Far pace con loro non è Realpolitik: vogliono annientarci perché ci considerano empi. Stringiamo la mano a chi ha ucciso Marines e tagliato gole di donne e bambini

Trump gioca la carta siriana: ma quei jihadisti finto-pentiti sono nostri nemici peggio di Putin

(Domenico Quirico – lastampa.it) – Gli islamisti, gli uomini del Jihad omicida, non sono furibondi perché l’aereo ha sostituito il cammello, come credono ingenui esegeti che, per loro fortuna, non ne hanno mai incontrato uno in corpore vili. Sono inferociti semmai dal fatto di non essere autorizzati a salire sull’aereo. Allora ecco una notizia da questi anni già maledetti. Uno di loro, Al-Jolani (emiro? presidente ad interim? raiss? della Siria) è salito sull’aereo. E in prima classe. Già: l’uomo che ha iniziato la carriera di assassino in nome di dio maciullando i Marines di Bush in Iraq, uno dei macellai della Siria dei cinquecentomila morti, il notabile dei consigli di amministrazione criminali di Al-Qaida e dell’Isis, ha stretto la mano al presidente americano Trump. Giochiamo a carte scoperte: chi è il nuovo amico? Chi era il nemico? Chi siamo noi? Se no appena pronunciamo parole come terrorismo violenza sicurezza libertà tutto finisce a far muffa nella penombra delle cose non dette.

Nei ritagli di una presunta missione di pace abbiamo assistito a una riunione amicale leggermente oscena tra il leader del mondo libero e l’orrifico assassino in nome di Allah. Presiedeva, a suon di miliardi, il principe ereditario dell’Arabia Saudita che celebra il ritorno della Siria nella teologia estremista e indigena del wahabismo, sottratta alla peste eretica del regime sciita. Il ricordo cocente dovrebbe bruciar le labbra americane: l’11 settembre il nuovo amico dell’america ringraziò dio per avere spazzato via così scenograficamente una cospicua manciata di miscredenti made in Usa! E invece: riconciliamoci, tutto è bene quel che finisce bene. Via le sanzioni dunque al ricercato con taglia di 10 milioni di dollari (su Bin Laden, l’ispiratore il riverito maestro, ne pendeva una da 25). Che cosa è rimasto dell’orrore delle Torri Gemelle decapitate da Al-Qaida, la setta che ha allevato Al-Jolani? Che cosa resta nel pragmatismo del Nuovo Vicino Oriente alla Trump delle deflagrazioni del Bataclan, delle esecuzioni in diretta video di Rakka e di Mosul, dei massacri ai quattro punti cardinali? Finite le evocazioni offensive: fascisti islamici killer di dio banditi terroristi… Si seppellisce l’ascia di guerra. I devoti del diritto internazionale non hanno nulla da dire a Damasco? Gli apostoli della Santa Carta, implacabili a Kiev, possono sospirare senza arrossire di vergogna, limitandosi a sorridere con aria furba, che nulla è perfetto in questo basso mondo della Mesopotamia, che bisogna attendere che il criminale che sventolava le bandiere nere si corregga? Intanto il terrorista, carcerato ad Abu Grahib in modo evidentemente disattento, entra nella casa di vetro e si trasforma in bianca colomba. Attenzione. Pendio pericoloso. Forse è già troppo tardi.

Un tempo ormai lontano si traevano dai fatti della storia umili lezioni. La vicenda del primo jihadista che debutta nel salotto buono dell’Occidente ribadisce semplicemente una verità straziante a cui tentavamo di non rassegnarci: chi vince ha sempre ragione. Il successo, la conquista del Palazzo cancella tutte le colpe anche le più orrende e teoricamente imperdonabili commesse per scalarlo. La vittoria ripulisce , monda, abbellisce: soprattutto quando chi dovrebbe non dimenticare è pronto a tutto per non avere guai, non correre rischi nella gestione dei propri interessi. In fondo: è l’ennesima “dittatura utile” in un elenco che sembra senza fine.

Il vertice tra Trump e Al-Jolani (lo zio Sam però è stato battuto sul tempo da Macron) non è dettaglio in una missione nel Vicino Oriente: è il fotogramma di una vergogna, di una pavidità che si fa esplicita, è il riassunto del pozzo in cui siamo scesi con la nostra balbuziente arroganza e le nostre esplicite ipocrisie. È la coniugazione di ciò che ci rende complici di coloro che accusiamo di essere inumani. I massacri dei jihadisti, le gole squarciate, le esecuzioni di massa, i kamikaze pagati con tanto di assicurazione paradiso, la barba rieducata di Al-Jolani: guardiamo tutto tra la pubblicità di un detersivo e l’altra, osserviamo il sorriso umile e soddisfatto del califfo incravattato prima di spegnere la luce sul comodino e addormentarci. Lo ascoltiamo ripetere le litanie che sa vogliamo sentire per assopirci senza rimorsi: che vuole una Siria democratica (tra cinque anni forse) quando tutto sarà più calmo, che ci sarà posto per tutti meno le centinaia di “cani” alawiti e di drusi che ha già provveduto a depennare dal paradiso (… mattane di teste calde, in fondo usciamo da una lunga guerra…).

Che razza di epoca è mai questa in cui stringiamo la mano a chi poco tempo prima era uno dei comandanti delle truppe d’assalto del fanatismo, un apostolo efficiente e astuto di una antica sete di sangue che si è scatenata armandosi della tecnologia più moderna? Che c’è di nuovo sotto il sole del XXI secolo? Ecco: che trattiamo con i commandos del fanatismo, l’America (di Biden e di «trump) tratta riguardosamente con chi maledice come blasfemia ed eresia i fondamenti del nostro pensiero. Elenco: i talebani dei burka e delle esecuzioni pubbliche a cui ha riconsegnato l’Afghanistan perché lo riportassero al Paese-gabbia del 2001; Hamas, gli uomini del 7 ottobre, i discepoli di Sinwar a cui riconosce il ruolo di interlocutore; ora Al-Jolani il terrorista che si definisce “pentito” perché è passato dal sarto e a parole avrebbe rinunciato alla sua hybris specifica.

Non è un problema di Realpolitik. I jihadisti non possono evolvere, pentirsi, convertirsi. Se non per utile finzione. La Sharia è un diritto immutabile, non assoggettabile ad alcun adattamento storico, pena l’anatema. Al-Jolani ha fatto quello che Al-Baghdadi non poteva accettare perché voleva avere solo empi da eliminare. Ed è stato ucciso. Il suo socio, più furbo, trionfa. La sfida più pericolosa al nostro mondo non viene da putin e dalle sue smanie di grandezza. Putin, purtroppo, è una parte del nostro mondo e non vede l’ora di ritornarci ma con riverenze che soddisfino il suo sgangherato narcisismo. Gli uomini come Al-Jolani il nostro mondo lo vogliono annientare perché lo considerano empio.