
(Stefano Rossi) – Il 5 marzo è apparsa la prima puntata de “Il Gattopardo”, serie prodotta da Netflix.
Ho letto lo splendido romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e visto, più volte, il film di Luchino Visconti, ancora oggi un capolavoro. Uno dei rari casi in cui, il film, è pari al romanzo.
E non era facile.
Oggi ci sono le serie, le fiction. Si rilanciano puntate su puntate, come al casinò.
E, difatti, c’è anche il bluff,
Immagini, batture, situazioni ripetute all’infinito per far durare di più l’emozione allo spettatore che vuole più tempo per vedere, e rivedere, le stesse cose.
L’epopea di Gomorra e di Romanzo criminale sono gli archetipi di questa tragedia.
Non bastava il successo dei romanzi e dei film, ci sono volute le serie per attirare, come mosche al miele, un largo pubblico per decretarne un successo nazionale.
Queste serie replicano, allo sfinimento, frasi, gesti, sparatorie che, evidentemente, piacciono tanto e il successo è assicurato.
A Napoli sparavano pure dai balconi per la contentezza.
E così, dopo il successo del libro di Scurati, ecco la serie, o la fiction, “Il figlio del secolo”. In questo caso manca un film ma, forse, ce ne sono pure troppi.
E niente. I libri di Renzo De Felice non ce la facciamo a leggerli.
“I diari” di Bottai, ricchissimi di aneddoti e racconti non attraggono. Forse, non sono nemmeno più pubblicati. E perché mai dovrebbero.
Meglio una serie o, come la chiamano, una mini serie.
Cos’è che non va in tutto questo cascame culturale?
Ma tutto!
Partiamo dal principio.
Luchino Visconti disse che ci volle un anno e mezzo di lavoro intenso per terminare il suo capolavoro. Era pensato e studiato per un pubblico erudito, che aveva letto il romanzo o che lo avrebbe letto per colmare la lacuna una volta visto il film.
Perché ci tenevano alla cultura.
Questi telefilm, oggi, sono studiati per un pubblico che non deve pensare, non deve leggere, non deve capire ma solo ascoltare e guardare.
L’homo videns, come il compianto Giovanni Sartori ci spiegò, non ha bisogno di capire ma solo di vedere.
Inutile fare i pignoli; penetrare nei particolari, risolvere problemi e leggere le fonti storiche. Annoierebbero il pubblico.
Difatti, le serie, o come si chiama, Il figlio del secolo, è zeppo di errori storici ma è stato un successo commerciale. Punto.
La storia non ha più senso quando ti metti davanti la tv.
Guardai le prime tre o quattro puntate di Gomorra quando, la serie, stava alla quarta o quinta serie. Mi pare su Rai Movie. All’inizio mi aveva preso. Sono ben fatte, non ci sono dubbi. Poi però cominciava a stufarmi. Le scene, le frasi, i ghigni di quei marrani e Draghi di Komodo erano sempre uguali e così le loro reazioni. Cambiava il luogo, la casa o il giubbotto ma la sostanza era sempre quella.
Il film, se uno proprio non ce la fa a leggere il romanzo, dura al massimo un’ora e mezza.
Ma stare a vedere la ripetizione della ripetizione delle medesime scene lo trovo il segno di mutazioni gravi e preoccupanti.
Così mi sovvengono le parole di chi sapeva come sarebbe andata a finire.
Alberto Moravia, nel 1959, scriveva di una “sotto Italia”, succube della cultura televisiva (L’Italia di serie B, in «L’Espresso», 18.1.1958).
Ancor prima di lui, Max Horkheimer e Theodor Adorno, evidenziarono l’avanzare della “cultura di massa” come la cultura succube e prodotto dell’industria.
Cultura non più prodotta dal dialogo tra società e mondo della cultura (letterati, artisti, intellettuali, filosofi), bensì come mercimonio tra l’industria, che genera la domanda, e non l’offerta, e i consumatori finali.
Pasolini, lucidissimo e troppo avanti nel tempo, terrorizzava i nostri poveri genitori sostenendo che era in atto un “genocidio culturale”.
Ci siamo arrivati.
Ma poi, dopo Visconti, Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Paolo Stoppa, Romolo Valli, Mario Girotti, Giuliano Gemma, Maurizio Merli e tanti altri, con tutto il rispetto per Kim Rossi Stuart, c’era bisogno di fare un remake?
Si, se non si apprezza l’arte.
Condivido in pieno le parole di Stefano Rossi. Per quanto mi riguarda mi è bastato vedere (casulamente) il trailer della serie per evitarla come la peste.
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D’altronde un paese che ha votato come PdC una “sottocane” non può che avere un popolo che ha una “sottocultura”. In Italia ormai tutti parlano di tutto con l’arroganza di chi “sa” e ti spiega. Non si riesce più a dialogare, fare conversazione o scambiarsi opinioni è diventato impossibile.
Abbiamo esperti laureati dalla TV che ti spiegano il perché e il percome di pandemie, di guerra, di politica, finanza, letteratura eccetera. E tu, che ascolti incredulo, non puoi interrompere, interloquire, dire qualche piccola cosa contraria.
