(Giuseppe Di Maio) – Abbiamo dovuto sopportare un’ennesima sequela di menzogne. L’on. Garnero Santanchè, non ha provato a difendersi, ma ha attaccato i suoi accusatori nelle loro certezze politiche: “…io sono l’emblema di tutto ciò che detestate, lo rappresento plasticamente. Voi non volete combattere la povertà, volete combattere la ricchezza”. Una riedizione sfacciata e inaudita della berlusconiana “invidia di classe”. Purtroppo quanto è successo non sarebbe né una “demarcazione antropologica” come l’ha definita Giannini (che potrebbe semmai essere un confine morale) e né una scelta politica profonda: “…siamo coloro che hanno deciso di combattere la disonestà”, come ha tuonato, pur non avendo voce per farlo, Giuseppe Conte. Quanto è successo è una linguaccia lunga quanto la nostra civiltà: “Sto mentendo, sto rubando, la gente è con me (perché è come me), e voi non ci potete fare un bel niente!”

Il vangelo della destra è semplice, ma non pare che sia stato capito dai suoi avversari. Mentre la politica in teoria sembra impegnata a costruire regole di convivenza e, mentre pare che l’esito dello scontro sia deciso tra chi ne crede più importanti certune che non cert’altre, da tempo la sostanza profonda della destra è il superamento a piè pari delle regole, lo sbeffeggiamento delle fedi, a vantaggio del proprio tornaconto e della propria tribù. Non ci sono altre idee. E’ inutile farsi prendere in giro dal credo “legge e ordine”, o da quello della “destra sociale”. Le destre di tutto il mondo lavorano per accrescere la disuguaglianza, irridendo patti e Costituzioni, regole e principi, dottrine e morali, meriti e capacità. Hanno trovato in quella che ci ostiniamo a chiamare Democrazia, il sistema migliore per ottenere quanto pretendono. Hanno capito che una democrazia senza demos lascia ai senza scrupoli mano libera sull’intera società, specie se gli altri continuano a farsi problemi etici per raggiungere i loro obiettivi; specie se gli avversari mirano a traguardi diversi lasciando unicamente alle destre la compattezza e le alleanze delle cricche ladresche.

Se da un lato si magnifica la furbizia come la più alta virtù sociale, sarà tempo che dall’altra si cominci ad aver pietà della moralità vilipesa, e non più solo della mera povertà dei beni materiali. Oltre ai poveri, dovremo difendere gli onesti, calpestati nel carcere duro della menzogna e dell’ irrazionalità. E se questo significa fare a meno per un certo tempo della democrazia, poco male. Anche Marx in fin dei conti aveva pensato a una dittatura prima del socialismo.