
(Andrea Zhok) – In questi giorni è impossibile evitare di imbattersi nella vicenda dell’esclusione dal Concerto al Circo Massimo da parte dell’amministrazione Gualtieri del trapper Tony Effe.
Si è scomodato Mozart come “compagno in musica” del trapper.
Si è richiamata l’idea di “censura delle idee”.
Si sono levati alti lai sulla “libertà dell’arte”, sul ruolo delle “provocazioni che fanno pensare”, sulla funzione di “opposizione” della produzione artistica.
Ecco, lo so che a Natale si suppone siamo tutti più buoni, però anche basta.
1) Primo problema: perché un’amministrazione pubblica deve spendere soldi pubblici (gli stessi soldi di cui c’è maledetto bisogno in settori chiave e salvavita) per produrre “eventi” in cui viene invitata della mediocrità nazionalpopolare, pompata dalle case discografiche, roba che sta già benissimo “sul mercato” senza supporti pubblici? Perché il pubblico deve mettersi a finanziare quel tipo di “arte” che è nata e prodotta già al massimo ribasso di gusto per poter venire incontro alle famose “esigenze di mercato”? Perché dobbiamo cacciare soldi con cui si potrebbe offrire un miglioramento al pronto soccorso per fare da cassa di risonanza ai vittimismi di Elodie e alle messe in scena del nulla di Tony Effe?
2) Secondo problema: ma davvero stiamo qui a parlare di censura per roba che invade ogni anfratto delle frequenze radio? Sarebbe censura non essere invitati a pagamento con soldi pubblici a prodursi nei propri borborigmi a Capodanno? E questo in una fase storica in cui viene costantemente messa la museruola a report giornalistici, articoli di denuncia internazionale, critiche politiche, resoconti filmati di atrocità belliche, articoli scientifici che vanno contropelo alle grandi case farmaceutiche, ecc. ecc.?
3) Terzo e principale problema: ma francamente, cosa c’entra qui l’arte? Cosa c’entra la “provocazione”, il “far pensare”, la “funzione d’opposizione”? Quanto si deve essere ciechi, o ipocriti, per non vedere che tutta questa produzione “artistica” fatta di scandaletti artefatti, starlette sculettanti, autotune anche per ordinare la pizza, testi e musica prodotti da computer a manovella, è semplicemente INTRATTENIMENTO DI REGIME?
Quanto bisogna essere miopi per non vedere che la riduzione del messaggio culturale al minimo grado di complessità è una funzione di ottundimento pubblico, orchestrata da operatori fuori scena?
La trap è in questo senso semplicemente l’ultimo prodotto di un processo degenerativo quarantennale. I testi della trap hanno un unico fondamentale contenuto, espresso in variazioni sul tema, e cioè la riconferma della plebe in un orizzonte senza speranza né sbocchi, un orizzonte di totale insuperabile mercificazione di ogni cosa. E’ un’ode alla schiavitù, dove anche le vittorie sono vittorie tra schiavi su altri schiavi, una schiavitù che si accetta come tale, per sempre, e consolida un gusto da schiavi.
Qualcuno ricorderà le considerazioni di Brecht sull’arte. Tra le altre cose Brecht si preoccupava, forse anche eccessivamente, del fatto che l’arte potesse ridursi ad una funzione di rispecchiamento giustificativo: “Ecco, sì, sono proprio io, il mondo è proprio così.” Questa funzione rappresentativa produce semplicemente un’accettazione dello status quo che viene presentato in forma pubblica e con ciò consolidato come reale. Nell’arte ci possono essere molte funzioni, ma quando l’arte si riduce alla riconferma in forma sublimata dello status quo, essa diviene arte “culinaria”, funzione commerciale che ribadisce e santifica la mediocrità.
Il processo di riduzione radicale dell’arte a questa funzione culinaria ha preso il via negli anni ’80 del XX secolo, quando un’intera generazione di intellettuali progressisti ha ritenuto che Gramsci avesse fatto il suo tempo e che fosse il momento di rimpiazzarlo con “Colpo Grosso” (che, va detto, aveva le sue virtù).
La ratio di questa svolta era che bisognava svecchiare la produzione culturale, che bisognava smettere di cercare paternalisticamente di “educare il popolo”, e che dopo tutto il mercato era un modo di rispondere ai gusti e alle esigenze popolari.
Ciascuno di questi argomenti poteva avere la sua dignità, ma come sempre accade, al di sotto degli argomenti apparenti era in funzione un meccanismo più profondo, in questo caso caratteristico dell’impianto neoliberale, dove anche la sfera pubblica doveva farsi portatrice dei “valori” di mercato.
