
(di Marco Di Salvo – glistatigenerali.com) – Sin da subito, nel tardo pomeriggio di ieri, le reazioni all’incontro Trump-Meloni alla Casa Bianca mi sono sembrate un tantino sopra tono. Anche dall’opposizione (di stampa e parlamento) i complimenti si sono sprecati. In alcuni casi pelosi, visto che probabilmente servono a chi li ha fatti a sovrastimare i risultati ottenuti a parole per poi poter colpire più duramente in caso nessun risultato al programmato incontro di Roma. Certo, c’è una notevole differenza, dai tempi in cui, subito dopo la seconda guerra mondiale, andavamo a Washington a chiedere aiuti al potente neoalleato americano.
Nel 1947, Alcide De Gasperi volò negli USA su un aereo traballante, con la benzina finita alle Azzorre e un discorso in inglese ripetuto a mezz’aria, per chiedere letteralmente il pane a Truman. Settant’anni dopo, Giorgia Meloni atterra a Washington su un jet di Stato, pronta a negoziare dazi e gas con Trump, dove il suo trionfo è… non essere stata insultata in conferenza stampa. Ecco un parallelo surreale tra due epoche, dove l’eroismo si misura in assenze di figuracce e gli aiuti economici si trasformano in like diplomatici.
De Gasperi, atterrato in America, rimase sconvolto dal vassoio della colazione in hotel: yogurt, croissant e una frittatina per una sola persona. «Papà, hanno sbagliato, questo è per due!», gridò la figlia Maria Romana, abituata al pane biscottato del dopoguerra. Meloni, invece, ha probabilmente trovato un cappuccino artigianale e un avocado toast, ma il suo “successo” è stato evitare che Trump twittasse contro di lei durante l’incontro. Se per De Gasperi l’abbondanza americana era un miracolo, per Meloni è bastato non finire nel mirino dei meme.
De Gasperi ottenne un assegno da 100 milioni di dollari dopo giorni di silenzi imbarazzanti, quando Truman gli consegnò i fondi solo all’ultimo, convinto dalla sua integrità antifascista. Meloni, invece, ha strappato una promessa di visita di Trump in Italia e una ipotesi di dialogo sui dazi in quella occasione, rinnovando la tradizione di host (senza rilievo politico internazionale effettivo), inaugurata dal Berlusconi degli anni d’oro.
Ma il vero trofeo? Aver evitato epiteti come “parassita” o “incompetente”, destino toccato a leader come Zelensky o il premier irlandese. Oggi, non essere umiliati vale quanto un prestito miliardario.
Certo, De Gasperi lottava contro la fame, la ricostruzione di città distrutte. Meloni, invece, ha approfittato dell’incontro anche per evidenziare il comune sentire con Trump per la guerra alla “cultura woke”, tema alla fine cardine del bilaterale. Se allora il nemico reale era il comunismo sovietico, oggi è un fantasma ideologico: il pericolo rosso ha lasciato il posto a quello arcobaleno.
Nel 1947, De Gasperi affrontò l’ira dei comunisti in Parlamento, come quando Pajetta gli urlò «Tu, De Gasperi!» e lui rispose: «Un momento, giovanotto, mi dia del lei». Meloni, invece, ha gestito Trump che elogiava la sua leadership mentre attaccava Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, per i tassi d’interesse. Il suo exploit? Aver sorriso senza scomporsi mentre lui sbandierava comunque i dazi, a tutt’oggi solo sospesi, come trofei.
Alla fine, nell’immediato De Gasperi riuscì a dirottare una nave cargo di farina verso Napoli, salutato da una folla che gridava «Viva De Gasperi!». Meloni dopo l’incontro torna a casa con il solito “complimento” di Trump («Una dei veri leader del mondo!») e quella vaga promessa di un vertice Ue-USA a Roma. Se allora il successo si misurava in tonnellate di grano, oggi basta un hashtag [#MeloniTrumpBesties] per dichiarare vittoria.
Se De Gasperi rappresentava un’Italia che rinasceva dalle macerie, Meloni incarna un’epoca in cui la politica è un reality show dove non essere cancellati da un post è la nuova ricostruzione. Ironia della sorte: mentre il trentino rischiò la vita e la carriera politica per il pane, la premier moderna festeggia perché Trump non l’ha definita “un’altra stracciona europea”. E forse, in un mondo di simboli vuoti, questo è già un miracolo.
