Nel documento c’è scritto che “uno spostamento forzato dei gazawi in Egitto produrrebbe per Israele risultati strategici positivi e a lungo termine”.

(Alessandro Di Battista) – Il 13 ottobre 2023, 5 giorni dopo l’inizio del genocidio del popolo palestinese mascherato da lotta al terrorismo, il Ministero per l’Intelligence israeliano ha realizzato un documento all’interno del quale viene delineata la strategia sionista su Gaza.
WikiLeaks, l’organizzazione giornalistica fondata da Julian Assange, l’ha immediatamente pubblicato su Twitter. Nel documento c’è scritto che “uno spostamento forzato dei gazawi in Egitto produrrebbe per Israele risultati strategici positivi e a lungo termine”.
Il disegno si sarebbe dovuto realizzare in 3 fasi:
- Spostamento degli abitanti di Gaza verso il sud della Striscia;
- Creazione di una tendopoli nel Sinai egiziano con l’apertura di un corridoio umanitario;
- Costruzione di nuove città nel bel mezzo del deserto. Città dove dovrebbero andare ad abitare i gazawi per sempre, senza alcuna possibilità di ritorno.
È evidente che un piano del genere era stato preparato ben prima del 7 ottobre. Solo che i nazional-sionisti, i peggiori terroristi del pianeta, attendevano il momento propizio per realizzarlo. Le autorità criminali di Israele da anni pensano alla deportazione di tutti i palestinesi al di fuori della Palestina. Da anni pensano alla creazione della Grande Israele. La pulizia etnica, la deportazione dei sopravvissuti, il genocidio per rendere l’organizzazione più facile: è la “soluzione finale della questione palestinese” ideata e pensata dai nazional-sionisti.
Sapete cosa è stata la “soluzione finale della questione ebraica”? È stato il piano ideato dai nazisti per sbarazzarsi degli ebrei. Prima hanno organizzato le deportazioni (pensate, le chiamavano evacuazioni), poi sono passati agli stermini. I sionisti hanno fatto il contrario. Prima hanno sterminato decine di migliaia di bambini distruggendo tutta la Striscia di Gaza per rendere invivibile il luogo, ora pensano a deportare chi muore letteralmente di fame e di sete.
Questa è la realtà. E, ripeto, è da anni sotto gli occhi di tutti coloro che non si sono voltati dall’altra parte.
Il 12 novembre 2023 Avi Dichter, ministro dell’Agricoltura dello Stato terrorista di Israele, è stato piuttosto chiaro: «We’re Rolling Out Nakba 2023». Ha detto proprio questo: “Stiamo lanciando la Nakba del 2023”.
La Nakba – in arabo “catastrofe” – è l’esodo forzato dei palestinesi avvenuto nel 1947-48 in virtù degli attacchi terroristici effettuati dalle bande criminali sioniste al termine del mandato britannico della Palestina.
Da allora non è cambiato quasi nulla. Certo, qualcosa è cambiato. Allora i terroristi israeliani non avevano a disposizione tecnologie così sofisticate. Non potevano uccidere neonati palestinesi teleguidando droni. Gli dovevano sparare in testa, cosa che fecero ripetutamente. Allora non c’era la possibilità di vedere, in diretta, l’orrore di un genocidio in corso. Ho sempre pensato che la possibilità di vedere i crimini fosse fondamentale per ridurli. Mi sbagliavo. Non avevo tenuto adeguatamente in considerazione l’ignobile ipocrisia (che oggi è complicità) delle classi dirigenti europee.
Leggo di prese di posizione di alcuni politici europei. Si indignano a favore di telecamera. Sostengono che il piano di deportazione dei palestinesi approvato ieri dall’entità sionista sia un crimine.
Emmanuel Macron e il premier britannico Keir Starmer hanno espresso “profonda preoccupazione per la situazione a Gaza in seguito agli ultimi sviluppi” e hanno chiesto un rilancio del “processo di pace” israelo-palestinese verso la soluzione dei due Stati. Chiacchiere, soltanto chiacchiere.
Hanno imposto sanzioni? Hanno invocato embarghi? Nulla. Scrivono comunicati stampa. Questo fanno, questi vigliacchi.
“È inaccettabile“, ha detto Jean-Noël Barrot, ministro degli Esteri francese, sostenendo che il governo israeliano sta “violando il diritto umanitario”. Quindi? Che fanno? Nulla. Dicono che è inaccettabile, la stessa parola usata dal nostro ministro degli Esteri Tajani quando i soldati israeliani sparavano contro i nostri militari in Libano. Oltre a dire “è inaccettabile”, ha fatto altro? Nulla.
Vi lascio con alcune drammatiche parole scritte da Moni Ovadia, un mio amico, uno dei più cari che ho, una delle persone più coraggiose che abbia mai conosciuto:
“Negli anni del dopo Shoah, l’Occidente si è interrogato a lungo se si poteva fare qualcosa per fermare quell’orrore. Naturalmente si sarebbe potuto fare qualcosa, ma non si è fatto. Apprendiamo ieri che Netanyahu ha deciso un’azione con truppe di terra in Gaza e la deportazione dei gazawi. Dove? Siamo a un punto che se il governo israeliano decidesse di internare i Palestinesi in campi di concentramento, potrebbe farlo nell’inerzia dei governi degli altri Paesi, dopodiché potrebbe farne ciò che vuole, come del resto sta già facendo. Alla fine di tutto questo, perché prima o poi una fine arriva sempre, ci interrogheremmo sul come sia potuto accadere e se si sarebbe potuto fare qualcosa per fermare questo orrore. Naturalmente si sarebbe potuto fare qualcosa, ma non si è fatto”.
Io farò tutto quel che posso per denunciare l’olocausto del popolo palestinese. E vi chiedo di fare altrettanto.
Condivisibile quanto c’e’ scritto.
Qualche numero: Israele ha una superficie di circa 22000 Km 2, poco piu’ piccola della Sardegna , una popolazione di 10 MLN di abitanti; una densita’ di popolazione di 455, in Italia e’ di circa 200 abitanti per Km 2; un tasso di fertilita’ di 3,1 figli per donna.
Con questi numeri l’apocalisse cui stiamo assistendo e’ inevitabile; hanno un problema demografico diametralmente opposto a quello che ha l’Italia ed hanno pensato di risolverlo prendendosi tutto per se quei territori dove ora vivono (hanno vissuto?) i palestinesi al fine di creare nuovi insediamentim nuovi terreni da coltivare o dove far sorgere industrie.
La definizione indistinta’ fra stato di Israele e stato ebraico non e’ filosofia, e’ una manifestazione di volonta’ nel voler creare uno stato identitario dal punto di vista etnico e religioso.
L’ho sempre sostenuto: ogni guerra, se spogliata da tutta la retorica ideologica e religiosa, ha un motivo di base di carattere economico e questa non fa eccezione.
Il bottino non e’ Gaza in se; questa infatti non ha risorse naturali, terre rare o acqua; ha il valore economico di una terra sgomberata da una popolazione ritenuta ostile.con la quale Israele non dovra’ piu’ negoziare la sua liberta’ politica. ed economica.
Il costo e’ di decine di migliaia se non di milioni di vite e’ solo un effetto collaterale per Israele.
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beh era chiaro che il motivo fosse economico ,mica viviamo sul pianeta ” papalla” il problema è che sono sempre gli stessi a muovere le guerre, basta che stiano fuori di casa loro !!
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