Occupazione: I numeri smascherano i proclami di governo e opposizioni. Il Fact Checking di Pagella Politica tra slogan e semplificazioni

(di Giulio Cavalli – lanotiziagiornale.it) – Negli ultimi mesi, il tema dell’occupazione è stato un terreno fertile per dichiarazioni politiche, spesso più enfatiche che basate su dati concreti. Sia il governo che le opposizioni sembrano indulgere in affermazioni che trovano poco riscontro nei numeri. Pagella Politica, in un recente approfondimento, ha smontato diverse di queste dichiarazioni, offrendo una fotografia più fedele alla realtà.
L’illusione del “cambio di rotta”
Una delle narrazioni più insistenti è quella del “cambio di rotta” sul mercato del lavoro, attribuito al governo Meloni. Secondo la presidente del Consiglio e altri esponenti della maggioranza, il loro operato avrebbe invertito una tendenza negativa. Ma i dati smentiscono questa versione: l’aumento degli occupati è iniziato ben prima dell’insediamento dell’attuale governo, con la ripresa post-pandemica. Anche il calo della disoccupazione, ora sotto 1,5 milioni, non è una novità esclusiva degli ultimi due anni. Più che inversioni, si tratta di continuazioni di trend già in atto.
Il mito del Jobs Act e altre rivisitazioni storiche
Non solo la maggioranza, ma anche esponenti dell’opposizione cadono in simili semplificazioni. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, attribuisce al Jobs Act il merito di aver creato un milione di posti di lavoro durante il suo governo. Tuttavia, come evidenzia Pagella Politica, questo numero rappresenta l’intero aumento degli occupati in quel periodo, senza che sia possibile isolare il contributo specifico della riforma. Analogamente, lo slogan di Giorgia Meloni sui “24 milioni di occupati, record dai tempi di Garibaldi” pecca di anacronismo: confrontare numeri assoluti tra epoche con dinamiche demografiche e metodologie diverse è fuorviante.
Reddito di cittadinanza e occupazione: una correlazione fragile
Tra le argomentazioni più controverse figura quella secondo cui l’abolizione del reddito di cittadinanza avrebbe alimentato l’occupazione. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, è stato tra i più vocali nel sostenere questa tesi. Ma, come evidenziato da ISTAT, il numero degli occupati è cresciuto anche durante la vigenza del reddito. Inoltre, i dati più recenti mostrano un aumento degli inattivi – persone che non lavorano e non cercano lavoro – di 280 mila unità tra settembre e ottobre 2024, proprio dopo l’introduzione del nuovo sussidio di formazione e lavoro.
La polemica sull’ora lavorata
Dall’opposizione arriva un’altra critica ricorrente: i dati ISTAT sarebbero falsati dal metodo di conteggio, che considera occupati anche coloro che hanno lavorato per una sola ora nella settimana di riferimento. Questo criterio, però, è adottato in tutta l’Unione europea e segue le linee guida dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO). Inoltre, i lavoratori che dichiarano di lavorare meno di dieci ore settimanali rappresentano appena il 2 per cento del totale.
Contratti a termine e precariato
Un altro tema divisivo è l’andamento del precariato. Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha sostenuto che il record di occupati si debba a un aumento dei contratti a termine. In realtà, i dati ISTAT mostrano un calo dei contratti a tempo determinato (-266 mila) e un aumento di quelli a tempo indeterminato (+940 mila) dall’inizio del governo Meloni. Tuttavia, è vero che l’incremento degli occupati a tempo indeterminato si concentra soprattutto nelle fasce d’età più avanzate, complici le politiche di posticipo pensionistico.
Povertà lavorativa e PIL
Un ultimo aspetto riguarda la povertà tra i lavoratori. Sebbene Eurostat segnali un calo della povertà lavorativa, ISTAT evidenzia un aumento della povertà assoluta tra gli occupati, passato dall’7,7 all’8,1 per cento tra il 2022 e il 2023. Questo dato è influenzato dall’inflazione, che ha eroso il potere d’acquisto delle retribuzioni.
