Il libro – Esce “Potevi pensarci prima” di Sportiello, la deputata 5S che rivelò il suo dramma in aula

Esce oggi per Rizzoli “Potevi pensarci prima” di Gilda Sportiello, deputata 5S. Il libro sarà presentato a Roma il 29 gennaio alle 18.30 alla Libreria Mondadori nella Galleria Sordi

(Di Gilda Sportiello – ilfattoquotidiano.it) – Non si riesce a comprendere fino in fondo la dimensione del problema dell’obiezione di coscienza in Italia se non ricorrendo ai dati. Dunque, partiamo dai dati che abbiamo. Dall’ultima relazione del ministero della Salute si evince che nel 2021 il 63,4 per cento dei ginecologi erano obiettori di coscienza, mentre erano obiettori il 40,5 per cento degli anestesisti e il 32,8 per cento del personale non medico. Facciamo qualche esempio concreto per cercare di avere maggiore contezza dell’entità del problema. Nelle Marche il 71 per cento dei medici e delle mediche pratica l’obiezione di coscienza; in particolare se qualcuno a Jesi volesse sottoporsi a un’ivg (dati aggiornati al 2023) dovrebbe necessariamente spostarsi, perché undici medici su undici sono obiettori. In Campania, secondo l’ultima relazione ministeriale, la percentuale è del 79,6 per cento, in Puglia dell’80,6 per cento, in Basilicata del 78,6 per cento. In Sicilia va anche peggio: l’85 per cento dei ginecologi si dichiara obiettore di coscienza in Molise, nel 2021, c’erano solo due medici non obiettori in tutta la regione in un’unica struttura. Ancora oggi c’è un solo ospedale in tutta la regione in cui è possibile effettuare l’interruzione volontaria di gravidanza.

Siamo evidentemente ancora molto lontane dalle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, che nel 2022 ha diffuso le sue linee guida per l’interruzione volontaria di gravidanza, allo scopo di prevenire i 25 milioni di aborti non sicuri che si registrano nel mondo ogni anno. Se leggendo l’espressione “aborti non sicuri” vi sono venuti in mente solo interventi praticati con stampelle, ferri da maglia, pezzi di ombrello, sappiate questo: “Secondo l’Oms, tra i principali ostacoli all’accesso ad un aborto sicuro e rispettoso si trovano i costi elevati, lo stigma per chi lo richiede e per il personale sanitario che lo pratica, il rifiuto degli operatori sanitari di effettuare la procedura sulla base della coscienza personale o del credo religioso, leggi e requisiti restrittivi che non sono giustificati dal punto di vista medico (tra cui la criminalizzazione dell’aborto, i periodi di attesa obbligatori, la fornitura di informazioni o consulenze di parte) e le restrizioni relative al tipo di operatori sanitari o di strutture che possono fornire servizi abortivi”. In sostanza, una breve sintesi di ciò a cui va incontro la quasi totalità delle persone che in Italia decide di voler mettere fine a una gravidanza indesiderata.

Nell’immaginario collettivo la volontà di interrompere la gravidanza è fuori dalla sfera della tutela della salute perché il pensiero recondito di molti è che si tratti di una concessione. Diritti confusi volutamente con gentili concessioni: un gioco che non può e non deve reggere più. Chi la pensa così, però, non aggiunge che la nostra libertà è la libertà di decidere sul nostro corpo e sulla nostra vita, mentre quella del personale sanitario obiettore è la libertà di decidere sul corpo e sulla salute di un’altra persona. Il problema dell’obiezione ovviamente si incontra solo quando parliamo dell’apparato riproduttivo femminile. Torniamo inesorabilmente alla questione centrale della nostra società: l’uomo può scegliere, senza essere giudicato, di non voler ricoprire il ruolo di padre, la donna no.