(Di Daniela Ranieri – ilfattoquotidiano.it) – C’è questo signore romano, Luciano D’Adamo, che dopo aver preso una botta in testa in un incidente stradale avvenuto nel 2019 si è risvegliato in ospedale convinto che fosse il 20 marzo del 1980 e che lui avesse 23 anni, invece ne aveva 63 ed era appunto il 2019. Il racconto fatto a Chi l’ha visto è stupefacente: “Il 6 febbraio del 2019 ero uscito dalla scuola dove facevo il cuoco e stavo portando al cassonetto la spazzatura. È lì che ero stato travolto e avevo sbattuto la testa. Il momento peggiore: quando mi sono visto allo specchio, mi sono spaventato. Non ero io ma un uomo con i capelli bianchi”.

Quello dell’amnesia è un mito della modernità (si veda il delizioso Breve storia dell’amnesia. Un viaggio a ritroso nell’immaginario contemporaneo di Riccardo Castellana, Mondadori Università), diffusosi in Occidente nel periodo tra le due guerre fino a diventare un topos di Hollywood.

L’amnesia del signor D’Adamo è quella cosiddetta continuativa, che erode tutti gli eventi da un certo momento in poi (non si sa perché proprio dal 20 marzo del 1980: ci vorrebbe Oliver Sacks, studioso di casi neurologici bizzarri): “Ma io non ricordavo nulla di quei 39 anni. Non i fatti, non le cose che avevo vissuto, non le persone. Era come se non li avessi vissuti”, ha detto a Walter Veltroni.

Non riconosceva sua moglie, nel 1980 la sua fidanzata, e non sapeva chi fosse il figlio, che è venuto “dopo” e appariva un uomo più grande di lui. Quel che dà un boost di psichedelia antropologica a tutta la storia, però, e che non può non colpire chi si interessa di vita collettiva, è che una delle prime cose che medici, parenti e giornalisti gli hanno domandato è se si ricordasse di Berlusconi (anche di Totti, sì, perché il giovane D’Adamo era romanista). Ciò significa solo una cosa: che Berlusconi, dal 1980 a quando è morto, prima da palazzinaro e televisionaro poi da presidente del Consiglio e padrone d’Italia, non è entrato solo a far parte della scena pubblica, ma anche di quella privata, famigliare e psichica degli italiani. La parola “Berlusconi” ha colonizzato le nostre vite per trent’anni, ed è impossibile da dimenticare a meno di danni neurologici. Ha ragione Marina, neo-cavaliera del Lavoro per evidenti meriti (aver ereditato un impero costruito con la frode, l’inganno, il sopruso e ogni sorta di sotterfugi): “Egli sarà sempre con noi” (vedi riforma Nordio), grazie stavolta all’amnesia collettiva.