Da Meloni fino a Trump – L’anticipazione. Ecco un estratto di “Libera Università”, il nuovo libro di Tomaso Montanari

(Di Tomaso Montanari – ilfattoquotidiano.it) – Ciò che distingue l’università da ogni altra scuola e da ogni altro istituto scientifico è che in essa non c’è didattica senza ricerca, e non c’è ricerca senza didattica. È in questo nesso profondo che risiede ciò che potremmo chiamare il carattere distintivo della comunità universitaria come ‘comunità del non consenso’: i professori sono, per natura, critici, dissenzienti, incapaci di stare contenti al quia imposto dal potere. Vengono pagati per questo: per interrogarsi continuamente su come sappiamo ciò che crediamo di sapere, verificare come stanno davvero le cose, farsene un’idea personale, comunicarla alla comunità scientifica e quindi condividerla a lezione. E questo è vero sia che studino tavole dipinte medioevali, sia che studino nanoparticelle. Da qui la vitale necessità di un’unica garanzia: quella (nelle parole di Luigi Einaudi) di “una assoluta libertà, anche la libertà, nel campo del pensiero, della ribellione a tutti i principi universalmente accolti e a tutte le istituzioni esistenti”…
Umberto Eco ricorda che “l’università rappresenta da sempre un pericolo per ogni genere di dittatura”: per questo, quando un governo attacca l’università con l’intensità e la sistematicità di quello italiano di oggi, non si può stare tranquilli a guardare. I manganelli contro gli studenti delle scuole, le querele contro gli intellettuali scomodi, i dirompenti interventi della presidente del Consiglio contro singoli intellettuali, le mani sulla televisione pubblica e l’occupazione della cultura pubblica, l’incetta di giornali e agenzie di stampa da parte di imprenditori vicini al potere, una legge da Stato di polizia (il ddl 1660) che criminalizza le proteste: è facile vedere, in questi e in molti altri gravi sintomi, l’allergia di questo governo, il primo guidato da un partito di matrice fascista, al dissenso in ogni sua forma. Ed è in questo contesto che si colloca anche l’attacco alla comunità del non consenso per eccellenza, quella degli studi: l’attacco a un insegnamento che è libero (e come tale è tutelato dalla Costituzione), e che proprio per questo fa paura a un potere che sta trasparentemente perseguendo un disegno autoritario.
E c’è un altro motivo per cui l’università è particolarmente invisa ai governi dell’estrema destra di oggi, da Trump a Orbán, ed è (seguiamo ancora il filo del discorso di Eco) il suo essere “un terreno condiviso su cui verificare e comparare ogni differenza portatrice di ricchezza. L’università è l’unico luogo in cui si può applicare correttamente un approccio unificato alla diversità”. Se il pluralismo è il nemico politico di questa destra autoritaria, la diversità ne rappresenta il principale nemico culturale: le differenze di genere, di orientamento sessuale, di cultura, di religione, di visione del mondo, di colore della pelle sono avvertite come pericoli, minacce, naturali bersagli. Per una destra che, nel discorso pubblico, sostituisce sistematicamente la parola “nazione” alla parola “repubblica”, e che resuscita lo spauracchio della sostituzione etnica, una università capace di insegnare a comprendere l’altro, e dunque capace di insegnare l’amore per la diversità e la coabitazione di culture diverse, è evidentemente un pericolo.
Difendere l’università non significa difendere una corporazione, né un paradiso: ma una comunità plurale e imperfetta, con moltissime cose da cambiare. Significa difendere l’idea che solo l’università può cambiare l’università, e che ogni intromissione del potere esecutivo ne distrugge la libertà, e dunque la stessa ragion d’essere. Una università che deve rimanere non controllabile: per poter continuare a rappresentare un limite, e appunto un salutare pericolo, per ogni potere che abbia la tentazione di calpestare l’equilibrio della democrazia, diventando totale: anzi, totalitario.
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bellissima! Chapeau!
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