Dalla Corte penale internazionale alle Nazioni Unite, ecco perché la legalità è in crisi

New York, 26 marzo: una riunione del Consiglio di sicurezza dell'Onu

(di Michele Ainis – repubblica.it) – Il diritto internazionale non ha eserciti, né carabinieri. Non può difendersi se le sue istituzioni vengono aggredite. Sta succedendo adesso, ed è la conseguenza più allarmante di questi tempi bui. Ne è vittima, anzitutto, la Corte penale internazionale — un tribunale permanente per punire i crimini contro l’umanità. Ma ormai le sue pronunzie sono scritte sull’acqua.

E se c’è un punto d’emersione che segnala la crisi della legalità internazionale — eccolo, è questo. L’irrilevanza della Cpi coincide con l’irrilevanza dei diritti nel nuovo palcoscenico mondiale, a cominciare dai diritti primordiali, dalla difesa della vita e della dignità delle persone.

Mettiamo in fila i fatti, anzi i misfatti. Marzo 2023: la Corte emette due mandati d’arresto nei confronti di Vladimir Putin e di Maria Lvova-Belova. La Russia reagisce aprendo un procedimento penale contro i giudici della Corte, che a quel punto vengono inseriti in una lista di ricercati, al pari di un terrorista o d’un mafioso. Quanto a Putin, se ne infischia: benché i 125 Stati-parte della Cpi avrebbero l’obbligo d’eseguire il mandato, nel settembre 2024 lui viene ricevuto con tutti gli onori in Mongolia, Paese che aveva firmato il trattato istitutivo della Corte nel 2000.

Un altro caso ci tocca da vicino. Investe l’Italia, che nel 1998 ospitò la conferenza da cui nacque lo statuto della Corte. C’erano resistenze, ma il governo italiano si spese anche mobilitando la società civile, con una fiaccolata guidata dal presidente del Consiglio Prodi e dal sindaco di Roma Rutelli. Dopo un quarto di secolo, però, è tutta un’altra musica.

Nel gennaio 2025 la Cpi spicca un mandato di cattura contro il generale Almasri, colpevole di omicidi, torture, violenze sessuali. Lui viene messo in carcere a Torino. Sennonché un paio di giorni dopo il nostro governo lo fa rimpatriare in Libia con un volo di Stato. Perché? Errori procedurali nel mandato della Corte, dicono a palazzo Chigi. Ma è solo una scusa, e nemmeno troppo verosimile.

Infine i crimini commessi nel conflitto tra i palestinesi e gli israeliani. Da qui, nel novembre 2024, i mandati d’arresto nei confronti del premier israeliano Netanyahu e del suo ex ministro della Difesa Gallant. Subito l’Ungheria dichiara che disobbedirà all’ordine della Corte. La Francia argomenta che Netanyahu goda d’una speciale immunità. La Germania concorda. L’Europa centrale nicchia.

L’Italia si rifiuta di firmare una dichiarazione di 79 Paesi membri della Corte a suo sostegno. Mentre sull’altra sponda dell’oceano Trump, dopo aver ricevuto Netanyahu, vara ritorsioni contro i giudici e i loro familiari, congelandone i beni, bloccandone i conti correnti, vietandone l’ingresso negli Usa. La Cpi, da giudice, si trasforma in imputato.

Del resto è in buona compagnia. Nel gennaio 2025 Trump nega l’autorità dell’Ocse, disdicendo l’accordo globale sulle tasse. Dopo di che mette in crisi il Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, sparando una raffica di dazi sulle merci straniere. Licenzia i dipendenti dell’Usaid, l’Agenzia per lo sviluppo internazionale degli Stati Uniti, creata per fornire assistenza umanitaria.

Infine s’accanisce contro i presidi della nostra salute collettiva. Nel febbraio 2025 gli Usa si ritirano dall’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, di cui erano i principali finanziatori. E al contempo si ritirano dall’accordo di Parigi sul clima, ostacolando la lotta al surriscaldamento globale.

Sullo sfondo di questo paesaggio di macerie, la crisi delle Nazioni Unite. Vennero fondate nel 1945, con l’idea di presidiare la pace attraverso un concilio di guardiani, di «poliziotti del mondo», come li definì Roosevelt. Ciascuno con un diritto di veto sulle decisioni altrui.

Da qui l’impotenza delle Nazioni Unite sulle grandi crisi internazionali, che quasi sempre hanno per attori uno dei cinque membri permanenti. L’Onu rischia di finire come la vecchia Società delle Nazioni, fondata nel 1919 per impedire un’altra guerra mondiale, e poi spettatrice inerte della guerra più sanguinosa della storia umana.

Insomma, il diritto internazionale è in briciole, la legalità in frantumi. Ma in queste disgraziate circostanze può ancora resistere la legalità nei singoli Stati? C’è spazio per una democrazia all’interno, quando all’esterno ciascuno Stato s’arma contro l’altro? Sarebbe la prima volta.

La storia, infatti, non ha mai conosciuto un’entità politica che fosse autoritaria verso l’esterno conservandosi democratica. Ha conosciuto invece, e molte volte, l’esperienza inversa: per esempio nell’Atene del V secolo, dopo la sconfitta militare nella guerra del Peloponneso. Il seme delle “democrazie blindate”, delle democrazie che si difendono, sta tutto in quei remoti avvenimenti. Costarono la vita a Socrate, ma questo non è che un dettaglio.