La crisi – Il movimento fra élite e pensiero radicale. Aggressività e classismo, le nuove icone in difesa delle donne tra scivoloni, fraintendimenti e perquisizioni

(Di Selvaggia Lucarelli – ilfattoquotidiano.it) – Qualche giorno fa sul Fatto ho scritto di come l’era Trump stia ridisegnando la maschiosfera con risvolti misogini e machisti, ma l’aspetto più interessante e per certi versi preoccupante è che questa corrente culturale, in Italia, coincide con una profonda crisi del femminismo 2.0. E il fatto che tutto questo accada col governo Meloni non è una buona notizia.
Il femminismo delle attiviste digitali, delle mobilitazioni online, delle figure di riferimento delle istanze femministe ha toccato l’apice della sua influenza col caso Cecchettin, poco dopo la morte di Michela Murgia. Ma è proprio dopo la morte dell’indimenticata scrittrice che sono iniziati i problemi. Murgia era una figura centrale del femminismo, nonché il più solido riferimento di altre attiviste spesso in polemica l’una con l’altra e che Michela, solo Michela, riusciva a far convivere nella stessa stanza. A distanza di un anno e mezzo posso affermare con certezza che è in atto non solo un evidente processo di balcanizzazione del femminismo, ma che il trono vuoto ha favorito l’avanzata di un femminismo sgangherato, caotico e ideologico che non ha portato nulla di buono. Siamo passati da Elena Cecchettin che prendeva in prestito le parole della femminista Carlotta Vagnoli per commentare il femminicidio della sorella Giulia alla lettera del femminicida Impagnatiello dal carcere a Giuseppe Cruciani, utilizzato come megafono e portavoce. Un passaggio mediatico simbolico, che racconta quanto sia cambiata l’aria. Il caso Caffo, ad esempio, è emblematico per più di una ragione. L’ormai famoso invito di Chiara Valerio al filosofo accusato di violenza sulla sua ex (poi condannato) ha reso evidente non solo la doppia anima di Valerio (migliore amica di Murgia e accanto a lei in molte battaglie), ma ha raccontato una enorme frattura all’interno delle diverse correnti. Da una parte l’amichettismo in salsa femminista rappresentato dai Valerio, Saviano&C., dall’altra il femminismo radicale delle “attiviste” Carlotta Vagnoli, Valeria Fonte e altre. Vagnoli in particolare ha attaccato frontalmente Valerio per la sua scelta su Caffo, rimproverandola di incoerenza e puntando il dito contro “il circolo culturale” che l’ha difesa. Questa crepa tra due figure così in vista nell’ambiente, racconta una debolezza molto più ampia del femminismo 2.0 in Italia. E cioè il fatto che da una parte esista un femminismo elitario, da salotto, che sposa solo cause che coinvolgano nomi di politici o nomi intellettualmente spendibili. E che è garantista solo con i suoi amici intellettuali. Dall’altra c’è un femminismo estremista e disordinato, a tratti violento, che non conosce sfumature. Quando la femminista Giulia Blasi, su Valigia Blu, si lancia in un improbabile, crudele accostamento tra il caso Trocchia/Giudice (i giornalisti accusati di aver dato un bacio senza consenso a una collega, la cui posizione è stata definitivamente archiviata) e il caso Gisèle Pélicot (drogata e abusata per anni da decine di uomini tra cui suo marito), il “sorella io ti credo” perde ogni forza, perché si è persa l’onestà intellettuale. E la si è persa quando si decide che ci sono vittime di serie a e b.
La vittima Giulia Cecchettin, sostenuta da una famiglia culturalmente preparata, è diventata il simbolo del femminismo. Sophie Codegoni, ex concorrente di Uomini e donne, che ha coraggiosamente denunciato il suo ex per stalking è stata totalmente ignorata. E questo nonostante sia diventata il bersaglio dell’ex che – dopo l’arresto e la scarcerazione – ospitato dai maschi di turno in podcast e programmi radio, ha ipotizzato che possa essere drogata o che abbia una vita sessuale vivace. Quando Carlotta Vagnoli, senza alcuna conoscenza giuridica, attacca i giudici che hanno condannato “solo” all’ergastolo Turetta, ma non lo hanno condannato per stalking (perché non c’erano le basi per condannarlo), riduce le giuste istanze femministe a pericolosa demagogia. Contribuendo a innescare odio verso le istituzioni e pure verso il povero avvocato di Turetta, già minacciato tramite buste contenenti proiettili. E di ancor più pericoloso ci sono i call out su Instagram organizzati sempre dalla stessa frangia del femminismo più estremo contro il malcapitato di turno, Vagnoli in testa. La femminista radicale Valeria Fonte, proprio due giorni fa, pubblicava delle storie in cui annunciava che andrà a vedere stanze in affitto in compagnia di “alcune compagne e oggetti contundenti”. La stessa Fonte per cui “non c’è donna che non abbia vissuto almeno uno stupro nella vita”. Che scrive della necessità del ritorno alla “lotta armata”. O che ritiene i gentleman “sessisti benevoli”. O che annuncia il suo nuovo libro scrivendo “La gente si aspetta un libro di retorica e invece sarà un libro dove la retorica incentiva al maschicidio”. O che sul suo Instagram ha pubblicato quella che secondo lei era una lista di “abuser” (stupratori, molestatori, manipolatori) tra giornalisti, cantanti e divulgatori. Nomi molto noti, buttati lì senza uno straccio di prova, un’inchiesta, una denuncia. Breve inciso: proprio ieri, Carlotta Vagnoli e Valeria Fonte hanno pubblicato delle storie su Instagram in cui affermano di aver subito una perquisizione in casa. Non è escluso che questa fame di “maschio al rogo” non le abbia creato degli inevitabili problemi. Detto ciò, il femminismo pop – quello della divulgazione online e dell’attivismo 2.0 – ha bisogno di ritrovare una direzione che non è quella dell’“io ti credo anche se menti”, dell’“io ti credo perché i maschi sono tutti stupratori”, dell’“io ti credo perché sei un mio amico intellettuale” e “dell’io ti credo ma sei uno scarto di Uomini e donne quindi te la sbrighi da sola”. Serve un processo di analisi, autocritica e consapevolezza. E bisogna darsi una mossa, perché i maschi, in questo momento, sono decisamente più forti, più aggressivi. Più organizzati. E perché il clima culturale è dalla loro parte.
Non ho capito.
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non ti scervellare, è che non aveva niente da fare.
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🤭😄
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Bastavano due righe: con lòe donne al governo si fanno più guerre che con gli uomini!
Contorcimento di budelle!
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Pare che le magagne della teoria femminista ci sono carnefici da una parte e vittime dall’altra, stiano venendo alla luce senza possibilità di nasconderle.
Se è per questo, Elena Cecchettin è veramente improponibile come persona un minimo affidabile in quel che dice. La nonna che ha presentato un libro 10 giorni dopo l’omicidio della nipote Giulia è semplicemente raccapricciante.
E il babbo?
Beh, lasciamocelo dire da… Pubble.
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