“..Truman gli consegnò i fondi solo all’ultimo, convinto dalla sua integrità antifascista”.
Mah! Credo che De Gasperi abbia giurato in ginocchio che era un feroce anticomunista. E solo allora gli americani consegnarono l’assegno.
In Germania Ovest il cancelliere Adenauer, anche lui ben visto dalla amministrazione Usa, non esitò ad ingaggiare Reinhard Gehlen come capo dei neonati servizi segreti; il tizio aveva già svolto tale professione, ad Est, durante la invasione nazi dell’ URSS.
Ma ora andava spiato l’ SPD.
https://www.theguardian.com/world/2022/apr/08/germany-1950s-chancellor-konrad-adenauer-spy-agency-infiltrate-rival-party-watergate
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Concordo, il poveretto avrà giurato sulla propria testa, di essere un feroce, irriducibile, convinto anticomunista…..visto che gli USA avevano una bella schiera di fascisti da loro salvati, da piazzare in Italia in funzione anticomunista e volevano la rassicurazione della loro protezione da parte del futuro governo italiano, chiamato a giurare sulla neonata Costituzione antifascista!
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Chiaro. Poi bisogna ricordare che stava ribollendo il pentolone del ‘maccartismo’. Per gli Usa staccare un assegno in favore di un paese a “rischio” caduta nel comunismo era una paranoia inaccettabile.
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“Un re a New York” fu censurato negli Stati Uniti per quasi vent’anni, vittima come il precedente “Luci della ribalta” della campagna anticomunista del senatore McCarthy ai danni del grande artista, che sfociò nell’esilio del 1952.
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Gli USA a fine guerra decisero di investire un sacco di quattrini in quelle che erano le proprie aree di influenza/paesi satelliti usciti dalla divisione in due blocchi, i paesi erano in macerie e da ricostruire ! Mentre chiedevano a De Gasperi la sua integrità antifascista, gli USA avevano nel frattempo salvato numerosi gerarchi fascisti, portati in Americani ed addestrati contro il pericolo socialista/comunista , e confluiti successivamente nell’ organizzazione Gladio, con tutti i simpatici annessi……Inoltre una delle prime richieste degli americani alla neonata Repubblica italiana antifascista, fu quella di mettere fuorilegge il Partito Comunista, che era stato antifascista fin dall’inizio, Mussolini li chiamava gli irriducibili, e che aveva contribuito enormemente alla Resistenza e lotta di liberazione dal nazifascismo….i comunisti non furono messi fuorilegge come i desiderata dei vincitori angloamericani, ma relegati all’ opposizione per 40 anni, mentre nessun problema per il MSI il cui segretario, Almirante, era stato un repubblichino di Salò, di indubbia fede fascista! Gli americani sono veramente uno spettacolo, riescono a fare sempre il gioco delle tre carte, e ovviamente a vincere sempre, danno le carte da 70 anni e quella con Giorgia e’ l’ ennesima giocata, la posta alta , con relativo incasso va ovviamente a loro…..la nostra sarà riuscita a portare a casa almeno un hamburger? Napoli non ci mangia, ma che soddisfazione passare dal bacetto in testa di Bidè, all’ hamburger di Trump: donna Giorgia apra la sporta che le ho incartato un vero hamburger made in USA!
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E’ andata negli States per ottenere qualche sconticino sui dazi ed è tornata con un pugno di mosche. In compenso si è impegnata ad aumentare l’acquisto italiano di gas liquido dagli Usa, spendendo il 50% in più di quello comprato da altri Stati, e poi a realizzare 10 miliardi di investimenti di imprese italiane in Usa penalizzando quindi ulteriormente il nostro Paese. Un grande trionfo per… Trump! 😁
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«…la premier moderna festeggia perché Trump non l’ha definita “un’altra stracciona europea”.»
Mah, siamo sicuri? Sicuri sicuri? Un dubbio che il Donaldone biondo l’abbia pensato, francamente in tutta onestà ce l’ho. Anche perché mi pare che le cariatidi europee di Bruxelles si diano da fare un sacchissimo per far la figura proprio degli straccioni… Oh, poi, mia opinione eh? Magari sbaglio su tutto… 😅
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