L’esito delle elezioni inaugura un nuovo capitolo della storia tedesca. Si chiude definitivamente il lungo periodo del dopoguerra, segnato dal peso della colpa per lo sterminio e dal […]

(Di Donatella Di Cesare – ilfattoquotidiano.it) – L’esito delle elezioni inaugura un nuovo capitolo della storia tedesca. Si chiude definitivamente il lungo periodo del dopoguerra, segnato dal peso della colpa per lo sterminio e dal tentativo, mai pienamente riuscito, di riunificare Est e Ovest, e si apre una nuova epoca che presenta già molte incognite e molte incertezze. Basta per questo guardare la composizione del futuro Parlamento. Raddoppia i consensi Afd, si afferma la Cdu-Csu di Merz, mentre affonda l’Spd di Scholz che paga le numerose ambiguità. Scompaiono formazioni storiche come i liberali, mentre i Verdi scontano gli errori compiuti in questi anni, primo fra tutti una politica estera forsennatamente bellicista. Le urne premiano Die Linke, il partito della sinistra votato soprattutto dai più giovani. Comunque andranno le consultazioni, Afd avrà certamente un’influenza e un’autorità che difficilmente saranno pregiudicate da un “cordone sanitario” sempre più lacerato. È possibile, anzi, che proprio dall’opposizione riuscirà a incidere sulle scelte della politica tedesca.

Non basta dolersi perché nel Paese europeo dove è nato il nazionalsocialismo, possa risorgere in questa misura una forza politica in linea di continuità con quei valori. Ma forse è venuto il momento di interrogarsi sui motivi che hanno portato tanti tedeschi a votare Afd, non solo a Est, ma anche a Ovest con percentuali considerevoli. Si tratta in gran parte di ceti poveri o impoveriti, afflitti dalla mancanza di lavoro, preoccupati per la difficoltà di mantenere un decente livello di vita, inquietati dal futuro.

È stato spesso indicato il tema dell’immigrazione, che certamente ha svolto un ruolo importante, mentre si passa invece sotto silenzio la guerra d’Ucraina. Eppure, è proprio dal crescente malumore verso la politica estera che Afd ha attinto consensi. Come dimenticare Nord Stream 2? Il gasdotto, decisivo per l’economia tedesca, fu mandato in pezzi nel settembre 2022 da un gruppo di sabotatori ucraini. Al di là della fosca vicenda, appariva chiaro già allora che proprio la Germania era il bersaglio della politica estera statunitense. E una Germania indebolita significa anche un’Europa in frantumi.

Uno dei risultati più evidenti della guerra d’Ucraina – comunque andranno i negoziati – è l’interruzione della Ostpolitik che, in forme diverse, la Germania ha perseguito con forza sin da 1946. Ciò che restava dell’industria tedesca poteva trovare respiro solo grazie alle risorse energetiche russe. Cambiavano i governi, ma restava questa direzione, fino ad Angela Merkel.

La carica esplosiva che squarcia il gasdotto non è solo simbolica. Lì per lì in Germania si tace, ma Afd sa trarne profitto. È filoputinismo? Si tratta di un giudizio sbrigativo che vieta di capire i grandi cambiamenti di questi ultimi anni. Subito dopo l’aggressione russa i partiti tradizionali votano con entusiasmo per il riarmo, plaudono alle scelte della Nato senza fermarsi a riflettere sui risvolti interni. Crisi energetica e recessione sono alle porte, ma si fa finta di non vederle. Il suicidio si consuma grazie all’ottusità di una classe politica tanto legata alla dirigenza di Bruxelles quanto scissa e separata dal Paese. Si apre così la strada ad Afd che ha la capacità di convogliare e guidare risentimento, malumore, rabbia. Che ne è degli interessi tedeschi? E del futuro della Germania? Se dopo il 2015, e l’ingresso dei siriani, l’immigrazione poteva ancora essere gestita, con il nuovo scenario di guerra si scatena un effetto domino. C’è una Germania che non ha mai dimenticato la sconfitta bruciante del 1945, quando la più grande potenza militare e industriale aveva ormai in mano le redini del Vecchio continente, e c’è la Germania dell’ex Ddr che non ha mai accettato l’effettivo declassamento. Ma gli spettri del passato ricompaiono in carne e ossa per la miopia di chi nel presente ha responsabilità politiche.

Lo scenario che oggi si apre è di grande instabilità soprattutto a causa del freno all’indebitamento che paralizza l’economia. Per superarlo occorre cambiare la Costituzione, il che è possibile solo con i due terzi del Parlamento, cioè con i voti di Afd. Verrebbe meno così il cordone sanitario. Si prevede inoltre che la maggior parte dei fondi sarebbe investita nel riarmo. A volerlo sono quasi tutti i partiti tradizionali, in testa la Cdu di Merz. L’alternativa sarebbe la proclamazione da parte del governo di uno “stato d’emergenza” per eliminare il freno. In entrambi i casi diventa decisiva Afd. E Alice Weidel è oggi ben consapevole del suo potenziale. Può contare peraltro su un’opinione pubblica che – nonostante il successo della Linke – è sempre più spostata a destra.

Lo scenario non potrebbe essere, dunque, più inquietante: una Germania armata fino ai denti con un forte partito neonazista. Ma l’Europa non era forse nata per evitare tutto ciò?