Il risultato complessivo fu uno sdoganamento dapprima di forme di intrattenimento nazionalpopolare (accanto a forme residuali di “cultura alta”) fino a pervenire progressivamente nell’arco di due generazioni ad un’omogeneizzazione del gusto al minimo comune denominatore tra Leonardo da Vinci e la nutria (ed il minimo comune denominatore, naturalmente, è proprio la nutria).
Sotto la veste di un’apparente “vicinanza ai giovani e ai ceti popolari” si è proceduto sistematicamente a smantellare il gusto pubblico ad ogni livello, seguendo di volta in volta la “linea di minore resistenza”: come la moneta cattiva caccia la buona, così il messaggio più elementare cacciava il più complesso, il significato più banale espelleva quello più originale, l’espressione più primitiva rimpiazzava quella più elaborata.
Ancora oggi questa grande operazione di riduzione del gusto pubblico a spazzatura viene rivendicato da pensosi progressisti come “prossimità ai giovani e al popolo” di contro ad un presunto conservatorismo ed elitarismo. Così questi “intellettuali”, accomodati nella propria inettitudine, pensano ancora oggi che le trivialità da cesso pubblico della trap siano una “sfida culturale” mentre oggi l’unica provocazione che susciterebbe davvero resistenza e scandalo sarebbe somministrare al popolo Bach o Dostojevsky, Beethoven o Shakespeare.
Ma ciò che conta alla fine è il risultato, ed il risultato finale è una colonizzazione dell’immaginario giovanile con una proiezione idealizzata del disagio sociale (e mentale) dei ghetti americani. Questo è diventato il tacito palcoscenico in cui si possono mettere in scena sogni di rivalsa individuale, di stordimento, di allentamento dell’ansia, di senso di superiorità per aver fottuto il prossimo: sogni funzionali a produrre nuovi ingranaggi di un grande meccanismo anonimo che nessun sogno vede.
E se invece di un numero esorbitante di seghe mentali , il tutto alla fine non si riducesse semplicemente all’eterno mi piace / non mi piace ? Sarebbe forse troppo semplice ??
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Ancora non hai capito che il GUSTO si crea ed ha ovviamente una sua funzione? Il mi piace o non mi piace e’ semplicemente indotto come per qualsiasi altra questione di opinione pubblica, dalle più serie alle più miserevoli…..
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Mi piace/non mi piace riguarda la sfera individuale, il singolo. L’arte in generale segue un percorso diverso, attraverso innovazioni del linguaggio apre strade inesplorate che danno origine all’evoluzione delle forme di arte. Anche la musica ha suoi “materiali”, l’artista vero è colui che è in grado di indagarli a fondo, proponendo poi al pubblico prospettive diverse. Fin qui si parla della mente che crea, poi c’è l’orecchio (e la mente) che ascolta, se il pubblico non ha fatto un certo percorso di formazione e di ricerca del gusto e del linguaggio non sarà pronto a ricevere il messaggio del compositore, è esattamente quello che succede in Italia: non si è formato il pubblico.
Così nella patria di Monteverdi, Palestrina, Vivaldi e fino a Rossini, Verdi, Puccini, Respighi, Busoni e tanti altri, possono far breccia i vari sfera e basta, Achille lauro e via dicendo.
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Grazie Zhok, un articolo da conservare
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Zhok si dimostra ancora una volta una delle rare menti pensanti! “ mentre oggi l’unica provocazione che susciterebbe davvero resistenza e scandalo sarebbe somministrare al popolo Bach o Dostojevsky, Beethoven o Shakespeare…” e se il popolo apprezzasse sarebbe il vero segnale di protesta….come disertare qualsiasi strumento di marketing del Capodanno compresi censori e provocatori, prodotti di marketing da “ colonizzazione dell’immaginario giovanile” senza arte come vero elemento di rottura, perché l’ immaginario colonizzato, adeguato, irreggimentato, non è in grado di creare ne’ artisti ne’ tantomeno provocatori! La protesta, efficace , sarebbe il totale rifiuto : luci e tv spente, cena frugale, si va a letto alle 22.00 e si affossa almeno nell’ ultima notte dell’ anno questa deprimente “ omogeneizzazione del gusto al minimo comune denominatore…” adeguamento alla mediocrità, alla banalità del cattivo gusto, all’ ignoranza che è esattamente lo scopo dell’ ingranaggio…..i primitivi intellettualmente poco elaborati sono innocui, magari maleducati, ma sempre innocui!
Uno dei migliori articoli di Andrea Zhok, finalmente qualcuno che ha avuto il coraggio di scrivere una verità sacrosanta, che siamo “ l’ultimo prodotto di un processo degenerativo quarantennale”…..la sfida è interrompere il processo degenerativo!
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Mi sono fermato a metà, su B. Brecht. Condivido quanto scritto da ED. Evidentemente a Zhok non piace Tony Effe.
