L’ultimo scandalo e le goffe soluzioni proposte – Se bastano soltanto un paio di investigatori infedeli per violare Quirinale, Polizia e 007, perché sappiamo così poco dei misteri italiani?

(Di Pino Corrias – ilfattoquotidiano.it) – Siamo tutti trascritti nella carta dei vini e dei segreti. Ci scelgono a loro comodo i buoni e i cattivi. Il potere o il malandrino. La legge o il ricattatore. È la definitiva rivelazione della banda milanese di Equalize che ha generato un soprassalto non del tutto inatteso, a dire il vero, vista la tradizione di spiati e di spioni che vantiamo, dai tempi dell’Ufficio affari riservati di Federico Umberto D’Amato, cuoco d’alto rango di trame e dossier. Fino al Tiger Team di Giuliano Tavaroli che spiava per conto di Telecom durante il regno di Tronchetti Provera. E ai pedinamenti informatici di magistrati e giornalisti organizzati da Pio Pompa, ai tempi dell’indimenticato generale Pollari, plenipotenziario dei nostri Servizi segreti in piena epopea berlusconiana.
Ma questa volta, dopo i clamori dell’hacker siciliano che passeggiava nei data-base del Ministero di Giustizia, dopo le gesta del bancario con le sue 6 mila intrusioni nelle vite degli altri, la nuova e onnipotente banda di spioni appena scoperta a Milano, capace di entrare e uscire 52 mila volte dagli archivi ultrasegreti (?) del Viminale, si trascina un sacco di domande al seguito e almeno una definitiva verità.
Prima domanda. Ma se è così facile bucare l’ombra che ogni cittadino di questo Paese si porta dietro – ombra e impronte che conducono a relazioni, amicizie, numeri di telefono, foto, video, conversazioni, amanti, conti bancari – com’è che gli evasori parziali, semi parziali, totali, la fanno sempre franca? Com’è che all’appello del nostro vivere comune mancano sempre da 80 a 100 miliardi, imboscati sotto al materasso dell’evasione fiscale di un tassista, di un finanziere, di quei gioiellieri che guadagnano sempre meno dei loro vetrinisti?
E poi. Se basta un click, una password e un paio di investigatori infedeli per entrare al Quirinale, negli archivi della Polizia e dei Servizi segreti, come fossero il Bingo sotto casa, com’è che non sappiamo ancora nulla (o quasi) dei cento misteri che assediano la nostra storia nazionale, dalle stragi d’altro secolo, alla scomparsa di Emanuela Orlandi, dal depistaggio su via D’Amelio alla sparizione dell’agenda rossa di Borsellino. O quanto fosse coinvolta l’Università di Cambridge nella trappola in cui cadde Giulio Regeni. E ancora: quante stragi di migranti sono stata nascoste dentro le acque del Mediterraneo? E quanto vale in miliardi di euro e intese sovranazionali il nostro traffico internazionale di armamenti e software, visto che, secondo Costituzione, dovremmo ripudiare la guerra anziché alimentarla?
Altra domanda. È giustificato l’allarme, anzi il panico che risuona nelle parole degli investigatori che hanno dettato: “Siamo di fronte a un attacco alla democrazia”? Certo che sì. Hanno appena scoperto che una manciata di ricattatori custodiva 800 mila dossier rastrellati in qualche anno di infiltrazioni, astutamente nascosti non proprio nella grotta di Ali Babà, ma dietro le guglie del Duomo di Milano, da dove i quaranta ladroni si impadronivano delle vite private di tutti, dagli gnomi del mondo dello spettacolo ai capitani di industria e finanza, dalle fidanzate di qualche pupone con il cuore in affanno alle massime cariche dello Stato, figli compresi.
E ancora di più è giustificato l’allarme per la permeabilità – clamorosa e conclamata – del mondo che ci siamo costruiti accanto, anzi sopra, sotto, ovunque, quello della Infosfera che custodisce per intero la storia di ognuno di noi, basta saperla pescare tra i miliardi di byte che sono diventati la nostra aura, invisibile solo per chi non ha lo strumento adatto per vedere.
L’ultima rivelazione di questa storia è che siamo sempre di più nelle mani di chiunque. Dei buoni, veri o presunti, e dei cattivi. Quelli che risolvono gli omicidi interrogando le tracce digitali di cellulari e telecamere che gli assassini si lasciano dietro. E quelli che gli omicidi, virtuali fino a un certo punto, li architettano a pagamento, seminando ricatti e incendi reputazionali. E che dunque viviamo consensualmente sottoposti ai titolari dell’ordine che quotidianamente perlustrano la nostra convivenza, la campionano, se del caso la indagano in difesa di quelle regole comuni che chiamiamo democrazia. E insieme viviamo sottomessi ai bucanieri che quell’ordine e quella convivenza la vogliono forzare, violare, dissolvere per appiccare l’incendio dei ricatti, in cambio di soldi, potere, carriere, interessi politici, vendette personali. Per ordine di una cosca che maneggia appalti o uomini politici. O per la banalissima curiosità di un impiegato che dal desk di una oscura filale bancaria di Bisceglie si toglie lo sfizio di guardare tra le lenzuola contabili di suoceri, vicini di casa, capiufficio, e di altri migliaia di perfetti sconosciuti compresi quelli che abitano nei rotocalchi o nelle stanze dei palazzi del potere.
