(di Michele Serra – repubblica.it) – Si sa che i francesi sono molto francesi, e dunque può anche darsi che il vertice europeo alla Sorbona per promuovere l’accoglienza dei ricercatori americani in fuga da Trump fosse un poco franco-centrico; tanto da spingere la ministra italiana dell’Università e della ricerca, Bernini, a disertare l’appuntamento, molto offesa.

Sta di fatto che il tema — la libertà di ricerca; l’autonomia delle università; e la libera circolazione dei dati nella comunità scientifica, che è transnazionale per definizione — è talmente rilevante che non esserci espone al sospetto di anteporre un problema minore (il bon ton tra i Paesi membri della Ue) al problema maggiore, che è organizzare una risposta europea, unitaria e forte, alla stretta censoria e nazionalista di Trump.

Il governo italiano è ampiamente sospettabile, tra Trump e l’Europa, di non avere scelto da che parte stare, nemmeno in quei casi nei quali è l’evidenza dei fatti a suggerire la parte giusta: nel momento in cui Trump sanziona Harvard e ogni altra realtà culturale non sottomessa, come fai a non schierarti? L’illusione meloniana di una possibile mediazione conta sulla sopravvivenza del vecchio concetto di “occidente”: ma cosa c’è di occidentale, nella guerra di Trump contro Harvard e Columbia, nel suo bullismo plutocratico, nella sua violenza ideologica?

Se si ritiene insopportabile quel po’ di eterno sciovinismo francese, tanto da rifiutarsi di andare alla Sorbona nel nome dell’Europa, perché non dichiarare con franchezza che dell’Europa, il governo italiano, ha stabilito che si può fare a meno, e come sede prestigiosa dei summit di ogni ordine e grado basta e avanza Mar-a-lago?