È sfida continua con l’alleato che attacca Macron, telefona a Vance…

(di Fabrizio Roncone – corriere.it) – Era uno di quei giorni un po’ così, in Transatlantico. Tipo che cammini e senti il rumore dei tuoi passi. Laggiù, un paio di deputati con i trolley, pronti a scappare (se lavorano tre giorni di fila, dopo hanno bisogno di correre a riposarsi). Sui divanetti di pelle, solo qualche portaborse, poi il gran capo sinistrorso Nicola Fratoianni (l’ex rivoluzionario è ormai terrorizzato dall’idea che gli possano rigare la Tesla di famiglia, perché ormai le rigano), più qualche cronista. Aria di svacco. Intercetto schegge di ragionamento. E, ad un certo punto, c’è uno che fa: «Tanto il francescano, prima o poi, esplode». Dico: scusa, chi è il francescano? Quello si volta e mi fa: «Pensaci un attimo». Ma certo! È il francescano della Farnesina, Antonio Tajani. Definizione sublime. E, giornalisticamente, perfetta. Perché ormai Tajani sembra davvero uscito dal Cantico delle Creature.
Con quella sua stupefacente forza interiore che lo rende paziente e capace di dominarsi, di sopportare, di mordersi la lingua e contare fino a dieci, sempre dentro un senso di responsabilità profondo, ammirevole, sempre pronto a replicare con un garbo quasi ascetico, la voce di velluto, lo sguardo buono, e quindi mai nemmeno una bella zampata polemica – che in politica, qualche volta, pure ci sta bene – ma, al massimo, solo mezza allusione a Matteo Salvini, contro Salvini che lo tormenta, con metodo, da settimane. Lui, cioè Salvini, in teoria sarebbe il ministro dei Trasporti. Solo che s’è messo in testa di fare il responsabile ombra degli Esteri del nostro Paese. E così, infrangendo qualsiasi liturgia diplomatica, dice che Macron «è matto».
Quindi attacca la von der Leyen e il futuro cancelliere tedesco Merz. Ammicca a Putin (vecchia passione). Vuole dare il premio Nobel per la Pace a Trump. E telefona al suo vice, JD Vance. Tajani, prima serafico: «La politica estera dell’Italia, veramente, dovremmo deciderla io e la Meloni». Poi, quando proprio sembra perdere la pazienza (ma non la perde), se ne esce con un’allusione alla Lega, e al suo capo: «Un partito quaquaraquà parla e dice senza studiare e riflettere. Però chi strilla conta e comanda poco». Quanta misura, no? Come diceva San Francesco: «O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio». E fammi restare stretto a questa maggioranza.
le famose acque chete che rovinano i ponti ,niente di buono comunque ha troppi rospi ingoiato prima .
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Ditemi se c’è una legge o un decreto che porta il suo nome come promotore…. lunga vita al disimpegno!
Faccio troppa fatica a pensare!
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Quello che TACE di fronte al massacro dei palestinesi e assicura Porko-miau che in Italia non lo arresteranno mai.
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