Ora il governo emette sirene d’allarme. Promette “strette legislative”. Minaccia “pene più severe”. Garantisce che a contrasto dei ricattatori infedeli basterà migliorare i controlli per arginare e le incursioni illegali e proteggere le vite.
Ma è davvero così semplice? La verità è che abbiamo trasformato il nostro villaggio globale in un clamoroso paese di specchi. Specchi dotati di memoria perpetua. La memoria del silicio. Che è la definitiva stregoneria di cui parla Yuval Harari nel suo ultimo libro Nexus, dedicato non solo ai rischi della futura Intelligenza artificiale, ma anche a quelli della attualissima stupidità umana del tempo presente. E degli strumenti digitali talmente pervasivi da rendere la privacy una chimera così lontana, così irraggiungibile, che per maneggiarla l’abbiamo dovuta trasformare in una nuova religione, buona per essere violata ogni volta che serve.
Il solitario filosofo Guy Debord scoprì a metà dell’altro secolo che avremmo vissuto in una permanente “Società dello Spettacolo” governata sempre di più dal segreto, il segreto remoto del potere. Custodito dal perpetuo intrattenimento allestito per distrarci. Non poteva immaginare quanto ci saremmo spinti oltre. E che quel segreto un tempo esclusivo, si sarebbe dislocato nell’ovunque della Rete a portata di algoritmo. Saranno i buoni o i cattivi a scegliere quale segreto rivelare, quello del tassista evasore, del latitante in fuga o del ministro corrotto? Sì, è vero, mai come ora la democrazia è in pericolo. Segreti e ricatti sono la dieta preferita dalle democrature. E i complici, più ingenui che colpevoli, siamo tutti noi che abbiamo appeso le nostre vite dentro alle vetrine illuminate della Rete. Credendoci protetti dal buio che invece abbiamo dissolto.
A me che mi intercettino non mi importa una s….. non ho nulla da nascondere.
Chi invece è preoccupato è quello che deve nascondere qualcosa,qualcosa di importante,di scomodo … e chi sono ?
Sono i politiici gli imprenditori disonesti,i mafiosi,i massoni e i delinquenti in genere che non rispettano la legge.
E i servizi segreti ? A che servono ? Servono ad essere segrteti per qualcuno e per altri no!
Ricordate il caso Genchi? … non erano intercettazioni o violazione della privacy…. eppure fu condannato!
Poverini i lamentosi…. ci mettono la sicurezza della nazione(all’ammerccana),quale sicurezza se siamo dipendenti dagli USA?
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Tu tu tu tum
ATTENTO!!
Anche tu sei a rischio!
Loro necessitano di gente che abbia da perdere e che sia ricattabile.
Quelli come te menti libere e non ricattabili non le vogliono!
Potrebbero decidere di eliminarci tipo un novello 1984 Orwelliano.
Tu tu tu tum
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Di tutta questa storia ciò che mi fa venire la nausea è la solita visione parziale delle cose.
Quando si compie un crimine su commissione ci sono degli esecutori e ci sono dei mandanti
Ora, la vicenda, per come descritta da una stampa intruppata, pone l’attenzione sugli esecutori; giusto che lo si faccia.
Ma di sti kazzo di mandanti perché non ne parla nessuno?
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Mi fa impazzire di goduria il fatto che la cybersecurity del nostro paesucolo sia stata volutamente messa in mano niente meno che ai servizi segreti israeliani i quali, qualche tempo fa (nel 2023) in barca sul Lago Maggiore, son colati a picco mentre confabulavano con agenti italioti, si narra per una tromba d’aria, poi vai a capire (cfr. ricerca sul Fatto Quotidiano). Siamo una democratura che ulula davanti agli stati dittatoriali altrui, e facciamo anche la voce grossa sui perfidi dittatori degli altri, dimentiandoci come al solito di dare PRIMA un occhio a casina nostra propria – e sto qui volutamente tralasciando tutte le schifezze che trasformarono gli anni 70 negli anni di piombo e della strategia della tensione, perché ci sarebbe da dirne millemila anche su quello, come appendice all’articolo di Corrias, leggendo il quale come minimo inizi a cercar di riportare alla memoria tutti gli acronimi dei servizi segreti vari di cui hai sentito parlare negli ultimi cinquant’anni. Ma insomma alla fine della fiera, ha stato o non ha stato Putin? Mi sa che anche questo non lo sapremo davvero mai, anche se fa figo da due anni a questa parte raccontare così. Sempre più emozionante vivere in questo paese… Viva l’itagghia!
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