Insomma, la narrazione politica sull’occupazione spesso si piega alle esigenze di consenso, perdendo di vista la complessità dei fenomeni. Come dimostra l’analisi di Pagella Politica, i dati offrono una prospettiva più sobria e meno sensazionalistica rispetto alle dichiarazioni dei leader di governo e opposizione. Forse, è tempo di tornare a leggere i numeri prima di pronunciare proclami.
GLI OCCUPATI DISOCCUPATI- Viviana Vivarelli
Quando si tratta di vantare successi, tutti i governi sparano cifre o interpretazioni fasulle, lo faceva ieri Mussolini, lo fa oggi la Meloni.
Prendiamo il caso dell’occupazione.
Non passa giorno che i tg non si glorino di finti dati sull’aumento dell’occupazione grazie alle buone politiche economiche (quali?) della Premier.
Tutto fasullo, come altre affermazioni campate solo sulla propaganda. Lo dicono i fatti, secondo il detto “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”.
Seguendo la strada delle felpe salviniane o dei venerandi motti del Duce, scritti anche sulle case: “È finita la pacchia! “È cambiata la rotta!” Palle!!! Sotto la felpa il niente.
Chiaro che dopo la pandemia gli occupati sono aumentati, e vorrei vedere! C’è stata anche una forte ripresa del turismo e ce ne sarà ancor più con l’Anno Santo, ma di questo la Meloni non ha merito. Ha semmai il demerito di aver gestito malissimo o per niente sia i soldi del PNRR abilmente ottenuti da Conte e in parte sprecati in regaletti agli amici o inutilizzati. Ne sono stati usati solo il 30% trascurando la sanità e il recupero del territorio a cui erano stati precisamente destinati, mentre il governo ha penalizzato ancor più gli introiti delle famiglie italiane con l’eliminazione di reddito minimo, stato sociale e aiuti ai più deboli e con la mangiatoia infinita di opere fantasmatiche come il Ponte di Messina o grottesche come i gulag albanesi, con la speculazione orrida e a piede libero delle multinazionali ed alle banche, con gli aumenti assurdi delle bollette, le spese folli in armi per una guerra ormai perduta per compiacere “l’alleato” americano, gli aumenti di benefit alla casta degli onorevoli profittatori proliferanti in clan famigliari come in un nuovo Feudalesimo, l’assenza assoluta di un piano, di un progetto, di un’idea qualsiasi di ripresa del Paese, che viene svenduto ormai senza ritegno come un bene in liquidazione, come avvenne per la Grecia, sotto la supervisione del solito Draghi.
E non è che impoverendo la popolazione con tagli allo stato sociale, aumenti di costi e gabelle e politiche del lavoro punitive e restrittive, poi l’economia si infloridisce.
Un tempo era in uso una pubblicità ridicola, quella della borsina gialla, che mandava un chiaro messaggio: “Spendi e fai girare l’economia”. Keynes l’aveva capito e Roosevelt aveva risollevato l’Italia dalla Grande Depressione con un grande programma di investimenti pubblici che avevano ammodernato il Paese, aumentando l’occupazione e creando un nuovo benessere di cui avevano beneficiato tutte le classi sociali, anche quei finanzieri che negli anni ’30 minacciavano di buttarsi dai grattacieli. Sarebbe stato il programma di Conte, almeno prima che gli assurdi comandi di Grillo non lo avessero spinto proprio a sostenere Draghi (La più assurda cosa accaduta nella storia italiana!), come se Trotskii avesse ubbidito all’ordine di sostenere lo zar!!
Ma i nuovi furboni alla Draghi, i bocconiani alla Giorgetti, i beoni alla Nordio, i cialtroni alla Lollobrigida o i Kapò all Piantedosi, con le schiere dei “grandi esperti”, i Monti, i Letta, i Renzi, i Salvini…con le loro schiere di boccaloni, i Donzelli, i Sechi, i Bocchino, i Giancosi della nuova italia meloniana hanno rovesciato l’assunto della crescita guidata, in nome di una lotta iperliberista a tutto ciò che è intervento pubblico, con le loro privatizzazioni simili alla razzie di Attila, le svendite di tutti i beni pubblici, i loro piani “a ore”, i nepotismi squinternati, gli sciali da volgari arricchiti, la loro essenza di “liquidatori” a cottimo, lavorando sul contrario di ciò che deve fare uno Stato sano che cresce in modo intelligente, ma piuttosto sul mandato di una progressiva distruzione dell’Italia come della sua economia o giustizia sociale. Una banda di Attila devastatori, insomma! Una cricca di arricchiti senza merito che guida ormai il Paese con cervelli, come si direbbe in Toscana, senza zenzero.
