L’esecutivo piace solo al 35% degli italiani: mai così pochi dalla sua nascita nel 2022. Tra i partiti, FdI e 5s crescono, giù Pd, Lega e FI

(di Ilvo Diamanti – repubblica.it) – Ci avviamo a una stagione elettorale intensa, che prevede il voto in numerosi Comuni, in alcune Regioni e, infine, dovunque, in occasione dei referendum sui temi del lavoro e della cittadinanza agli stranieri. Un periodo che contribuirà a verificare i rapporti fra i partiti sul piano elettorale e delle alleanze. In una fase in cui le relazioni “fra” gli schieramenti e “dentro” agli stessi schieramenti appaiono instabili e problematici. Se osserviamo gli orientamenti rilevati nei giorni scorsi da Demos per Repubblica questa indicazione appare evidente. A partire dalle stime di voto, che propongono un profilo “stabile” – e quindi “instabile” – rispetto alle elezioni degli ultimi anni. I Fratelli d’Italia confermano il primato. Anzi, rispetto alle Europee del 2024, lo consolidano. Seppure di poco. Superano, infatti, il 29%. Mentre il Pd scende, fermandosi al 22%. Dietro, il M5s risale di 2 punti e mezzo rispetto alle Europee, ma resta lontano dai risultati ottenuti alle Politiche nel 2022. E a maggior ragione nel decennio precedente. Le altre forze politiche sono tutte sotto il 10%. Lega e Forza Italia prossime al 9%. Quindi, Alleanza Verdi-Sinistra, 5,8%. Più indietro, il Terzo Polo: Azione, Italia Viva, +Europa e gli altri. Si riproduce, dunque, un sistema frammentato. Nel quale il “potere negoziale” di tutti i partiti si consolida a differenza delle coalizioni sempre in discussione. Anche per questo motivo la fiducia nel governo guidato da Giorgia Meloni tocca l’indice più basso: 35%, 20 punti in meno rispetto all’autunno del 2022 quando si è “insediato”.

Tra i motivi del declino che coinvolge il governo e (tutte) le forze politiche, il più significativo è la crescente importanza assunta dalla “personalizzazione”. Per citare Mauro Calise, il “partito del capo” delinea una “democrazia del leader”. Meglio: “dei” leader. Perché ormai i partiti hanno l’immagine del leader. Come lo stesso governo. E le istituzioni. Visto che, come ha mostrato il recente rapporto Gli italiani e lo Stato, curato da LaPolis-Università di Urbino (con Demos e Avviso Pubblico), la figura che rappresenta maggiormente gli italiani è il presidente Sergio Mattarella. Ma gli stessi leader di partito presentano un livello di gradimento generalmente superiore ai partiti che guidano. Davanti a tutti-e si conferma, infatti, la premier Giorgia Meloni (35%). Seguita, però da Giuseppe Conte (29%), oggi leader del M5s, in precedenza a sua volta capo del governo. E da Antonio Tajani (28%), attuale vicepresidente del Consiglio e segretario nazionale di Forza Italia. Più in basso, ma non di molto, incontriamo Elly Schlein, segretaria del Pd. L’unica a proporre un grado di consenso coerente rispetto al partito. E quindi limitato. A causa delle divisioni interne, che condizionano il Pd. (In)seguono Matteo Salvini, Emma Bonino, Carlo Calenda, Nicola Fratoianni. E gli altri.
È interessante osservare, però, come anche la figura dei leader stia perdendo consenso, rispetto al passato. Talora in misura rilevante.
E questo aspetto contribuisce a spiegare il motivo che rafforza la posizione del governo e della sua presidente. Perché la divisione dei partiti condiziona soprattutto l’opposizione. Anche per questa ragione, la maggioranza del campione (61%) prevede che questo governo proseguirà il suo percorso fino alla fine della legislatura, nel 2027.

