(Tommaso Merlo) – Le destre sono neoliberismo rozzo, la sinistra neoliberismo perbenista ma l’idea di fondo è la stessa. Cambia la forma, non la sostanza. Se Trump dà sfacciatamente il potere agli oligarchi, la sedicente sinistra serviva le lobby dietro le quinte. Anche sullo smantellamento dello stato sociale non vi sono differenze, in paesi come l’Italia è stato il centrosinistra a devastare i diritti dei lavoratori e privatizzare, se osavano farlo le destre sarebbe scesa in strada con l’eskimo. Anche sulla guerra sono uguali. Su alcuni fronti come quello ucraino discordano, in altri come il genocidio a Gaza vanno d’amore e d’accordo, ma sono tutti convinti che la pace si conquisti con missili e bombe a grappolo. Lo dimostrano le guerre a vanvera degli ultimi decenni avvallate da governi di ogni colore. È così, ma sulla scena c’è una novità rilevante. Il terremoto Trump che ha portato alla luce il sottobosco neofascista che pullula da sempre dietro al cosiddetto sovranismo. Parlano i misfatti. Negli Stati Uniti siamo ad uno scontro senza precedenti col potere giudiziario visto come ostacolo al ducetto di turno, siamo alle deportazioni ed incarcerazioni grossolane di stranieri con molti di loro colpevoli solo di essere latini o con tatuaggi troppo evidenti, siamo alle retate e all’arresto per strada di studenti colpevoli di pensarla diversamente osando simpatizzare per la causa palestinese, siamo all’oppressione e ricatto delle università colpevoli di non sopprimere le proteste studentesche che danno fastidio alla lobby sionista, siamo alla cancellazione per decreto delle diversità di genere e ai licenziamenti di massa dei dipendenti pubblici senza nessuna causa se non tagliare costi in modo da abbassare le tasse agli oligarchi, siamo ad attacchi sempre più violenti alla libertà di stampa e alla demonizzazione di ogni opposizione. Una deriva neofascista in salsa capitalista davvero spaventosa perché esplosa in quello che fino a ieri era il paese guida del mondo libero e democratico. E se non bastasse, Trump si è messo pure a sputare in faccia ai vassalli europei. Ma meglio. Meglio la cruda verità che le ipocrisie propagandistiche. Già, ma il fascismo annacquato ed aggiornato di oggi, va combattuto come allora. La domanda è come. La strategia dei vecchi partiti di centrosinistra sembra essere la solita un po’ ovunque, gufare e mettere qualche bastoncino tra le ruote ai trumpisti nella speranza che alle prossime elezioni la sella torni a loro. Tornando così dal neoliberismo rozzo a quello perbenista. Scommettono sul fatto che di questo passo Trump sbatterà presto il grugno tra scandali, tensioni sociali e mercati nell’abisso a furia di dazi e scempiaggini assortite. E con lui i suoi discepoli oltreoceano. Ma schiantato un trump se ne fa un altro e col ritorno dei vecchi parrucconi di centrosinistra, la prossima ondata neofascista potrebbe essere ancora più spaventosa. Va sradicato il virus. La guerra non è servita a nulla, serve la politica e la cultura. Se siamo arrivati fino a questo punto è perché certe ferite storiche non sono mai state curate, perché la sinistra ha smesso di fare il suo lavoro da mo’ ma anche perché fascismo fa rima con egoismo e le sue vere radici sono nell’animo umano. Per fermare il neofascismo servirebbe una nuova resistenza. Democratica, pacifica e figlia dei tempi moderni che abbia come scopo primario la fine del neoliberalismo in tutte le sue declinazioni. Rimettendo l’economia al servizio della società e non viceversa. E rimettendo i cittadini al centro della democrazia spodestando lobby e giullari partitocratici. Una resistenza che miri a debellare l’ingiustizia sociale vero male del nostro tempo e vero frutto del capitalismo. Una società inclusiva in cui realismo e buonsenso dominino le paure alimentate a fini elettorali. Una società che gestisca il nuovo corso globale invece di scansarlo e che non abbia bisogno di capi espiatori contro cui sfogare le sue frustrazioni. Una società orgogliosamente diversificata ma unità dalla consapevolezza che i confini sono tutti mentali a partire da quelli nazionali e che per evolvere dobbiamo cooperare invece di competere. Una società non aizzata dall’ego di qualche capoccia e nemmeno oppressa da quello di qualche casta, ma libera di esprimersi culturalmente e democraticamente in modo da riuscire a tornare protagonista del suo destino.