
(di Massimo Gramellini – corriere.it) – In altre Parolin, non è Francesco.
Anche se la Chiesa ragiona per secoli, un Papa viene giudicato nei primi minuti. E i primi minuti di Leone l’Americano ci dicono che si è presentato al mondo in forme assai diverse dal suo predecessore. Niente abito dimesso (è tornata la mozzetta rossa), niente «Buonasera» da amicone, né parole improvvisate a braccio, ma solo scritte su un foglio che impugnava con entrambe le mani. E, a parte il saluto in spagnolo alla vecchia diocesi peruviana, neanche un accenno a sé stesso.
Luciani, Woytila, persino Ratzinger «umile lavoratore nella vigna del Signore» avevano fatto un riferimento alla loro persona. Prevost, no: è stato, il suo, il discorso meno narcisista della Storia. Si è limitato a tirare su col naso di continuo, come fanno i timidi alle prese con un’emozione insormontabile, e a sfoderare un sorriso mite (mild, dicono gli americani) che ricordava quello di un nostro grande attore, Toni Servillo.
No, non è Francesco, ma solo nella forma, decisamente meno pop. Potrebbe però esserlo nella sostanza. In pochi minuti ha pronunciato nove volte la parola «pace» e l’ha abbinata a un gioco di aggettivi, «disarmata e disarmante», che tradisce la raffinatezza del matematico e filosofo proveniente dalle schiere di Sant’Agostino.
Nell’epoca dei gesti plastici e dei toni arroganti a favore di social, Leone l’Americano sembra andare da tutt’altra parte. Chissà che la sua mitezza non faccia proseliti, al di qua e al di là del vasto oceano.
Non lo so come sarà questo Papa. Certo non è uno che parlerà chiaro contro i potenti , è un cerchiobottista! Il conclave ha comunque tradito Bergoglio, perché ha vinto il compromesso e questo non era il momento di compromessi!
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