La sua intuizione: “Bisogna parlare alle masse ignoranti perché da loro scoccherà la rivolta”

Luca Marinelli in "M - Il Figlio del Secolo"

(di Michela Ponzani – repubblica.it) – Non ha motivo di dolersi Luca Marinelli, attore di immenso talento, chiamato alla prova forse più difficile (non solo della sua carriera): dare un volto e una voce a M. Il figlio del secolo. Di certo il suo è stato un “viaggio emotivamente complesso”, ma in un Paese che da sempre si autoassolve e si discolpa per la pagina più nefasta del suo passato, c’è sempre bisogno di un po’ di storia. Soprattutto oggi che le campagne di disinformazione si combattono a suon di algoritmi e avvelenare i pozzi delle nostre fragili democrazie è diventato un gioco da ragazzi.

Del resto nel suo Verità e politica Hannah Arendt ci aveva messo in guardia: «Chi è capace di influenzare l’opinione pubblica, manipolando le coscienze, ha davvero le chiavi de potere». Basta riversare sui social valanghe di insulti e parole d’odio, incitare alla violenza, soffiare sul fuoco della discriminazione e all’occorrenza ricorrere all’estremismo neonazista. Ma Elon Musk o i suprematisti bianchi (negazionisti della Shoah o delle libere elezioni), non hanno inventato niente.

Il vero genio nel teatro della comunicazione di massa, è stato Benito Mussolini. Uno sconosciuto di 29 anni che al congresso del partito socialista di Reggio Emilia, nel 1912, è capace di far fuori leader dal pedigree molto più nobile del suo. Un oratore di scatto, d’istinto, aggressivo e spregiudicato, capace di incantare lo stesso Lenin. Le sue sono frasi secche, lapidarie, e i suoi potenti occhi scuri lasciano attoniti.«Il proletariato non ha patria», «le nazioni sono una finzione borghese». La sua penna da rivoluzionario antiriformista è baciata dal signore; il culto della violenza di George Sorel e Vilfredo Pareto è ossigeno dei tempi moderni.

È lui ad avere l’intuizione geniale: col Novecento è finito il tempo dei salotti o dei circoli, con notabili abituati a discutere dei conti dell’amministrazione pubblica, fra eruditi di pari livello, con ragionamenti colti e pacati. È alle masse ignoranti che bisogna parlare, perché da loro scoccherà la scintilla della rivolta. Aggressivo, diretto (secondo solo a D’Annunzio), nelle radiose giornate di maggio del 1915 i suoi slogan infiammano le piazze interventiste, quando gli italiani si sparano addosso per decidere se entrare in guerra a fianco delle potenze dell’Intesa.

L’astro nascente dell’Internazionale socialista (nel frattempo cacciato dalla direzione de l’Avanti!) inizia così la sua metamorfosi: nemico giurato della monarchia, convinto antimilitarista, si trasforma nel più abile esegeta del conflitto, fedele servitore del re. Il mio diario di guerra (pubblicato a puntate su Il Popolo d’Italia) crea un racconto epico delle trincee sul Carso e sul Piave, o meglio una colossale fake news: quella del caporal Mussolini, combattente in armi, che però il fronte l’ha visto dal letto d’ospedale, grazie a una ferita che lo salva dal fuoco nemico.

Il fascismo (la sua creatura) è il frutto avvelenato della Grande guerra. Fondati a Milano il 23 marzo 1919, i fasci di combattimento conquistano ex arditi e soldati sbandati; ma anche tanti figli della media borghesia, dinamici, spavaldi, infatuati dall’odio. Ragazzi che vogliono indossare la camicia nera, per annientare “il nemico interno”: socialisti, anarchici, disfattisti e traditori della nazione.

Mussolini, l’istrione è capace di “fiutare il vento”; e in una società agitata e turbolenta, che vede nemici ovunque, nulla è più facile che solleticare nevrosi e paure inconsce. La psicosi del “pericolo rosso”, contagia tutti. Persino autorevoli esponenti della borghesia liberale come Giovanni Giolitti (che i fascisti li porta in Parlamento) o Francesco Saverio Nitti, pronti a sostenere gli squadristi, i “figli migliori della nazione”, che salvano il Paese dall’ordalia bolscevica.

Costruire ad arte false notizie per poi presentarsi all’elettorato come leader moderato. Il salvatore della Patria pronto a inginocchiarsi al Vittoriano, dinanzi al milite ignoto. Mussolini manda in frantumi lo Stato liberale con la minaccia di un’insurrezione armata, che è solo una roboante farsa mediatica, una clamorosa messa in scena.

E oggi che il fascismo è morto e sepolto M parla ancora al nostro tempo. Specie quando la destra ultranazionalista e xenofoba, seguace del sovranismo, si dimostra molto abile nel governare le paure (reali e inconsce) delle masse. E le fake news, sono il suo pane quotidiano.