Ecco la doppia lezione che possiamo trarre: non è vero che gli italiani sono indifferenti, anzi c’è la voglia di decidere. E serve il voto online

Roma, 24 novembre: Giuseppe Conte all’assemblea costituente del Movimento 5 Stelle

(di Michele Ainis – repubblica.it) – Gli elettori sono stanchi, sfiduciati, disillusi. Uno su due diserta abitualmente il voto. Quasi nessuno crede ancora nei partiti. La politica annoia, non interessa. Neppure nei talk show, i cui ascolti volano rasoterra. E allora come si spiega l’alto grado di partecipazione alla Costituente del Movimento 5 Stelle? E come si giustifica l’ondata di firme che sommerge ogni referendum, su qualsivoglia oggetto?

Cominciamo da qui, dai 5 Stelle. Ciascuno è libero di pensarla come crede sul loro gradimento, sui loro destini. Ma un dato è certo: il successo dell’operazione che si è conclusa domenica scorsa. Nel metodo, se non anche nel merito delle soluzioni poi decise.

In prima battuta, “l’ascolto dei bisogni”. Significa che simpatizzanti e militanti sono stati sollecitati a indicare le loro proposte di riforma; e ne sono state formulate 22 mila, insieme a 15 mila commenti. Dopo di che una società indipendente le ha assemblate per temi e per filoni. Trecento tesserati estratti a sorte le hanno discusse, selezionate, masticate. Infine l’assemblea degli iscritti le ha votate. Serviva la maggioranza assoluta, è stata ampiamente superata: su 89 mila aventi diritto, si sono espressi in 54 mila.

E in secondo luogo: i referendum. Nel settembre 2021, grazie alla spinta delle firme digitali, i quesiti referendari su eutanasia e droghe leggere hanno raccolto 330 mila sottoscrizioni in tre giorni. Più di recente, il referendum abrogativo dell’autonomia differenziata ha sommato un milione e 300 mila firme (e 90 mila soltanto nel primo giorno in cui è stata attivata la piattaforma pubblica digitale).

Il referendum sulla cittadinanza ha fatto ancora meglio: quorum di 500 mila raggiunto in appena venti giorni. Mentre la Cgil ha depositato in Cassazione 4 milioni di firme per i 4 referendum sul lavoro, una cifra doppia rispetto a quella prescritta dalla Costituzione.

Da qui una doppia lezione. Innanzitutto non è vero, non è del tutto vero, che l’apatia abbia sommerso definitivamente la nostra vita pubblica. Non è vero che gli italiani siano ormai rassegnati o peggio indifferenti rispetto al loro destino collettivo. C’è invece, sottotraccia, un’energia, una voglia di decidere. Però dal basso, non sotto dettatura.

Dopotutto è questa la differenza tra l’esperimento inaugurato dai 5 Stelle e i vecchi quesiti della piattaforma Rousseau, che cadevano dall’alto senza alcun controllo, con una formulazione che già suggeriva la risposta. Ed è questa la differenza tra la democrazia delegata delle consultazioni elettorali e la democrazia diretta dei referendum. Nella prima scegli chi deciderà in tua vece, e anzi non lo scegli, se il suo nome figura in un listino bloccato; nella seconda decidi in prima persona, selezionando le questioni su cui vuoi decidere.

C’è però anche un’altra lezione di cui dovremmo far tesoro. Questa: contro l’astensionismo serve il voto online. Come hanno appena fatto i 5 Stelle o i milioni di italiani che sottoscrivono i nuovi referendum. Nessuno viaggia più da una capitale all’altra muovendosi su una carrozza a cavalli; prendiamo l’aereo, ma è il computer il nostro aereo quotidiano.

Con un paio di clic su quello schermo spostiamo denari dal conto corrente, compriamo un abito o un televisore, prenotiamo una vacanza, scegliamo il medico di base, imbastiamo riunioni senza uscire mai da casa. E lavoriamo, perfino, ci guadagniamo da vivere applicando lo smart working. Perché non potremmo anche votare da remoto alle politiche o alle amministrative?

Dice: però attenzione ai brogli, alle truffe telematiche. Giusto, ma il rischio sussiste per ciascuna delle operazioni che svolgiamo sulla Rete. In caso contrario dovremmo smetterla d’imbarcarci su un aereo, giacché di tanto in tanto (ma ormai sempre più di rado) accade l’incidente.

Basterà attrezzarsi, usando le risorse della tecnologia contro i pericoli della tecnologia. E sviluppando un’esperienza che non è affatto alle sue prime battute. In Estonia le elezioni con il voto da remoto risalgono al 2007. Nel 2020, durante la pandemia da Covid, ha fatto altrettanto il Parlamento europeo, su impulso del suo presidente David Sassoli.

Ovunque gli esempi si moltiplicano. Invece alle nostre latitudini si moltiplica l’astensionismo elettorale. Tuttavia c’è ancora un popolo che ha voglia di rispondere all’appello. Si tratta soltanto di cambiare gli strumenti con cui lo interpelliamo.