Trump ha chiarito che gli Stati Uniti non possono più svolgere il ruolo di potenza egemone. Per il Vecchio continente serve il rilancio dell’unità politica per una risposta comune

(Massimo Cacciari – lastampa.it) – La «guerra dei dazi» è l’ultimo segnale di una crisi degli equilibri internazionali sempre più vicina al punto di rottura. Una globalizzazione tecnico-economica in assenza di ogni guida politica non poteva portare che a questa situazione. Che mercato e libero scambio potessero da soli produrre benessere e pace faceva parte dell’armamentario ideologico liberista al quale si sono arrese dalla fine della guerra fredda tutte le «sinistre» del mondo. Peggio: quella ideologia presupponeva tacitamente che di fatto esistesse una sola guida del processo di globalizzazione, e che questa fossero gli Stati Uniti. La loro egemonia in tutti i fattori strategici, dal primato scientifico-tecnologico alla schiacciante superiorità militare, sembrava non essere in discussione. In questo quadro l’Europa era chiamata a un ruolo certo importante, ma sussidiario, né doveva indebolirne le fondamenta con azzardate aperture a Oriente.
Coloro che hanno la cattiva abitudine di collocare le vicende presenti sulle onde lunghe della storia capiscono che oggi proprio tale quadro entra in una crisi irreversibile. Che l’Occidente è chiamato a ripensarsi, a ripensare il proprio destino. Al di là delle maschere da spaccone far west e delle retoriche populiste, Trump esplicita ciò che risultava già evidente dai fallimenti dell’Amministrazione Biden: l’America si è radicalmente indebolita nella competizione internazionale e deve concentrarsi sui propri interni problemi. Fare l’America grande di nuovo è lo slogan che copre questa amara realtà. Che le politiche messe ora in atto siano in grado di raggiungere lo scopo che si prefiggono è tutto da vedere, ma la loro intenzione è certa. Con esse gli Stati Uniti dichiarano di non poter più svolgere il ruolo di quella potenza guida su cui l’Occidente si è retto dalla fine della seconda Guerra mondiale.
La diagnosi temo sia esatta. La terapia forse sbagliata, anche per gli stessi interessi americani. I suoi critici, tuttavia, dovrebbero indicare quali sarebbero le alternative realistiche a fronte del costante aumento del deficit commerciale Usa e della perdita di competitività di tutti i suoi comparti manifatturieri. La «guerra dei dazi» si svolge su piani molto differenziati e la sua articolazione ne mette in lampante evidenza l’obbiettivo di fondo: il conflitto strategico con l’Impero cinese. E qui davvero il problema assume dimensione epocale. La crescita della Cina, malgrado le profezie sul suo arresto periodicamente ripetute nel corso degli ultimi quarant’anni (sarà bene ricordare che il Pil cinese alla fine degli anni ’80 era equivalente a quello di Paesi delle dimensioni del Belgio), continua a ritmi impensabili per economie mature e sembra essere ancora lontana, per disponibilità di risorse umane, infrastrutturazione, solidità politico-amministrativa, dall’”atterrare”. Da immensa piattaforma manifatturiera, accumulatore e assemblatore di energie e esperienze formatesi altrove la Cina è diventata da tempo una potenza innovatrice – e tale potenza crescerebbe esponenzialmente disponendo del “polo” di Taiwan. Né si tratta soltanto della Cina: si sviluppano in questo stesso senso altri grandi spazi economico-politici dell’Est, come il Vietnam. L’Impero dell’Occidente, gli Usa, è chiamato ad affrontare questa competizione strategica. L’aumento strepitoso dei dazi contribuirà a colpire la crescita cinese e ad arrestarne i programmi più innovativi (anche sul piano militare)? O piuttosto renderà ancora più precari gli equilibri interni, economici e sociali, dell’America? Dipenderà da molti fattori, impossibile prevederlo in base a mere estrapolazioni economiche. Dipenderà dalla tenuta della nuova élite trumpiana, ma anche dai contraccolpi della nuova situazione in seno a quella cinese. Dipenderà anche dalla posizione europea, se e in che misura l’Europa saprà produrre un contraccolpo di reale autonomia e unione nei confronti degli Usa.
