
(di Massimo Gramellini – corriere.it) – «Dottore, perdoni il disturbo». «La sento in ansia: che succede?». «Una personalità autorevole di cui mi fido ciecamente, il ministro Lollobrigida, ha detto che l’abuso d’acqua può portare alla morte». «Ha ragione. Lo raccomando sempre ai miei pazienti: specie dopo una certa età, meglio fare nuotate brevi e non allontanarsi troppo dalla riva». «Ma cos’ha capito? Si riferiva all’acqua da bere. Dice che, oltre i reni, può danneggiare cuore e cervello. Secondo lui, che ne deve aver parlato con il collega della Giustizia, non esiste differenza tra l’acqua e il vino».
«E il miracolo delle nozze di Cana?». «Non divaghi, dottore, e segua il ragionamento del signor ministro: se i burocrati europei vogliono scrivere sulle etichette che il vino fa male, dovrebbero scriverlo anche sulle bottiglie d’acqua». «…». «Dottore? È ancora lì?». «Ero andato a bere un bicchier d’acqua: per riprendermi».
«Ma davvero l’acqua può uccidere?».
«Certo, se lei ne ingurgita a garganella cento litri presi dal frigo, mentre sta digerendo un montone… Persino l’aria, a respirarne troppa ci si gonfia come una rana. O come un ministro. Tutto può far male, anche quel che fa bene». «Sembra di sentire Lollobrigida!». «Ma dipende dalle dosi. Due bottiglie d’acqua non equivalgono a due di vino. Il ministro questo lo ha detto?». «Sicuramente, ma sarà stato censurato». «Ah, ecco. Però sono d’accordo con lui che andrebbe evitato ogni abuso. A cominciare da quello della credulità popolare: il più pericoloso per la salute».
Parafrasando un modo di dire meridionale, molto esplicativo, si potrebbe dire che l’ex cognato della presidentessa sia un grande ministro, un ministrone pieno d’acqua, però.
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