
(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Voglio credere all’incredibile e cioè che, quando Paolo Corsini — alto dirigente della tv di Stato e militante dichiarato di Fratelli d’Italia — ha pronunciato ai microfoni la parola «infame» subito dopo la parola «Formigli», non si riferisse affatto al conduttore televisivo, ma al gradino su cui aveva appena rischiato di incespicarsi, come da lui sostenuto.
Questa spiegazione, però, mi preoccupa persino più di quell’altra. Può capitare a tutti di chiamare «infame» qualcuno che ti sta sulle scatole. Oddio, proprio a tutti no, perché «infame» è termine arcaico che usano soltanto qualche dirigente di Fratelli d’Italia e gli ultrà del calcio. Però a tutti può succedere di pronunciare qualche sinonimo più moderno e, nel caso, di risponderne in tribunale.
Invece, dare dell’«infame» a un gradino è il sintomo di una visione del mondo particolarmente cupa. Significa immaginare che non solo le persone, ma persino le cose complottano contro di te. Quella che il Giuli definirebbe, in parole povere, «una concezione antropomorfa e perigliosa dell’esistente».
Non oso immaginarmi la giornata-tipo del povero Corsini, trascorsa a dare dell’«infame» alla pastasciutta della mensa Rai e all’ascensore di viale Mazzini che non è mai al piano quando ne ha bisogno. La sera rientra a casa talmente provato che, se accende la tv e vede un’inchiesta giornalistica di Formigli sulle magagne del suo partito, quasi quasi tira un sospiro di sollievo.
Quello erano , quello sono e quello saranno sempre degli arroganti tra l’altro incapaci
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Aspettiamo da umili finanziatori della Rai che una pedata istituzionale mandi questo individuo a Zappare la terra magari nella pianura pontina dive sentirà un’ aria nostalgica e familiare.🤔
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Infame, termine che i pagliacci neofasci usano spesso, è molto usato negli istituti carcerari……che ci sia un collegamento?
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