 18 dello Statuto dei lavoratori. Questa modifica è stata raccomandata dalla Corte costituzionale e da molte sentenze della Corte di Cassazione
Indennità in caso di licenziamento nelle piccole imprese
In caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto, cioè priva di giustificato motivo o di giusta causa. CGIL ricorda che i dipendenti delle piccole imprese (fino a 15 dipendenti) sono circa 3 milioni e 700mila . Votando sì, si cancella il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato e si affida al giudice l’incarico di determinare il giusto risarcimento (la reintegra nel posto di lavoro non è prevista per le piccole imprese). Anche in questo caso la corte di cassazione spesso si è espressa per una maggiore tutela dei lavoratori.
Contratti a termine
Si propone l’abrogazione di alcune disposizioni del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, che regolano la possibilità di instaurare contratti a tempo determinato con proroghe e rinnovi , Nello specifico si vorrebbe reintrodurre l’obbligo di una “causale”, cioè di indicare il motivo per cui si ricorre a tale forma di contratto anche per i contratti fino a 12 mesi. Oggi infatti l’obbligo scatta dai 12 mesi in su.
Responsabilità solidale negli appalti
Il quesito chiede l’abrogazione della norma che esclude la responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per gli infortuni sul lavoro derivanti da rischi specifici dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Con la vittoria dei sì, sia chi affida i lavori che a chi li esegue o li fa eseguire per suo conto deve rispondere in caso di infortunio.
Cittadinanza italiana per stranieri
Si propone di dimezzare da 10 a 5 anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto agli stranieri extracomunitari maggiorenni per poter richiedere la cittadinanza italiana.
Il dibattito è aperto.
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QUANDO UN LAVORO NON CE L’HAI- Viviana Vivarelli.
Quando mio marito entrò in IBM (c’erano ancora le schede perforate), fece sei mesi di apprendistato in una villa a Rivoltella su Garda. Quando arrivava il gruppo nuovo delle ‘matricole’, il gruppo precedente degli ‘anziani’ che smollava faceva degli scherzi al nuovi iniziati, fingendo di essere della direzione IBM.
La prima cosa che ordinarono (era un grigia e fredda giornata di pioggia) fu di fare per sei volte di corsa il giro del parco, e i poveretti, tutti vestiti eleganti in abito scuro e con la cartella di ordinanza in una mano e la valigia nell’altra, ubbidirono e si infangarono l’abito buono in maniera indescrivibile, così che quando si presentarono ai veri direttori del centro sembravano dei marocchini appena scesi dal barcone.
Come seconda cosa fu presentato loro un questionario dove si chiedeva per es. “Tra quali dannati dell’Inferno Dante ha messo Cacciavillani” (Cacciavillani era allora il capo supremo dell’IBM). Immaginatevi i tentativi di risposta…
Tra gli altri, fu posto loro questo quesito:
“Se una macchina si rompe, si accomoda; se un uomo si rompe, si butta. Questa è una asserzione IBM, la trovi giusta?”
Gli sciagurati risposero: “Sì”.
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Al vaglio degli inquirenti il contratto di lavoro e le mansioni della ragazza nel suo 👉primo giorno di lavoro👈
Ragazza caduta dal catamarano e morta a Venezia: si indaga sull’incidente
https://tg24.sky.it/cronaca/2025/05/19/anna-chiti-ragazza-morta-venezia-indagini-news
Io a votare per i 5 referendum ci vado
Ci sono tanti becchini che vogliono sotterrare i 5 referendum (4 sul lavoro e 1 sulla cittadinanza) perché non hanno il minimo rispetto per la vita umana. Si interessano di categorie ristrette, e proteggono quelle: elite e minoranze. Di tutto il resto tendono a fare carne di porco ma elencando numeri e statistiche con grazia e commozione.
SÌ ai referendum! Contro i becchini del voto SÌ ai referendum!
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Dunque, ricapitolando: Renzi voterà NO, Fratelli d’Italia fa campagna per l’astensione… serve altro per recarsi alle urne e votare SI?
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