La faida tra India e Pakistan si specchia nell’incubo dell’atomica

(Domenico Quirico – lastampa.it) – Siamo finiti davvero nella tagliola di una età che definirei della Regressione. I consueti e collaudati tentativi di arrangiamento e occultamento, cinicamente dilazionanti, non funzionano più. Il predicatorio qualunquismo illuminato e illuminante di cui siamo maestri sembra disattivato. Eccone un terribile esempio: si è dissolta la fata morgana della deterrenza, che ci ha evitato gli incubi della Apocalisse durante la Guerra Fredda. La mostruosa potenza degli arsenali nucleari dovrebbe dissuadere i possessori dall’avviare tra loro anche guerre convenzionali, si argomentava stropicciandosi le mani. Qualche scombinato filantropo proponeva la strana ipotesi: date l’atomica a tutti e sarà la pace perpetua!

Ebbene: in Kashmir da alcuni giorni tra due potenze atomiche, India e Pakistan, si susseguono fatti densi, gremiti di disgrazie: raid aerei, cannonate, missili e droni, già si contano i morti civili e volano parole grondanti odio per le reciproche efferatezze: i nostri martiri saranno vendicati… rappresaglia per ogni goccia di sangue versato… si minaccia la catastrofe ‘’ad horas’’. Attenzione: tutto, Ucraina compresa dove le bombe, custodite come pezzi di oreficeria, potrebbero essere migliaia, si mescola in un torbido brodo. I giochi sono fatti, rien ne va plus…

Da più di settanta anni India e Pakistan sono avviluppati nella faida per uno dei più bei posti del mondo. Gli ingenui imperatori Moghul vi posizionavano addirittura il paradiso. Per noi che veniamo da spazi angusti, l’incanto di fronte ai grandi spazi di questo luogo è venato di inquietudine; le montagne, il cielo ampio e profondo con tramonti che non si possono abbracciare con la sguardo ma solo contemplare frammento dopo frammento .

È colpa, come sempre, della criminale ottusità e avidità dei politici accampati sulle loro spocchiose ‘’questioni di principio’’ se questo paradiso è stato diviso, spogliato e reso feroce. Morte e terrorismo tormentano le valli e le montagne. E pensare che gli invasori un tempo ne irridevano gli abitanti perché non avevano lo spirito guerriero di altre stirpi indiane.

La colpa maggiore forse non è del marajah indù che nel 1947, al momento della insanguinata spartizione dell’India britannica, scelse l’India vanificando le risoluzioni dell’Onu che fissavano il diritto della popolazione a maggioranza musulmana di scegliere con un referendum anche l’autonomia. Dopo sono venute ben altre nuvolaglie ideologiche e fanatiche.

Tutti i governi indiani sono sempre rimasti arroccati alla solita frase clamorosa: il Kashmir è nostro e non si tocca. La maggior parte dei kashmiri in realtà considera gli indiani una forza di occupazione, sono nati movimenti via via più radicali, la repressione che prevede lunghe detenzioni per chi fa dichiarazioni pubbliche indipendentiste, ha partorito gruppi terroristici come il ‘’JeM’’ responsabile del massacro del 22 aprile a Pahalgan che ha fatto da miccia.

Il Pakistan, per parte sua, è un Paese dove l’esercito e i pestilenziali Servizi, quelli che hanno modellato i talebani, specializzati in densi intrighi, sono da sempre onnipotenti; e le ‘’madrase’’, le scuole coraniche allevano le correnti più radicali e totalitarie dell’Islam.

I generali hanno utilizzato l’irredentismo per il Kashmir per rassodare il potere e le spese militari. I mullah più oltranzisti scandiscono le poco lodevoli bestemmie della guerra santa, violentando un Islam moderato, di stampo sufi, guidato dai ‘’mir’’, guide spirituali venerate come santi. Sono l’esercito e i Servizi che hanno addestrato e incoraggiato i gruppi integralisti.

Trasferiamoci in India. Qui hanno lavorato a specchio i fanatici indù di cui è espressione il partito del premier Modi, nazionalista nativo e incoercibile. Come tutti gli estremismi delle sussiegose giovani potenze è maniacalmente coatto a conglobare ogni lacerto di odio. Non a caso fu un altro attentato, nel 2019, che costò la vita a molti soldati indiani che, cavalcando la promessa di vendetta, gli fece vincere elezioni.

Eppure dal 1971 durava una quarantena senza scontri. Oggi tutti gli accordi che allora vennero firmati, con la mediazione della Cina che ha nel Pakistan un caravanserraglio della sua un po’ sgangherata via della seta, ovvero il cessate il fuoco su una Linea di Contatto di 900 chilometri e l’intesa sull’utilizzo in comune delle acque dell’Indo, sono in frantumi. Penultimo atto: prima di un finale catastrofico?