(Tommaso Merlo) – In America cambia il padrone e i barboncini europei sono spaesati. Trump non ha nessuna intenzione di tenerci al guinzaglio e dice basta a certi feticci atlantisti ed idiozie antirusse con rischi atomici annessi. Trump vuole farsi gli affaracci propri, sia quelli personali che del suo paesello smettendola di buttar via soldi in guerre ridicole come quella in Ucraina. Una svolta. Dall’establishment dal naso all’insù che predica bene e razzola a suon di bombe, ad un vecchio marpione che predilige l’isolazionismo di matrice egoistica e i cessate il fuoco. Una svolta benefica. La guerra in Ucraina è stata una immensa zappa sui piedi per l’Europa. Una guerra causata dall’establishment altolocato di Washington che passa il tempo a cercare pretesti per sfogare le proprie frustrazioni e riempire le tasche degli amichetti dell’industria bellica. Come quando si sono messi in testa di allargare la Nato ad est piazzando missili sotto al balcone di Putin grazie al governo fantoccio di Kiev e con la certezza di vincere la guerra per interposta carne da macello e coronare così vaneggiamenti da guerra fredda. Conti fatti senza l’oste o meglio senza Putin che dopo un inizio incerto ha tenuto unita la Russia ed ormai del Donbass gli mancano solo brandelli. Secondo gli analisti il crollo ucraino è questione di settimane, sono a corto di uomini ma adesso anche di morale. Mentre infatti in Europa aleggia un agghiacciante silenzio, in Ucraina muoiono ogni giorno centinaia di poveri cristi e questo mentre nel paese che ha istigato il tutto è cambiato bruscamente il vento. Senza alle spalle gli americani, Zelensky e soci farebbero meglio a scegliersi le ville all’estero dove trascorrere l’esilio e lasciare ad altri il compito di trattare la resa. Il destino ucraino è quello di paese neutrale, cosa che poteva essere concordata senza sparare un colpo rinsaldando i legami con Mosca invece di spezzarli, ma l’essere umano è fatto così. Capisce la follia della guerra solo quando la subisce, poi col tempo se ne dimentica. Come hanno fatto le indegne classi dirigenti europee che si sono rimangiate gli impegni presi nel dopoguerra e su cui è fondata l’Europa. Un conformismo guerrafondaio davvero vergognoso, una sudditanza ai deliri anglosassoni davvero imperdonabile, con parole come pace e dialogo sparite di colpo dalle loro frasi fatte e rimpiazzate da propaganda da secolo scorso. Classi dirigenti imbarazzanti che non hanno imparato nulla dai disastri iracheni, dal tragicomico ventennio afgano, dal caos libico e nemmeno da quello siriano. Guerre inutili scatenate dagli spacconi di Washington, con gli europei nel ruolo di utili idioti che alla fine ne soffrono le conseguenze. L’Ucraina è ridotta ad un cimitero e a pagare la guerra siamo noi europei che abbiamo distrutto l’essenziale alleanza strategica con la Russia con enormi conseguenze economiche ma anche sociali per l’ennesima ondata di profughi. Tutti i responsabili di tale disastro dovrebbero dimettersi, ma se avessero certe remore morali non siederebbero su quelle poltrone. Devono essere i cittadini a cacciarli come successo a Washington, votando cambiamento radicale in qualunque forma si presenti. Con la vittoria schiacciante di Trump, finisce nel mirino quella mega lobby guerrafondaia che è diventata la Nato e la sudditanza europea. L’imperatore ci ripudia come colonie ed è ora di smetterla di fare i barboncini. Il problema è dove andare e questo sarebbe il compito della politica. Inutile aspettarsi svolte da classi dirigenti che han fatto carriera inchinandosi a Washington e negli ultimi decenni ci hanno trascinato in una suicida deriva militarista e lobbistica senza mai produrre una sintesi intelligente. L’Europa politica è ridotta in cenere e l’unica speranza viene dalla società civile continentale che è molto migliore delle sue classi dirigenti. Nel suo ventre ha valori ed esperienze che possono ambire ad un nuovo paradigma, con una politica genuina e al servizio della collettività invece che delle carriere, con al centro la qualità della vita e non gli indici finanziari, con al centro la cooperazione e non la competizione, con al centro il pianeta e non il consumo, con al centro la pace e non l’autodistruzione. Dalla paura bisogna passare alla fiducia facendo crollare ogni muro anche mentale. Dalla conservazione bisogna passare al cambiamento radicale che permetta alla società civile europea di riprendersi il ruolo che le spetta in democrazia e tornare protagonista del suo destino.