(di Michele Serra – repubblica.it) – Questo Pete Hegseth, che Trump indica come capo della Difesa americana tra lo sbalordimento di chi ancora ha la forza di sbalordirsi, ripropone, pari pari, tutti i tratti fondamentali della classe dirigente — si fa per dire — della nuova destra populista mondiale. Sembrano fatti con lo stampino.

Il tratto principale è il vittimismo. Si dicono sempre vittime di qualche congiura o qualche complotto, meglio se giudiziario, dal quale si sono salvati solo appellandosi alla propria forza di carattere. Hanno avuto problemi con le donne (per meglio dire: alcune donne li hanno avuti con loro) ma sono tornati sulla retta via grazie a quella santa donna della moglie e, nel caso di Hegseth, anche grazie a Gesù (non ce n’è uno che non si professi fervente cristiano).

Dicono cose molto aggressive e insultanti, ma imputano alla tirannia del politicamente corretto il fatto che qualcuno possa considerarle aggressive e insultanti; così come attribuiscono all’odiato femminismo le accuse di molestie (Trump, anche in questo, è il loro leader indiscusso). Accusano i dem di avere tradito il popolo, del quale si professano membri qualunque sia il loro livello sociale e il loro conto in banca, ma come rimedio venerano e votano leader ricchi sfondati.

Odiano i media, mendaci e schiavi dell’establishment, e si fidano solo degli influencer di destra, poco importa con quale grado di attendibilità — vedi l’allucinata deriva del deposto presidente sudcoreano, i cui supporter, come è giusto che sia, indossano in corteo il cappellino di Trump.

Se c’è un ingrediente inesistente, nel cocktail psicologico e ideologico di questi signori, è la serenità. Forse per questo sono i protagonisti indiscussi di un’epoca poco serena.