Comunque ho in escluaiva le prove del concertone al Circo Massimo 👇
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A Zhok non piace il processo che ha portato a sfornare Tony Effe…..e soprattutto ha individuato lo scopo di quel processo, cioè che stiamo a discutere di Tony Effe e non di altro, dove la vera censura regna sovrana! Ho purtroppo ancora in moderazione un commento, dove gli applausi per Zhok arrivano fino al Capodanno 2025! Non avrebbe potuto scrivere articolo migliore! Sarà questione di gusto, ma cogliere il nodo del problema è ad oggi una rarità….
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Pelo e contropelo al rapper Travaglio nella prima parte, eccellente Zhok.Ti fossi fermato qui.
Invece poi esce lo Zhok furbetto.
Quello che usa o rigetta le categorie sovrastrutturali a seconda del suo comodo:
a parte che in questi contesti sarebbe più appropriato parlare dei seguaci “puri” di Auguste Comte, prima di parlare di “progressisti”.
Ok Zhok vai su youtube e digita BEST TRAP RUSSIA 2024.
troverai la stessa merd@ presente all’interno dei nostri patri confini, con visualizzazioni enormi.
Ora fatti una domanda:
e’ forse Vladimir Putin un “fumoso progressista” ? Sembrerebbe proprio di si … a seguire il tuo ragionamento.
Quindi rifletti sul perché gli yankees merd@ioli comandano il mondo.
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Caro professore, la stimo e comprendo tutto il suo ragionamento culturale . Tuttavia , se una persona su tre legge ma non capisce cosa ha letto, non mi sembra che imporre spettacoli eruditi e messaggi filosofici sia il migliore dei metodi per comunicare e inculturar una massa amorfa che non ha mezzi per comprendere.
Qui, la questione non è ciò che è cultura ,ma ciò che è permesso dare in pasto alle masse per divertirle in occasione di un festeggiamento di fine anno , ed è inaccettabile che da parte di sedicenti liberali, che hanno promosso per decenni indecorosi e scialbi spettacoli televisivi con pubblicità allegata altrettanto immorale , si fa gli schizzinosi per un bifolco che di esibisce la sera di capodanno perché inviso a qualche borghesissima matrona femminista.
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Leggo l’eccellente articolo di Zhok, uno dei pochissimi intellettuali di livello che abbiamo in Italia. Lo leggo, lo rileggo e…mi sento meno solo.
Poi, come al solito, compare Ed coi suoi commenti degni di un decerebrato cerasiano o un venduto sallustiano ( le elaborazioni intellettuali per lui non possono che essere seghe mentali), e ritrovo il genere umano che mi disgusta.
Mi sorprende Loquasto, da cui mi divide quasi tutto, ma ha una sua dignità.
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“Il modo sicuro di restare ingannati è di credersi più furbi degli altri.”
LA ROCHEFOUCAULD
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Pablero, ED e loquasto sono molto prob la stessa persona secondo me (stessi orari, si danno appoggio l’uno con l’altro … stessa dignità).
qui sotto ED si autodescrive senza accorgersene.
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Fabri, ti ricordi Federico.C? Loquasto è lui!
Il renziano di 3 anni fa, quello che andava dalla mamma a chiedere consigli ( scritto da lui)
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Probabilmente avrà provato l’ebbrezza di farsi un selfie con lo statista di Rignano. Selfie stampato che conserva gelosamente entro una cornice sul comodino.
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Carissima imbecille, ma di quelle vere, ovvero Tracia. Chiunque io sia, non sono né pablero né ED, che si staranno facendo due risate, né soprattutto “renziano”, come piacerebbe a te. Io per te, per voi, sono solo quello che scrivo qui su Infosannio. Ora, se trovi una sola mia dichiarazione che attesti il mio essere “renziano”, ti chiedo di renderla pubblica. Ma purtroppo per te non ne troverai nemmeno mezza. Semplicemente perché non lo sono mai stato. Se poi l’aver votato SI al suo referendum fa di me un “renziano”, ciò dimostra una volta di più l’imbecillità di cui sopra.
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Allora pablero. Premesso che non ascolto Tony Effe, e che prima della disputa con Fedez scoperta grazie alla Lucarelli non sapevo neanche chi fosse, ripeto le cose già dette. Quando si tratta di espressioni “artistiche” ci andrei sempre cauto. Come già ho scritto anche i Beatles all’inizio degli anni ’60 scrivevano testi pieni di ambiguità sessuali (solo un esempio: “Please, please me, like I please you”. Che ne dici?) che adesso ci fanno sorridere ma che all’epoca facevano inorridire le persone “per bene”. Tony Effe , a prescindere dalle qualità musicali (può piacere, non piacere), esprime nei testi la volgarità dei tempi in cui siamo sommersi (web, violenza verbale, porno a disposizione h24, ricerca della ricchezza più esteriore, eccetera eccetera). Comunque ti auguro un buon natale 💫
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