(Tommaso Merlo) – Per evitare la guerra bisogna prepararsi alla guerra, è questo il fulcro del manifesto di ventopene. Tu ti armi all’inverosimile così gli altri ti temono e ti lasciano stare. E se mai osassero darti fastidio, tu li ammazzi. Tipo quei ceffi che passano la vita ad allenarsi per fare a botte, vedono nemici ovunque e al primo screzio scatenato risse furibonde. Muscoli e sguardo truce come deterrenza e se non bastasse via con calci e pugni. Non pace ma guerra permanente perché la guerra te la porti dentro. Ci pensi, ti prepari, scruti i possibili minacce e al primo pretesto la scateni. Vale per i ceffi come per i paesi. Lo insegnano gli Stati Uniti che investono da sempre risorse impressionanti in armi ed esercito col risultato che passano da una guerra all’altra da quando sono stati fondati. Una scia di sangue infinita. L’Europa stava invece insegnando al mondo una via alternativa. A seguito di secoli di massacri reciproci e del secondo conflitto mondiale, abbiamo rimosso i confini soprattutto mentali e ci siamo uniti ai paesi limitrofi. Da possibili nemici ad amici. Da competizione a cooperazione con le controversie gestite in maniera civile e democrazia. Cervello e cuore invece che mani e piedi. E stava funzionando. Abbiamo ottenuto il più lungo periodo di pace della storia continentale ma anche uno sviluppo senza precedenti. Un successo ottenuto semplicemente vedendo gli altri come risorsa invece che come minaccia ed investendo in rapporti sempre più profondi. Già, ma il tarlo della guerra non è mai stato davvero debellato nemmeno da noi. Negli ultimi decenni l’Europa è ricorsa alle guerre a vanvera in casa d’altri assecondando i deliri bellici americani. Tarlo che con la crisi ucraina è dilagato. Se valeva la pena buttar via vite e miliardi per Kabul, figuriamoci per Mosca. Ed eccoci al manifesto di ventopene per mano di politicanti e tecnocrati screditati dai loro popoli e finiti in balia della famelica lobby della guerra a motore Nato. Un riamo per un nemico che esiste solo nella testa dei guerrafondai, quella Russia con cui condividiamo secoli di storia e che fino a ieri era la nostra strategica vicina. Ma il pretesto non conta, quello che conta è riarmarsi. Produrre armi, usarle e poi produrne ancora per soddisfare l’ego dei potenti di turno ma anche le tasche delle lobby del funereo indotto. Profitto politico e finanziario grazie ad una strategia vecchia come il mondo. Inventare nemici e minacce, spargere paura tra i poveri cristi per fargli ingoiare sacrifici e per convincerli addirittura che abbia senso finire in una trincea. Non pace, ma guerra permanente con qualche pausa giusto per dimenticarsi di cosa sia davvero la guerra e ricominciare. Ma un conto è il manifesto di ventopene, un conto i popoli europei. Politicanti e tecnocrati vanno e vengono, i popoli restano. Se i popoli europei vogliono continuare sulla strada della pace, nessuno nel lungo periodo glielo potrà impedire. Ed è questo l’interrogativo storico che abbiamo di fronte. Capire se al di là dei deliri dei reggenti di turno, la pace è diventata una conquista culturale dei popoli europei e quindi anche politica oppure no. Se abbiamo capito che siamo noi occidentali la vera minaccia, dai genocidi coloniali in prima persona fino a quelli concessi ai nostri complici. Se abbiamo capito che il vero nemico è dentro di noi e si chiama ignoranza di se stessi e della vita. Si chiama scarsa consapevolezza. Più l’uomo evolve, più comprende che la guerra è pura follia. Non c’è ragione al mondo per uccidere un altro essere umano e nemmeno per buttare via la propria vita. Restiamo al mondo un battito di ciglia e l’unica cosa che dona senso alla nostra esistenza è l’amore. I traguardi materiali son solo chimere e l’odio e la violenza nient’altro che sintomo del nostro fallimento esistenziale. La guerra è immaturità, debolezza, miopia, delirio egoistico. È usare mani e piedi invece che cervello e cuore. Infantilismo personale, sottosviluppo nazionale. La guerra è pura e semplice autodistruzione individuale come dell’umanità. Altro che “evitare la guerra preparandosi alla guerra”, panzane che significano guerra permanente con qualche pausa giusto per dimenticarsi di cosa sia davvero la guerra e ripartire ad ammazzarsi alla prima occasione. La guerra si evita investendo nella pace, nella cooperazione, nella fiducia reciproca, nelle istituzioni internazionale utili a regolare le controversie. La guerra si evita grazie alla consapevolezza dei cittadini e quindi dei popoli che si traduce in politica lungimirante. Un interrogativo storico con un’unica certezza. Se i popoli europei vogliono continuare sulla strada della pace, nessuno nel lungo periodo glielo potrà impedire.