Nel frattempo, però, si voterà. Non solo per rinnovare amministrazioni locali, ma per delineare e confermare nuove leggi. Attraverso i referendum che si svolgeranno il mese prossimo su questioni importanti, che riguardano la cittadinanza e il lavoro.
Come abbiamo osservato la settimana scorsa, il problema è che non hanno sollecitato, fin qui, l’attenzione dei cittadini. E alcuni analisti autorevoli escludono che verrà raggiunto il quorum. Di conseguenza, non produrranno effetti, come si è augurato il presidente del Senato Ignazio La Russa. Questo atteggiamento “distaccato” emerge anche dal sondaggio di Demos, nonostante metà degli italiani si ritenga informato. Ciò significa, però, che l’altra metà non si sente coinvolta da questo voto e riproduce un sentimento nel quale, per citare un testo di Paolo Natale, Luciano M. Fasano e Roberto Biorcio, in uscita per la Luiss University Press, si combinano “Mobilitazione, protesta e apatia”. Il rischio, però, è che, se prevale l’apatia, i referendum allentino il legame con la democrazia.
DECLINO DEMOGRAFICO- DECLINO DEL PAESE . Viviana Vivarelli
In un’Europa sempre più vecchia e con sempre meno speranze nel futuro, ecco il crollo della natalità.
Come si vede, l’Italia è la peggiore di tutte le Nazioni europee. Tutte vanno male, anche la Germania a causa della folle e sciagurata condotta della von der Leyen e dei suoi collaboratori malefici, in primo luogo il consigliere occulto Draghi, che hanno spinto all’odio contro la Russia, alla pratica suicida delle sanzioni, alla depressione economica europea e infine a un riarmo costosissimo e perverso che costerà la cancellazione dello stato sociale e il degradarsi di ogni democrazia.
In questa situazione volutamente fallimentare l’Italia della Meloni riesce a fare pure peggio. Ed è dunque fisiologico che, dopo 26 mesi di calo dell’economia, senza alcun progetto di ripresa, col fallimento di migliaia di imprese e la caduta a picco della sanità e dello stato sociale e aumenti progressivi delle spese a fronte di salari e stipendi inferiori a 20 anni fa, con tasse sproporzionate e non eque che colpiscono la classe media e povera privilegiando oligarchi e multinazionali, non ci si poteva aspettare una crescita dei figli. I figli sono la speranza del futuro, ma se quel futuro lo cancelli e rendi sempre più arduo anche il sostentamento di una famiglia, i figli non sono preventivati.
Non uno dei problemi italiani è stato non dico risolto ma nemmeno affrontato da questo Governo, la cui inutilità è davanti a tutti assieme ai suoi danni micidiali al Paese.
Il Parlamento è un’aula sorda e vuota che rimane inascoltata e bivacca senza muover foglia, un esercito ormai di parvenue e parassiti senza più raccordo popolare che si automantiene a vita senza alcun merito o sforzo, coltivando solo i propri interessi e privilegi, mentre tutto va allo sfascio.
Le istituzioni sono sempre più svalutate a favore dell’accentramento dei poteri in un capo di governo troppo spesso inefficace e inetto che governa per decreto e pensa solo a restaurare il passato peggiore, demolire i presidi democratici, calpestare la Costituzione, violentare il sistema penale e distribuire prebende e poteri a clienti e affini, sprecandoli in inezie o in buchi neri come il lager albanese o il fantasmatico ponte di Messina o peggio ancora riversando in armi anche i 194 miliardi del PNRR, con la scuola abbandonata, la sanità a pezzi, i trasporti che non funzionano, l’assenza totale di cura del territorio, l’insignificanza a livello internazionale, il pesante silenzio su Gaza… non ci si poteva aspettare certo una ripresa della famiglia, mentre la Chiesa ritorna alle sue premesse più conservatrici e arcaiche nel rinvigorimento verbale di una famiglia che non c’è.
Il popolo italiano non fa figli perché non sa come mantenerli.
