La scazzottata tra Trump e Zelensky ha già fatto epoca (purtroppo). Da una parte due pazzi pericolosi e scatenati, il criminale fuori di testa a capo degli Stati Uniti e il suo vice […]

(di Andrea Scanzi – ilfattoquotidiano.it) – La scazzottata tra Trump e Zelensky ha già fatto epoca (purtroppo). Da una parte due pazzi pericolosi e scatenati, il criminale fuori di testa a capo degli Stati Uniti e il suo vice abietto, definito con involontaria propensione comica da Porro “Dj Vance” (evidentemente Porro è convinto che Vance faccia il deejay e, tra una consolle e l’altra al Papeete, nei ritagli di tempo frequenti la Casa Bianca). Dall’altra parte un ex comico platealmente inadatto al ruolo (difficilissimo) che gli è caduto addosso. Il mondo è alla canna del gas e non si vede una via d’uscita che sia una (se non un progressivo avvicinamento all’apocalisse). Se non altro, lo scontro di quattro giorni fa apre nuovi scenari distopici. Dopo la rissa Trump-Vance-Zelensky, potrebbero infatti verificarsi situazioni analoghe anche in Italia. Qualche esempio.
Salvini-Meloni. È noto come i due non si sopportino, anche se la narrazione destrorsa li vuole invece amici per la pelle (come no). Nel libro Fratelli di Chat di Giacomo Salvini si scopre come Salvini venga da anni zimbellato in ogni modo dai meloniani (“bimbominkia”, “miseria umana”, etc). Di contro, Roberto D’Agostino ha sostenuto pubblicamente che Salvini chiami in privato la Meloni “nana bionda” (sic). In tivù non appaiono praticamente mai in contemporanea, ma se accettassero un invito (che so) a Piazzapulita per la stessa puntata, finirebbe come minimo a pesci in faccia. E sarebbe fantastico.
Tajani-Gasparri. Uno scontro tra pesi massimi autentici, che inebrierebbe le masse, registrerebbe record inimmaginabili di share e riscriverebbe la storia dell’inconsistenza.
Fratoianni-Bonelli. In molti non riescono a capire perché un leader preparato e capace come Fratoianni abbia deciso di tenersi in casa – nel ruolo addirittura di co-leader! – uno sfollaconsensi così politicamente evanescente come Bonelli. Uno scontro tra i due sarebbe non solo giusto, ma ancor più auspicabile. Va però detto che, essendo Bonelli politicamente inesistente, scontrarsi con lui risulterebbe impossibile, perché Fratoianni si ritroverebbe di fatto a parlare da solo.
Renzi-Calenda. Tenendo conto del carattere oltremodo fumantino di Calenda e dell’arroganza foderata di nulla di Renzi, sarebbe un duello imperdibile. E considerando la fase attuale di Calenda, un po’ Fight Club e un po’ Ispettore Callaghan, il leader (si fa per dire) di Italia Viva (si fa sempre per dire) ne uscirebbe mediaticamente maciullato tipo Larry Holmes col giovane Mike Tyson. Sarebbe sublime. Il giorno che succederà, giuro che mi candiderò come ministro della Cultura e del Cazzeggio per Azione.
Conte-Schlein. Qui c’è poco da immaginare, perché lo scontro – sebbene in versione slow motion e finto garbata – va avanti da anni. Le distanze ci sono, in alcuni casi pure profonde (per esempio sul conflitto ucraino), ma questa corsa al dividersi – praticata anzitutto dai troppi renziani ancora dentro il Pd – fa gioco alla destra. E stronca sul nascere le residue speranze di uscire da questa palude di guano puro distillato. Continuiamo così, facciamoci del male.
Vannacci-Bandecchi. Più che uno scontro, una gigantesca gara di rutti e peti. Soprattutto mentali.
Parenzo-Cruciani. La Zanzara, ultima puntata della avvincente saga. Cruciani ripete a Parenzo di essere un “coglione pavido”. Parenzo rilancia definendo Cruciani un “qualunquista becero e paraculo”. Gli animi si surriscaldano. Volano parole sempre più grosse. Partono i cazzotti. Gli sputi. I calci. La situazione degenera inesorabilmente. All’apice dello scontro, accade l’irreparabile: in un estremo atto antidemocratico e situazionista, Cruciani decide di lavarsi per la prima volta i capelli, dopo dodici anni di orgogliosa sugna tricologica. A quel punto Parenzo, colpito nel vivo, per rappresaglia diventa filo-palestinese e fonda un fan club di Orsini. Sipario.