Come dovrebbe configurarsi una tale reazione? Ripensando in termini autenticamente federali l’assetto delle alleanze che formano l’Occidente. L’epoca dell’indiscussa egemonia è finita, per dichiarazione dello stesso soggetto egemone. Ogni fattore del sistema delle alleanze deve perciò assumere il proprio ruolo e saperlo svolgere autonomamente. L’Europa ha interessi vitali a rappresentare il punto di mediazione tra Occidente, Oriente, Mediterraneo e Africa. Interessi vitali a porre termine a guerre civili al proprio interno e a conflitti armati ovunque si manifestino. Un’unità d’azione per fronteggiare l’attacco sui dazi che non si fondi su questa visione strategica varrà meno di un’aspirina. C’entra l’Unione per la Difesa in tutto questo? Certo che sì. Come potrebbe realisticamente concepirsi un’unità politica senza difesa comune? Ma ciò è esattamente l’opposto delle attuali grida al riarmo! Ciò significa bilancio comune per la difesa, programma di armamenti congiunto. Ciò comporta la decisione di farla finita con forze armate nazionali. Un esercito e un comando europei. Riarmarsi prima che questa strategia sia definita è come indebitarsi per l’automobile senza saper guidare. L’unico effetto sarà il riarmo tedesco a carico di tutti (sperando almeno che l’AfD, continuando così la politica europea, non giunga prima o poi a vincere).
La risposta ai dazi di Trump finirà con l’essere una risposta spezzatino, Paese per Paese, con un cappello von der Leyden di maniera, se non si inquadrerà in una volontà di rilancio reale dell’Unione politica. E questa non può prescindere dalla riaffermazione di alcuni principi sui quali è nata la sua stessa idea. E’ l’Europa dei diritti sostanziali, è l’Europa delle sue costituzioni democratiche progressive del Dopoguerra, che sembra conoscere un’inarrestabile decadenza. Un’Europa che non apre bocca di fronte al massacro quotidiano a Gaza, ma, anzi, tiene al suo interno governi che lo apprezzano, potrà trovare diecimila accordi favorevoli sui dazi con Trump, ma non sarà più Europa e alla fine conterà nel grande gioco degli equilibri tra Imperi ancora meno di quanto stia contando oggi.
Non mi meraviglio tanto del prof Cacciari ma wuanto di me medesimo. Sottoscriverei parola per parola tutto il contenuto delle risposte del filosofo e ciò mi stupisce perché spesso, per non dire quasi sempre, le le sue uscite nevrotiche non mi trovavano d’accordo. Cosa è successo ?
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Condivisibili le osservazioni di Cacciari.
Una correzione mi pare doverosa; il MAGA è un concetto già espresso dalla prima amministrazione Trump quindi il declino degli USA non nasce con l’amministrazione Biden; ha origini ben più lontane.
In ogni caso attribuire alla sola politica il declino di una nazione e riduttivo.
Gli USA si trovano nella condizione in cui sono per volere dell’intera classe dirigente; quella stessa classe che ha promosso la finanziarizzszione dell’economia e ha allo stesso tempo delocalizzato la produzione altrove.
Il disavanzo della bilancia commerciale e della forza del dollaro sono conseguenza di quelle scelte in primis; il resto viene dopo.
Se dovessi dare un nome al responsabile politico di tutto ciò farei il nome di Clinton.
Verrebbe voglia di dire che chi è causa del suo male pianga se stesso.
Così non è per Trump e non potrebbe essere altrimenti.
Quanto alla Cina, si il PIL cresce da tempo, ma guardare il solo PIL non basta, si deve guardare anche quello, che cresce sulla stessa linea del PIL.