Se gli tocchi le sue preferenze che siano persone, libri, film, ristoranti o politicanti, ti aggrediscono o minimo se ti va bene, si adombrano e ti scartano.
Siamo diventati un popolo di saputoni che ingoiano acriticamente le meglio porcate diramate dai mass media che officiano giornalmente le loro messe cantate per il lavaggio dei cervelli quotidiano. Un popolo di pecore addormentate sui divani incapaci di pensare autonomamente, come può uscire dalla narcosi e mettere in moto il cervello per fare uno straccio di critica a queste immondizie fatte passare per cultura?
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Chia solo i cittadini più disagiati capiscono,intendono,si lamentano e eee.. non votano per il disgusto.
Un esempio pratico non trovo più ,come una volta,il poter parlare e discutere fra amici a meno che non si sia fortunati che esistano nella zona dei circolo culturali..nooo …son spariti tutti…ora sei solo come un cane e discuti con un cellulare se ne sei capace…La TV poi non ne parliamo nessun accesso e potere per chi paga pure un canone.
I Più disagiati abbandonati e quelli che riescono a campare hanno un futuro incerto visto che attualmente l’anziano,che nella sua vita ha lavorato,pagato le tasse,sudato mille camice, si ritrova oggi ,come anziano, senza assistenza… ecco il riconoscimento di uno stato fattosi carnefice.
E Poi ci si lamenta se i giovani scappano, ma loro lo sanno e ne sono felici perchè hanno risolto il loro problema: risparmiare denaro( che si mettono in tasca) e la disoccupazione.
Le istituzioni pubbliche e le partecipate(per i debiti a carico dello stato) sono indirizzate al “privato”… un privato che se può non paga le tasse…quindi un vero disastro che ha portato il cittadino, erroneamente, a pensare “son tutti uguali”!
Ciao condivido il tuo malumore e siamo già in due,ma sono convinto che ce ne sono molti latri…che se andassero a votare in massa… potrebbero cambierebbe l’andazzo!
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Non sono un’esperto, ho visto molti film e letto anche molti libri ma non posso dirmi un cineasta, quindi per chi volesse abbeverare alla fonte dei titolati: passate oltre.
Bene, ormai siamo ai tempi delle premesse d’obbligo anche qui contagiati, premessa fatta.
Ho letto il romanzo per la prima volta da ragazza, poi l’ho riletto in diverse fasi delle vita e è parte integrante della libreria di famiglia abbracciato dalle diverse generazioni. Ho visto il film di Luchino Visconti un numero incalcolabile di volte trovandolo narrativamente impeccabile, ammirandone i costumi e le scenografie, lo studio delle luci e soprattutto riconoscendogli la capacità di descrivere e far vivere allo spettatore un sentimento di crepuscolo e rinascita, di ironia e dramma, di ingiustizia in entrambi gli schieramenti e un senso profondo di malinconia e di ineluttabilità del male e del compromesso.
Ho visto la seri, nonostante il trailer denunciasse già in poche battute un orribile recitazione e un doppiaggio imbarazzante, ho apprezzato i costumi, le scenografie le ho trovate un po’ dozzinali, pop , a parte i palazzi del Principe di Salina e del circolo cittadino, bellissimi i paesaggi (ma c’è voluta poca fatica perché la Sicilia è stupenda), le musiche sono gradevoli ma potevano risparmiarsi la gettonatissima “Lascia c’io pianga mia cruda sorte” che hanno utilizzato in diversi film in costume (Farinelli ad esempio), la recitazione è da piangere….Rossi Stuart sembra “Il Freddo” di romanzo criminale che scimmiotta Don Fabrizio, Deva Cassel (figlia della Bellucci e di Cassel) ha solo quattro espressioni ma la principale è “imbronciata” e a paragona della Cardinale è insignificante, Saul Nanni ha tolto a Tancredi l’anima scanzonata e mascalzona che gli diede Alain Delon lasciando al personaggio solo un tratto tragico e macchiettistico.
In merito alle demonizzate serie, non credo si debba buttare il bambino con l’acqua sporca, e a parte Gomorra, soprattutto nelle ultime stagioni insopportabile, ce n’è stata più d’una apprezzabile. Ho rifiutato di vedere M perché il battage pubblicitario è stato troppo invasivo e ripetuto…..ci mancava mi citofonassero per farmelo vedere e avevano coperto ogni spazio di “permeazione”.
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“Questi telefilm, oggi, sono studiati per un pubblico che non deve pensare, non deve leggere, non deve capire ma solo ascoltare e guardare”
Nell’articolo si evidenzia un pubblico mediocre ed una volontà “misteriosa” di tenerlo in simili condizioni.
Negli anni della mia adolescenza e giovinezza poi, rimanevo scandalizzato nel constatare che la stragrande maggioranza della popolazione preferisse musica nazional popolare (little tony, celentano, mino reitano).
I gusti “popolari” si chiamano così non a caso.
mondo era e mondo è!
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