Il decreto prevede che sia consentito scendere sotto quota 8,5. E il nuovo codice della strada spinge a bere sempre meno

(di Antonio Scuteri – repubblica.it) – Sarà l’anno del vino dealcolato? È ancora presto per dirlo, ma le premesse in questo inizio 2025 ci sono tutte. La prima è legislativa: con la pubblicazione delle disposizioni attuative del decreto firmato lo scorso 18 dicembre dal ministro Francesco Lollobrigida cade anche in Italia il divieto di definire “vino” una bevanda con un tenore alcolico inferiore agli 8,5 gradi. Che quindi potrà essere legalmente prodotta e commercializzata. La seconda premessa è contingente, e di stretta attualità. Le rigidissime nuove norme del codice della strada, con sanzioni-batosta per chi viene trovato alla guida in stato di ebbrezza, stanno già incidendo sui consumi: le associazioni dei ristoratori parlano di un 50 per cento di riduzione di bottiglie stappate nei locali. L’alternativa del brindisi no e low alcol diventa quindi più sempre più appetibile (e in alcuni casi obbligata). La terza motivazione arriva, infine, da una tendenza in atto già da anni: soprattutto tra le generazioni più giovani il vino è sempre meno di moda, sostituito nelle abitudini da bevande con minore contenuto alcolico.

I contrari
Alle nuove regole si è arrivati dopo anni di polemiche e dibattiti accesi, che hanno diviso le associazioni di settore (e ovviamente la politica) tra favorevoli e contrari. In particolare, dopo che un primo via libera legislativo era stato dato dall’Unione Europea nel 2021. Sulle barricate soprattutto Coldiretti, che senza mezzi termini sosteneva che i dealcolati avrebbero “messo fortemente a rischio l’identità del vino italiano ed europeo”. E sulla stessa lunghezza d’onda era lo stesso ministro Lollobrigida, che da palco dell’ultimo Vinitaly tuonava: “I produttori facciano i dealcolati, se credono, ma non si possono chiamare vini”. Resta dubbioso l’imprenditore e produttore Joe Bastianich: “A livello tecnico l’alcol è elemento essenziale anche ai fini della conservabilità e dell’invecchiamento”.
Negli ultimi mesi però il processo ha subito una repentina accelerazione, quasi obbligata dalle pressioni europee, fino al via libera di questi giorni. Ma cosa prevedono, nel dettaglio, le nuove norme che nel giro di qualche anno potrebbero rivoluzionare il mondo del vino? Sulle etichette si potrà usare il termine “vino dealcolato” (e non più dealcolizzato come era previsto nella prima, più restrittiva, bozza del decreto). Con questa definizione si intendono vini con un tenore alcolico non superiore allo 0,5. Quelli tra 0,5 e 8,5 dovranno invece essere etichettati come “parzialmente dealcolati”. Oltre gli 8,5 si ritornerà invece nel mondo del vino come lo abbiamo sempre conosciuto. Ma attenzione: il processo di riduzione del tenore alcolico non si potrà applicare a tutti vini: sono esclusi dal procedimento i vini Igt, Doc e Docg, cioè quelli (almeno in teoria) di maggiore qualità, e in quanto tali tutelati. Per il resto via libera su tutto, come recita il regolamento: “È possibile ridurre parzialmente o totalmente il tenore alcolico dei vini, dei vini spumanti, dei vini spumanti di qualità, dei vini spumanti di qualità di tipo aromatico, dei vini spumanti gassificati, dei vini frizzanti e dei vini frizzanti gassificati”.
La caduta del divieto in Italia
Finora il processo di dealcolizzazione era vietato in Italia, e i produttori interessati erano costretti a spedire il loro vino da trattare negli stabilimenti di Germania e Austria, dove invece era già consentito. Con un aumento dei costi quindi difficile da sostenere. Ora non sarà più così, e ogni cantina potrà, se lo vuole, avere un proprio impianto, e di conseguenza adottare dei prezzi più sostenibili che, si presume, favoriranno l’allargamento del mercato. Anche se è più probabile, visti gli elevati costi degli impianti (si parte da 300 mila euro), che molte cantine di piccole dimensioni si rivolgeranno ad aziende che svolgeranno il lavoro conto terzi.
La differenza con gli alcol free
Infine, una precisazione: attenzione a non confondere i vini dealcolati con quelli alcol free. I primi sono a tutti gli effetti vini, ai quali viene tolta, tramite processi fisici e chimici, la quasi totalità del contenuto alcolico. I secondi invece sono, di base, mosto d’uva nel quale la fermentazione viene bloccata sul nascere, impedendo così la trasformazione degli zuccheri in alcol.
Oh finalmente!!!!!!!
aspettavo questo argomento da capodanno.
Avendo smesso di bere , quest’anno ho deciso di stappare con un riesling analcolico chiamato ‘virgola zero”.
Ho letto delle recensioni che lo davano per decente e ( anche se costava un botto, 12 euro quasi come una bottiglia di Cartizze DOCG) ho deciso di dargli fiducia.
MAI PIÙ!!!!!!!
Dopo averne bevuto un sorso, ho versato il rimanente nel lavandino.
Gli “aromi fruttati” di cui parlavamo le recensioni mi sono arrivati alle papille gustative come un ‘acqua minerale tipo ferrarelle bevuta da un bicchiere dove per sbaglio doveva essere rimasto un pò di nelsen piatti .
Forse per “fruttato” intendevano riferirsi all’acido citrico presente nel detersivo…..🤔
Ad ogni buon conto, se sarò ancora vivo, festeggerò il capodanno 2026 stappando/strappando una lattina di cocacola, almeno so che non resterò deluso.
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Non ho capito se sta pensata serva ad aprire al mercato europeo,e relativo guadagno , certe aziende, che certamente in paesi come Austria e Germania hanno un loro perché, bevono birra a fiumi, e non hanno idea di un buon vino, oppure se sia effettivamente utile…..quale sarebbe il messaggio educativo? Bevete litri di vino dealcolato? Così non imparate la regola della moderazione, ma in compenso i profitti volano? Perché si continuano a dare modelli comportamentali errati? Per avere il piacere di gustare un buon vino, basta un bicchiere, la mentalità, a mio parere corretta, della qualità invece che della quantità…..invece è tutto uno spingere sul pedale dell’ eccessivo consumo di tutto, dell’ abbondanza, dell’ accumulo ed abuso! Invece di educare a bere meno, a mangiare meno, a comprare meno, spesso inutilità, l’ ingrassaggio del consumismo impone la quantità e gli strumenti ossessivi compulsivi si adeguano, peraltro senza poi alcun piacere, e con uno spreco indecoroso e dannoso per l’ ambiente! Io continuerò a bere vino, poco ma buono….
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No Alessandra, tutto ciò serve solo per truffare i boccaloni illusi come me.
infatti il mio commento é un chiaro invito a tutti gli infosanniti/e a non fare esperimenti inutili e frustranti.
devo invece segnalare ( al posto della cocacola) una lattina di fanta gusto uva di cui mi ero scordato l’esistenza.
quella è davvero gradevole e sembra di bere un buon fragolino.
È prodotta in Romania e distribuita in quasi tutti i minimarket che vendono noodles e altri prodotti etnici.
provare per credere
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