Vero è che la Cina ha saputo spendere bene gli introiti ricevuti; non si è limitata a sfruttare il gap salariale che giocava a suo favore per vivere di rendita; lo ha usato per ampliare i suoi mercati, per accrescere la sua rilevanza strategica, lo ha usato in ricerca sviluppo e innovazione con risultati ragguardevoli.
Nel fare questo ha commesso degli errori che rischiano di costare caro
Il mercato interno cinese è debole, molto debole; la politica economica di sussidiare le imprese, oltre ad aver contribuito ad accrescere il debito pubblico, ha generato una sovra-capacita produttiva che adesso si trova a dover fare i conti con i suoi principali mercati di sbocco sbarrati e con un mercato interno debole.
A questo si aggiungono politiche finanziarie caratterizzate da opacità ed indirizzate a forzare ciò che la realtà dei fatti gli ha messo davanti; mi riferisco alla bolla immobiliare.
Quindi la considerazione finale di Cacciari:
Abbiamo le due superpotenze che hanno punti di forza e punti di debolezza; la guerra economica è cominciata; chi riuscirà a sopravvivere?
Lo vedremo; cosa dovrebbe fare l’Europa? Scegliere tra USA e Cina?
No andare da sola; tra i due litiganti il terzo gode
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“Andare da sola” …me se ci siamo venduti tutto!
Abbiamo pure delocalizzato le aziende …di nostro non abbiamo più nulla!
Anzi ci stiamo svendendo acciaierie,Telecomunicazioni e sanità!
In politica ci siamo svenduti agli USA e siamo ancora appecorati
in tanto il 16 la nana andrà alla casa bianca a farsi una foto e poi “siccome dobbiamo andare da soli” ci appecoriamo pure in Cina.
Marco polo sarà incazzato o no?
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Stiamo parlando di Italia o Europa?
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L’export cinese sul Pil è del 19%, con un aumento del 5,2% nell’ultimo anno e record battuti soprattutto in ambito di pannelli fotovoltaici, quello italiano sul Pil è del 34%. La Cina ha delocalizzato parte delle proprie produzioni nel sud est asiatico e si è aperta una prateria di sfruttamento e collaborazione con l’Africa, ha un debito pubblico di 52.000 miliardi di dollari in continua crescita esponenziale.
L’America ha ridotto negli anni drasticamente la produzione industriale interna e ha usufruito di una bilancia commerciale favorevole dettata soprattutto dal suo dominio geopolitico, il suo debito pubblico è mostruoso di 33.000 miliardi di dollari.
Tra dazi e contro dazi difficilmente si risolveranno problemi economici oggettivi e irrisolvibili perché l’unica verità è che il giocattolo capitalista è rotto e la crescita infinita è una chimera.
Possiamo solo sperare che dopo la guerra commerciale non si avvii la guerra guerreggiata tra i Paesi fedeli al dollaro e i Paesi del Brics.
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Da oggi in TV servizi sulla Cina ….questo per agevolare accordi economici.
Ci hanno tenuto segreti i miglioramenti della Cina …economici.ambientali e politici.
Aooo… la nana ha disconosciuto la “via della seta”…bisogna recuperare e quindi ordini perentori a media…”parliamo della cina come nostro partner futuro”
Figura di m….a
Conte vedeva lontano… e la nana si guarda i piedi!
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Anche fosse fisicamente alta due metri, sempre nana sarebbe: è la perfetta erede dello psico-nano, lei è la psico-nana guerrafondaia fino alla vittoria sulla Russia!
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Pensa che se c’era lo psiconano… eravamo in una posizione più favorevole.
Magari ci faceva con Putin i propri interessi,ma potevamo avere un rapporto commerciale migliore….invece…se ritorna silvio la prende a calci nel c…o!
Meravigliato direbbe: gli italiani non capiscono un c…o!
Invece di andare al mare…..
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