La manifestazione di sabato 15 marzo, pensata da un intellettuale da sempre finissimo come Michele Serra, ha un pregio e al contempo un difetto. Il pregio è che, se non altro, interrompe […]

(di Andrea Scanzi – ilfattoquotidiano.it) – La manifestazione di sabato 15 marzo, pensata da un intellettuale da sempre finissimo come Michele Serra, ha un pregio e al contempo un difetto. Il pregio è che, se non altro, interrompe la stasi mentale europea. Il difetto è che, purtroppo, non si capisce bene per cosa si dovrebbe manifestare. Tale aspetto non dipende neanche da Serra, che di mestiere fa lo scrittore e non il politico.

L’idea di Serra, proposta su Repubblica, ha peraltro assunto subito una forza persino eccessiva, a conferma di come l’anestesia neuronale sia ormai tale da trasformare la proposta normale di un intellettuale in irrinunciabile chiamata a raccolta delle menti migliori di un paese inesorabilmente al crepuscolo. Giovedì scorso, nella consueta piacevole chiacchierata con Corrado Formigli a Piazzapulita, Serra ha provato a spiegare meglio i confini della manifestazione di sabato. Ha spiegato che è rivolta ai cittadini e non ai partiti, e che nasce dallo smarrimento che molti provano di fronte a Trump, Putin e all’evanescenza europea. Serra ha poi detto che la sua idea è solo il tentativo di “do something, per dirla con Draghi”: ovvero un semplice e persino umile “fare qualcosa”, un volersi dimostrare vivi a fronte di una classe dirigente troppo spesso improponibile e colpevole. Approccio condivisibile, sebbene il riferimento a Draghi strida un po’ con l’idea di una nuova Europa pacifista, libertaria e addirittura utopica: diciamo che, qualche anno fa, Serra avrebbe forse citato De André o Gino Strada, non certo SuperMario. Serra ha poi aggiunto che “la proposta della Von der Leyen di 800 miliardi a pioggia non è entusiasmante” (a voler essere buoni). Pensieri condivisibili e (più o meno) chiari. Resta, però, la domanda delle domande: sì, okay, manifestare democraticamente va sempre (e fa sempre) bene… ma esattamente sabato per cosa manifestiamo? Quella di Serra, messa così, sembra una onnicomprensiva “chiamata alle armi” (ops) rivolta indistintamente a coloro che si sentono orgogliosamente “europei”: tutto molto bello, avrebbe detto Bruno Pizzul, solo che così (appunto) vale tutto. Messa giù così, la manifestazione diventa una piattaforma troppo larga e quasi pindarica, capace di tenere dentro tanto chi vorrebbe rifarsi ai padri nobili dell’europeismo come Altiero Spinelli come pure i nonnominkia di Macron. E a quel punto l’ambiguità è dietro l’angolo. Come può una manifestazione andare bene tanto a un Tarquinio quanto a un Tajani? La piazza del 15 marzo, a trazione naturalmente pidina anche se rivolta ai “cittadini”, sarà quella del Pd di Schlein (finalmente un po’ critica con Von der Leyen) o di Guerini? L’orgoglio europeista a cui rimanda Serra è quello del pacifismo sincero o dello pseudo-europeismo arrogantemente analfabeta di Picierno? Detta più brutale: Serra pensa a un’Europa tipo Cecilia Strada (magari) o Andrea Romano (con rispetto parlando)?

È qui che risiede il punto debole: capisco voler includere, ma se manifestano tutti non manifesta nessuno. E se il mio europeismo coinciderà sabato con quello di Gasparri o dell’estone guerrafondaia Kallas, allora nel mio piccolo mi incazzerò. C’è poi un altro aspetto che imbarazza, e beninteso qui Serra non c’entra nulla: la smisurata disinvoltura intellettuale di chi, dopo non averne indovinata mezza da tre anni su Russia e Ucraina, non solo ora non fa autocritica, ma sale pure sul carro (armato) della Von der Leyen con l’aria tronfia di chi grida “io ve l’avevo detto”. Anche meno, fenomeni: anche meno. Capisco che ammettere di avere sbagliato sia arduo per molti, ma è davvero insopportabile vedere l’esercito dei Friedman, Foglio, Parsi, Calenda eccetera sfruttare l’idea scellerata della Von der Leyen come copertina di Linus, per mascherare tutte le loro cantonate sparate in 36 mesi di “l’Ucraina vincerà, Putin è finito e Orsini è un coglione”. Di grazia: anche basta, per favore.