(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Che i cardinali abbiano scelto un Papa in funzione anti Trump è la tipica esagerazione che può venire in mente solo ai tifosi e agli odiatori di Trump, accomunati dall’ossessione per l’ingrugnito della Casa Bianca. Robert Prevost è giovane e in buona salute, potrebbe restare alla guida della Chiesa per una ventina d’anni. Mentre Trump, a meno che gli lascino fare un golpe, già tra tre e mezzo tornerà a giocare a golf. E il bello è che i teorici della cospirazione anti Trump, cioè dell’iscrizione dello Spirito Santo al partito di Kamala Harris, sono gli stessi che fino all’altro ieri sostenevano che un Papa statunitense sarebbe stato impossibile, proprio perché di statunitensi ingombranti ce n’era già uno.

Più che un problema politico, se ne profila uno narcisistico. Il trumpismo e l’anti-trumpismo traggono linfa dalla convinzione che Trump sia l’americano più famoso e influente del mondo. Una convinzione entusiasticamente condivisa dallo stesso Trump, che non perde occasione per raccontarsi come l’Unto del Signore, tanto che ultimamente si è pure confezionato un «meme» dove appare vestito da Papa. Forse se l’è tirata, perché un Papa americano poi è arrivato davvero. Solo che non è lui. E adesso Trump scivola inevitabilmente in seconda posizione. Quando i due si faranno un selfie insieme, ci sarà qualcuno, magari un bambino, che griderà: «Chi è il signore col ciuffo arancione vicino al Papa americano?». E quello sarà il giorno più brutto della vita di Trump.