E non lo favorirà certo eliminare 28.000 posti agli asili, penalizzare le donne, chiudere i consultori, peggiorare la sanità e le scuole, aumentare il carovita…
Tutto quello che vediamo ogni giorno nei fatti, anche se i media embedded non lo dicono, è che, continuando così, l’Italia è destinata a morire per mancanza di futuro. Siamo un Paese in decadenza che ha perso i propri ideali e ha perso ogni speranza.
Purtroppo, a fronte di queste progressiva catastrofe, l’opposizione non si compatta, non ha uno scatto di orgoglio, non ha più nemmeno un pallido ricordo dei valori su cui dovrebbe fondarsi e sulle classi che dovrebbe difendere, ma anzi si mostra sempre più sbriciolata e contraddittoria, manca di una figura forte capace di riunirla e di renderla efficace, si disperde in cento rivoli di correnti litigiose e insane, ostili l’una all’altra, mentre i sindacati abiurano al loro impegno a favore del lavoro e regnano in un’autarchia basata sulla propria inutile e costosa sopravvivenza.
Il prossimo referendum, che tenta di restaurare alcuni diritti del lavoro perduti, proprio a causa dell’opposizione non avrà successo per mancanza di quorum.
L’Italia non sarà più una Repubblica fondata sul lavoro, ma rovinata da quelli che sul lavoro ci sputano a favore del capitale, da qualunque parte essi siano. Vincerà Mammona.
Regna ancora l’ordine di Draghi per cui si vuole essere competitivi riducendo salari e diritti dei lavoratori e portando il Paese alla fame. Draghi quell’ordine lo ha sconfessato a posteriori ma nel Governo Meloni il suo verbo a favore del grande capitale regna incontrastato con una opposizione che lo ha fatto suo indebitamente, contribuendo al declino generale del lavoro e dei suoi diritti costituzionali. L’articolo primo che mette al primo posto nella Repubblica il valore sacro del lavoro può essere cancellato.
In questa situazione tragica chi è senza peccato scagli la prima pietra. È dunque fisiologico che in tanto squallore domini tra la gente l’inerzia, il pessimismo, l’astenia, la sfiducia nel futuro, la paura.
In realtà il Paese si salverà solo grazie a movimenti nuovi che riprendano quanto di buono del passato è stato accantonato incautamente e che raccolga i propulsori di un’etica forte che reinventi una nuova resistenza dal basso con capi vigorosi e la partecipazione dei più alla ricostituzione del Paese.
L’unica fase positiva della recente storia italiana è stata quella dei due governi Conte che hanno fatto leggi non a favore di una minoranza di capitalisti o di corrotti ma dei cittadini. Ma l’entusiasmo che li aveva accompagnati si è smorzato a causa del rinnegamento della struttura democratica iniziale e tutto è rientrato nella soggezione al Governo Draghi, il peggior governo guerrafondaio e capitalista che ci sia stato.
Comunque non tutto è perduto,. Dopo la tempesta può venire l’arcobaleno.
Altri ce l’hanno fatta. Ce la faremo anche noi. Ognuno di noi è un sassolino ma il sassolino può diventare una valanga. Purché in ognuno di noi rinasca la volontà di esserci e di contare! Purché ognuno di noi non si lasci andare al pessimismo e alla sfiducia e ricominci a lottare!
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“..che riguardano la cittadinanza e il lavoro.”
I quesiti sul lavoro sono 4
e solo uno (1) sulla cittadinanza
Se si comprende il neanche tanto sottile motivo della inversione nella precedenza, risulta chiaro anche a cosa serve questo ennesimo articolo di Diamanti-Rep, becchini dei referendum.
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Contro l’ apatia verso i referendum evocata dal signor Diamanti propongo questa entusiasmante lezione del prof Francesco Dipalo sul tema.
E credo meriti la condivisione
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Per chi si avvicina incautamente a certe fonti essendo privo di elementari, semplici strumenti di analisi, il destino è uno soltanto: gli verrà fottuta la testa.
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