
(Giancarlo Selmi) – Deve possedere un’autostima dilagante il “giornalista” Mattia Feltri, per distribuire patenti di stupidità a chi non la pensa come lui e perfino a uno slogan che deriva da una frase di Gino Strada. L’uso dell’insulto pare sia diventato l’esercizio retorico preferito da certa gente e da certi giornali. Lo stupido manicheismo (questo sì stupido) di una buona parte del giornalismo italiano, alimentato dalla esigenza di stare dalla parte giusta, non della storia o del pensiero, tanto meno critico, ma di chi può garantire grassi emolumenti, diventa sempre più evidente.
E così, forse prigioniero e servo della condizione del “tengo famiglia” e, quindi, della esigenza di agevolare gli interessi di chi lui e la sua famiglia può mantenere, si permette il lusso di insultare Giuseppe Conte, migliaia di persone, intere comunità politiche, definendo cretino uno slogan che racchiude un pensiero più che degno. Lo fa con una tremenda arroganza anche intellettuale, non giustificata dall’essere una penna sopraffina, né dall’aver avuto una carriera sfolgorante.
Lo fa slla Stampa, giornale di un produttore di armi, cancellando e mortificando perfino le canzoni di De Andrè, per esempio. Una “uscita” che rende legittimo il sospetto che la nobile professione di giornalista, non sia esattamente pane per i suoi denti.
Posto la sua fotografia accanto a quella di un gigante, di una persona che, al suo contrario, ha abbandonato redditi milionari per inseguire l’idea che un mondo migliore fosse possibile. E, cosa non secondaria, al contrario di molti “giornalisti” che lo offendono, non si è venduto a nessuno.
Fuori dalla storia

(Mattia Feltri – lastampa.it) – Poiché sotto la mia casa romana transitano manifestazioni tre sabati sì e uno no, ho la fortuna di avere apprezzato l’intera casistica degli slogan prodotti dall’uomo che protesta. E ci sono voluti due decenni perché potessi proclamare di avere ascoltato lo slogan più cretino di sempre, nella solida previsione che nessun altro slogan cretino potrà mai essere altrettanto cretino, e nonostante la fisiologica cretineria degli slogan da corteo. È stato pronunciato sabato nella manifestazione promossa da Giuseppe Conte e dal Movimento Cinque stelle, accompagnati dal grosso del resto della sinistra, contro le ipotesi di riarmo europeo e di sostegno militare all’Ucraina invasa da Putin. Eccolo qui: «Fuori la guerra dalla storia». Dopo tanti anni, il popolo di Beppe Grillo è diventato il popolo di Giuseppe Conte, ma ancora non ha imparato dalle proprie minchiate, e continua a riproporsi obiettivi di portata evangelica. Un politico di media levatura e un elettore di qualche maturità dovrebbero partire dal presupposto che l’unico modo di affrontare un problema è sapere di non poterlo risolvere. È impossibile abolire la povertà, impossibile cancellare la corruzione, impossibile raggiungere l’uguaglianza.
Quando lo si è capito, di solito entro il ginnasio, nel caso dei Cinque stelle entro la scorsa legislatura (ce lo si augurava), si è già compiuto il primo passo per avere un po’ meno di povertà, un po’ meno di corruzione, un po’ più di uguaglianza. Buttare la guerra fuori dalla storia può essere soltanto l’obiettivo di chi fuori dalla storia ci ha piantato le tende: lì vien facile bearsi della propria rettitudine.
“… obiettivi di portata evangelica…” Glielo vada a raccontare a Francesco che ” porgi l’altra guancia, ama il tuo nemico e prega per lui, ama il prossimo tuo come te stesso” sono MINCHIATE. Certamente è difficilissimo riuscirci: però, almeno provarci. Quando sento certi discorsi o leggo certi scritti ho la certezza dell’esistenza del diavolo: solo lui poteva pervertire e corrompere un ideale straordinario come l’Unione Europea. Ma va’ all’inferno!
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Tranquillo… uno così se lo porta dentro, l’inferno.
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Mi spiace per i giovani aspiranti cronisti , magari animati dal nobile intento di agire professionalmente per il bene della comunità, che si accorgono che non possono cogliere esempi ispiratori da seguire, perché davanti a loro, nella maggior parte dei casi, c’è il deserto.
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Vedo che l’imponente manifestazione di sabato continua a provocare travasi di bile. Molto bene, ahahah! 😁
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”Poiché sotto la mia casa romana transitano manifestazioni tre sabati sì e uno no, ho la fortuna di avere apprezzato l’intera casistica degli slogan prodotti dall’uomo che protesta.”
Mattia Antonietta arimettite a’ parrucca a pouf che sinnó te pija freddo er cranio.
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E questo sarebbe il figlio di Feltri, immagino.
La brutta copia del babbo.
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Vittorio Feltri ora è un Rinko provocatore. Ma è stato un grande giornalista, da direttore de L’Europeo e soprattutto de l’Indipendente.
Il figlio è una pippa prezzolata.
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IL BALORDO – Viviana Vivarelli
Ormai è di gran modo lo stupido che insulta.
In un mondo dominato dai pagliacci come dagli idioti, il pagliaccio idiota va alla grande. È ormai come il parmigiano DOC. Un nome, una garanzia.
Troviamo l’homme alla page ovunque. Si ripopola come i funghi a settembre.
Ti rovina la vita privata aggredendo nemici immaginari rovina-famiglie mentre il vero distruttore dei rapporti è lui. Capeggia rivoluzioni inesistenti. Minaccia sfracelli nucleari.
Che sia lì a a fare il romantico offeso o il Calenda urlatore che straparla a caso o il suonatore di citofoni che strapazza i rosari, la sua inconfondibile figure di rompicoglioni capeggia indisturbata dall’ultima delle coppie alle sommità internazionali. E l’unica sarebbe portarlo fuori tenendolo per mani e piedi come Sgarbi dal Parlamento, evitando almeno l’offesa agli occhi ed alla mente.
Che poi lo stupido che insulta è normalmente la pietra bacata di ogni relazione umana, quello che sta in ogni dove come il baco nella mela, mela che ha rovinato lui per primo con la sua insaziabilità funesta. Il suo primario scopo nella vita è rovinare. Rovina coppie, famiglie, partiti, istituzioni.
Il serpente dell’Eden era lui.
A torto si crede che siano la malvagità o la perfida astuzia il male del mondo. No, è la balordaggine che strepita e che rompe le balle, magari facendo del male anche a sé stessa ma mettendocela tutta.
I balordi sono stupidi, ignoranti e villani. Tutto il marcio che esiste lo producono loro. Ma tra giornalisti e politici è sempre vincente.
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