Vediamo cosa è successo dopo il gioioso Jobs Act renziano, l’uomo che lavora al contrario.
Si è ripreso il mitico “vi darò un milione di posti di lavoro” di Berlusconi e si dà merito al Jobs Act, gloriosamente ripreso dalla Ducia qui presente che si allarga a “Vi abbiamo dato 24 milioni di occupati”. Sembrano le vacche di Mussolini, che venivano spostate da un punto all’altra d’Italia per figurare di più.
Addirittura si vorrebbe convincere che prima c’erano pochi lavoratori perché il reddito minimo spingeva a stare sul divano (D’Urso), così come si predicava che i giovani rifiutavano il lavoro perché erano schizzinosi (Fornero). Ma quante balle riesce a inghiottire il popolo italiano? Del resto imputare tutti i mali italiani ai banchi a rotelle ed essere creduti dice da soli il livello ormai compassionevole dei cervelli delle masse, irretite e istupidite da un martellamento pavloviano. Dunque, si impoveriscono i più poveri, si tengono i salari così bassi che siamo diventati i Cinesi d’Europa, si gravano le bollette e si precarizza il lavoro, si taglia lo stato sociale, si riduce dunque la capacità di spesa degli Italiani, e poi mi dite per quale cacolo del cacchio l’occupazione dovrebbe aumentare?
Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, sbraitava che sarebbe bastato eliminare il reddito minimo e tutti si sarebbero risollevati in un sol colpo dai divano aumentando l’occupazione. Ma dove??
Gli occupati erano saliti anche con Conte e il suo reddito minimo, anzi Conte aveva preso provvedimenti come il SuperBonus che sono stati un grande volano all’economia facendo balzare in alto il PIL e ingrassando le casse dello Stato, a riprova che se fai girare i soldi con piani intelligenti, no solo risani il Paese ma l’economia migliore. I dati odierni confermano che anche dopo i sostitutivi inefficienti del reddito minimo sono aumentati quelli che il lavoro nemmeno lo cercano più per disperazione come è diminuito il concorso scolastico ed è aumentata la povertà del Paese.
Lo capirebbe anche uno zombi che, se in un Paese ci sono 6 milioni di poveri ed elimini ogni reddito minimo per la loro sopravvivenza, aumentando il costo della vita e le bollette, non puoi andare bene, mentre se aiuti i ricchi, condonando le loro evasioni fiscali, proteggendo i loro paradisi fiscali, favorendo i superprofitti senza tassarli, evitando come la peste una patrimoniale, aumenterai sicuramente la privata ricchezza di alcuni ma senza alcun riverbero sociale. Il risultato non sarà il miglioramento di benessere di tutto il Paese, ma lo scandalo di ricconi che comprano la banana di Cattelan o fanno un volo spaziale o si fanno un bikini di diamanti, senza alcun contributo al miglioramento collettivo, mentre i poveri, che avrebbero speso tutto in beni di prima necessità, avrebbero fatto girare l’economia.
È vero che, se tassi i più poveri guadagni di più, perché i poveri sono tanti e i ricchi sono pochi. Ma è anche vero che se i poveri diventano più poveri comprando meno e spendono meno, fermando l’economia proprio per lo stesso motivo che i poveri sono tanti e i ricchi sono pochi.
Anche oggi abbiamo dovuto vedere in tv gli autoelogi di Meloni e Giorgetti, che ormai navigano sulla loro spregiudicatezza e si reggono su una zattera di balle.
La Corte dei Conti ha presentato numeri ben diversi, col risultato di essere silenziata dal Governo che ormai è come un idra dai mille giornali che diffonde la sola verità della Ducia e tutti gli altri zitti e mosca o travestiti da Bocchino e da Sechi.
