
(Giancarlo Selmi) – Grazie a Dio, in ogni primavera continuano a riempire le nostre campagne. Molto di più di quanto gli ideali antifascisti riempiano le menti di certi italiani. Che, a quanto sembra, diventano sempre di più. D’altra parte, qualche tempo fa fummo costretti ad assistere a una dichiarazione, pure solenne, di un giornalista che da Floris, con un candore quasi fanciullesco, disse: “sono fascista, embé?”. Dopo 80 anni si dimenticano, calpestandone la memoria e oltraggiandole, quelle migliaia di persone che donarono la loro vita per respingere l’invasore e azzerare, erradicare profondamente, la rivoltante idea fascista.
Lo fecero con la convinzione che l’Italia potesse entrare nel futuro con idee di libertà, democrazia e rispetto dei diritti di chiunque. Un rispetto che prescindesse dalle convinzioni politiche, credo religioso, orientamento sessuale, abilità. Lo fecero sognando un paese agli antipodi di quello che la violenza e l’ignoranza fascista avevano governato per 20 lunghissimi anni.
Un paese devastato da mussolini e la sua banda di criminali. 80 anni dopo vediamo quella magnifica stagione di vero patriottismo, messa quasi in discussione, minimizzata da 10, 100, 1000 distinguo. Con un governo e un presidente di quel governo, che si vergognano di dichiararsi antifascisti. Quasi abiurando, in una gigantesca opera di revisionismo storico, i valori politici fondanti della nostra Italia.
Stiamo distruggendo la Costituzione che nacque da quel 25 aprile del 1945. Ne stiamo disattendendo quasi tutti i princìpi. Stiamo, in nome dell’accumulazione di capitali, negando il diritto alla salute, il diritto allo studio, il diritto a un salario e a condizioni di lavoro dignitosi. Capisaldi di quel magnifico documento. Abbiamo prima sdoganato i fascisti e poi, portando avanti il lavoro, stiamo progressivamente sdoganando il fascismo.
Chissà cosa staranno pensando i nostri martiri della Resistenza. Quelli che hanno permesso, a costo della loro vita, a meloni e banda (intesa come orchestra) di avere diritto di parola. Chiediamoci cosa sarebbe accaduto se avessero vinto loro. Io non avrei potuto scrivere questo post. Loro, invece, si stanno prendendo tutto e chissà per quanto tempo ancora, scrivere un post come questo continuerà a essere permesso.
Buon 25 aprile, data della liberazione.
Data di nascita del più grande tentativo di progresso fatto in Italia
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La guerra di Piero / Fabrizio De André:
“Dormi sepolto in un campo di grano Non è la rosa, non è il tulipano Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi Ma sono mille papaveri rossi.
Lungo le sponde del mio torrente Voglio che scendano i lucci argentati Non più i cadaveri dei soldati Portati in braccio dalla corrente.
Così dicevi ed era d’inverno E come gli altri verso l’inferno Te ne vai triste come chi deve Il vento ti sputa in faccia la neve.
Fermati Piero, fermati adesso Lascia che il vento ti passi un po’ addosso Dei morti in battaglia ti porti la voce Chi diede la vita ebbe in cambio una croce.
Ma tu non lo udisti e il tempo passava Con le stagioni a passo di giava Ed arrivasti a varcar la frontiera In un bel giorno di primavera.
E mentre marciavi con l’anima in spalle Vedesti un uomo in fondo alla valle Che aveva il tuo stesso identico umore Ma la divisa di un altro colore.
Sparagli Piero, sparagli ora E dopo un colpo sparagli ancora Fino a che tu non lo vedrai esangue Cadere in terra a coprire il suo sangue.
E se gli sparo in fronte o nel cuore Soltanto il tempo avrà per morire Ma il tempo a me resterà per vedere Vedere gli occhi di un uomo che muore.
E mentre gli usi questa premura Quello si volta, ti vede e ha paura Ed imbracciata l’artiglieria Non ti ricambia la cortesia.
Cadesti a terra senza un lamento E ti accorgesti in un solo momento Che il tempo non ti sarebbe bastato A chiedere perdono per ogni peccato.
Cadesti a terra senza un lamento E ti accorgesti in un solo momento Che la tua vita finiva quel giorno E non ci sarebbe stato un ritorno.
Ninetta mia, a crepare di maggio Ci vuole tanto, troppo coraggio Ninetta bella, dritto all’inferno Avrei preferito andarci in inverno.
E mentre il grano ti stava a sentire Dentro alle mani stringevi il fucile Dentro alla bocca stringevi parole Troppo gelate per sciogliersi al sole.
Dormi sepolto in un campo di grano Non è la rosa, non è il tulipano Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi Ma sono mille papaveri rossi. “
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STENDIGOVESCION !!!
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Celebriamo anche la caduta dei Borgia? L’attualità è più o meno la stessa.
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No, in quella non si liberava la Patria e non si prendeva il fascio a calci nel sedere. Chissá se piú o meno lo capisci.
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