
(Chiara Saraceno – lastampa.it) – Ci si preoccupa in modo quasi ossessivo della denatalità, molto meno del continuo drenaggio di giovani che lasciano l’Italia per cercare altrove occasioni di vita e lavoro migliori. Un drenaggio che non solo assottiglia la già ridotta quota di giovani, ma di conseguenza riduce anche ulteriormente il tasso di natalità possibile. A partire e non tornare sono per lo più giovani con un buon livello di istruzione, che, se rimanessero in Italia, prima o poi troverebbero un’occupazione e talvolta la hanno già trovata. Ma che non trovano nel mercato del lavoro italiano condizioni di lavoro, di remunerazione, di riconoscimento, all’altezza delle loro aspettative, che invece vedono più facilmente realizzate altrove. Così come, se donne, vedono più facilmente realizzabile farsi una famiglia, avere figli, senza rinunciare al lavoro. Sono legittimamente choosy, perché possono effettivamente scegliere uscendo dai confini nazionali.
È positivo che i giovani si muovano, facciano esperienze altrove, anche decidano di proseguire la propria vita altrove. Spostarsi, confrontarsi con società organizzate poco o tanto diversamente da quella di partenza, con altre culture, è un grande arricchimento, se non necessario, auspicabile in un mondo globalizzato dove non si può (più) rimanere rinchiusi nel proprio piccolo mondo auto-referenziale. E dove essere nomadi, per dirla con Stefano Allievi nel suo ultimo bel libro Diversità e convivenza (Laterza), è diventata una condizione umana diffusa non solo perché è fortemente aumentata la mobilità e con essa le migrazioni, ma perché il mondo, l’altrove, entrano continuamente nella vostra vita quotidiana, nelle persone che incontriamo, le immagini che vediamo, le notizie che riceviamo, gli strumenti che utilizziamo.
Il problema è che l’Italia sta diventando per una parte dei suoi giovani un posto in cui non si vuole vivere, in cui non vale la pena di investire il proprio futuro. Tantomeno attrae giovani molto qualificati di altri paesi, rispetto ai quali il saldo è ampiamente negativo. È un paese in cui venire in vacanza, o passare un anno di studio, non in cui fermarsi per farci la propria vita. Per altro, anche per una buona parte dei migranti che arrivano da paesi poveri o in guerra, o sotto una dittatura, l’Italia è pensata come un luogo di passaggio, una porta di entrata per un altrove più desiderabile, anche se poi sono costretti a rimanere qui. Una percezione certo non favorita dalla retorica anti-migranti e dalle lungaggini per ottenere il permesso di soggiorno, per non parlare della cittadinanza.
Senza seri investimenti nel creare situazioni più favorevoli ai giovani da parte non solo del governo, ma degli amministratori locali e delle imprese, il fenomeno del drenaggio dei giovani, specie dei più istruiti, non potrà che accentuarsi. Del resto, un’indagine Istat recente ha rilevato che già tra gli adolescenti il 34% da grande vorrebbe vivere, lavorare, farsi una famiglia all’estero, una percentuale che supera il 38% tra gli stranieri.
Tragico: l’Italia intera ridotta come quei paesi di provincia da cui scappano tutti quelli che possono, continuano a comandare (e rubare) i soliti (possidenti, politicanti e/o mafiosi, in proporzione variabile anche nella singola persona), ma anche i loro figli spesso scappano. Analisi lucida e impietosa dell’ottima Saraceno, non le solite bugie ipocrite e classiste della Fornero.
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Cara Saraceno …la meloni fa di tutto per aumentare il fenomeno….infatti sta dando bonus a famiglie con dei paletti ,a parte l’isee,quello di 4(quattro) figli!
Mi dica quale famiglia italiana oggi ha intenzione di mettere al mondo quattro disgraziati?
Perchè come al solito questo governo ha reso precario il lavoro,e gli aiuti alle famiglie in difficoltà e in compenso chiede denaro per le armi e mentre si aumentano i loro appannaggi ed evitano ai più ricchi di pagare le tasse dovute dalla costituzione.
E i giovani fuggono…. grazie alle politiche disattese del il futuro.
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“Ci si preoccupa in modo quasi ossessivo della denatalità, molto meno del continuo drenaggio di giovani che lasciano l’Italia“..
perché, pur essendo due statistiche impietose, esprimono dati che incidono negativamente ma con effetti non paragonabili: un giovane che lascia l’ Italia può tornare con una telefonata, mentre la culla vuota non la riempi con uno schiocco di dita. E, ammesso che avvenga la magia, ci vogliono 25 anni affinché quel neonato cresca e si istruisca/formi. Un quarto di secolo.
Quindi sì, la denatalità è un problema ben più grave.
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Brava la Saraceno.
Le voglio ricordare che anche i non più giovanissimi lasciano l’Italia e non sono pochi
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Proprio ieri sera una pubblicità su Youtube:
un tizio ‘abbronzato’ ti dice: ti vogliamo in Canada, cittadino italiano, parti e vieni da noi, avrai tutto quello che ti serve e che non trovi dalle tue parti (o qualcosa del genere).
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Negli ultimi 4 anni. 131.210 immigrati sbarcati (e non tutti per rimanere qui) 497.240 italiani hanno preso la residenza all’estero. Non ci stanno invadendo, stiamo scappando.
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