Inutile ripetere che si bluffa sul numero degli occupati considerando occupato anche chi ha fatto una sola ora di lavoro l’anno. È il metodo europeo ed è una balla europea come l’altra balla che solo abbattendo la Russia l’Europa si salverà, mentre l’Europa ormai si è messa sott’acqua, in senso figurato e reale, con la sua stessa reggenza nelle mani della Von der Leyen, il Draghi n° 2, serva degli Americani e pronta solo a fare gli interessi americani a costo della nostra distruzione totale. E avanti così fino alla catastrofe!! La famosa riunione sul Britannia del 1929 dove Draghi con altre eccellenze europee concordarono la svendita dell’Italia è diventata il piano per la svendita dell’intera Europa agli interessi americani.E glielo abbiamo lasciato fare!! E non a caso ci troviamo dentro come consigliori della Von der Leyen lo stesso Draghi col suo piano di prelevare 900 miliardi dalle nostre tasche di sudditi europei per un gigantesco piano di armamenti per la gioia delle multinazionali di armi americane che sulle guerre o oltranza ci fondano la potestà del dollaro.
Il capitalismo è questo, bellezza! L’hai voluto? E ora te lo tieni. Anche se nopn lo capisci. Anche se le tue battaglie le fai sul Covid o sul terrapiattismo o sul cambio climatico. E arriverà un giorno che ovunque tu sarai, la sua dannazione ti distruggerà. Dove miliardi di persone non sono più al sicuro, nessuno potrà mai considerarsi al sicuro.
L’unica cosa ben chiara nella situazione è che un gruppo di magnati ha messo le mani sull’Occidente e lo domina a suon di truffe, balle e guerre. E che, nell’eterna lotta tra capitalisti e proletari è il capitalismo che crede di aver vinto, mentre offusca il cielo del pianeta con i fumi delle sue guerre e costringe milioni di persone ad essere carne da macello o a scappare come profughi erranti alla morte per fame e iniquità.
Stiamo raggiungendo il punto più basso della storia dell’Occidente e ormai, umanamente, c’è ben poco di cui gloriarsi. E non ci selveremo attaccandoci irragionevolmente alla scialuppe sfondate delle balle della Meloni o alle follie di Trump o di Musk.
In questa situazione funesta, le opposizioni occidentali languono in un coma che precede la morte, prive di capi valenti, fuori dai circuiti dell’informazione, afone e acefale, prive di chiarezza progettuale e divise in bande scomposte e ridicole, contro un capitalismo compatto e micidiale.
Ma il peggior vizio del nostro tempo non sta nemmeno nelle 56 guerre che impestano il pianeta, quasi tutte a guida americana, nell’inquinamento esiziale del clima, nell’esaurimento delle risorse, nell’immiserimento dei popoli, nell’avanzata delle dittature, nel crollo dei diritti, nella crisi delle grandi istituzioni internazionali, nelle personalità malefiche che pretendono di guidare il mondo (basti vedere Trump), ma sta proprio nella regressione umana, cerebrale, cognitiva dei popoli, una regressione dello spirito umano che colpisce la più gran parte dei cittadini europei con un abbassamento del loro quoziente intellettivo.
Per la prima volta, nella storia dell’umanità, stiamo assistendo, contro ogni progresso ed evoluzione della specie, ad una regressione della razza umana, in termini di comprensione degli eventi, di capacità di reazione, di volontà di cambiamento, di maturazione dell’intelligenza, di difesa di sé stessi.
Una specie di zombi avanza, come un esercito di lemuri tesi al proprio suicidio, che ormai si regge solo sul negazionismo di qualcosa a caso, ove un negazionismo a caso ha preso il posto delle ideologie.
Per cui non posso che sperare in una grande palingenesi che avvenga inspiegabilmente, contro ogni evidenza fattuale, per una energia superiore, insita nel cosmo, e faccia nascere una generazione di uomini nuovi, un ramo divergente della specie umana che ci salvi dalla nostra stessa autodistruzione.
Noi non siamo solo dei disoccupati lavorativi, stiamo diventando dei disoccupati mentali. Non sappiamo più pensare.
Come dal Neanderthal è nato l’Homo sapiens, speriamo che dall’Homo insipiens di oggi nasca una nuova specie umana e che questa sia definitivamente messa alle spalle prima che distrugga sé stessa e il mondo.
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