
(Domenico Quirico – lastampa.it) – Nel dedalo di contingenze che cavano il fiato, assediati da un panorama internazionale colato a picco nelle dissipazioni guerresche, confidavamo nei signori giurati del Nobel per la pace, li volevamo pretoriani di una forza morale capace di cimentarsi con giorni correnti tutti stampati in rosso scarlatto, dove ognuno ha martiri quotidiani per la propria parte. Lo so: è un premio che striminzisce sui giornali in poche ore, un perbene malinconico. Giusto. Ma serve a ricordare che la pace è possibile se solo qualcuno volesse mobilitarla. Forse non muore anche se sembra estinta in ogni meridiano e parallelo sotto la stretta di dita ferree. Non è premiare un romanziere o un biologo: i cinque scelti da parlamento norvegese hanno il compito di invocare una palingenesi trasformatrice del mondo come un nuovo diluvio. Deve essere, la scelta, non episodio ma sacrosanta eresia.
Dopo aver letto in passato nomi che rasentavano la sconvenienza come Arafat, Begin, Kissinger o Abiy Ahmed Ali ho dubitato non della pace ma dei giurati. L’assegnazione ieri alla organizzazione che riunisce i superstiti delle bombe atomiche sganciate dagli americani su Hiroshima e Nagasaki è una occasione mancata, un Nobel stanco, inespressivo, scorciatoia per evitare i guai del calarsi davvero nel presente. In fondo non è la solita razione di segatura quotidiana, una ortodossia della quiete, l’assuefazione a niente che tenga per più di cinque minuti?
Nihon Hidankyo premio Nobel per la Pace 2024, il momento dell’annuncio

Nei cieli ci sono missili e aeroplani, milioni di uomini stanno rintanati nelle trincee, dentro le case le baracche i bunker non c’è più luogo che abbia in Europa in Africa nel Vicino Oriente silenzio e quiete. Era obbligatoria una scelta dura, implacabile, un grido di pacifismo non quietista ma rivoluzionario. Perché cosa c’è di più rivoluzionario della pace, che significa spazzar via l’andamento politico del mondo? Ecco: bisognava non assegnarlo, astenersi polemicamente, uno schiaffo ai piazzisti della morte redditizia, politici, banchieri pescecani in cravatta e consiglio di amministrazione, come è avvenuto durante la prima e la seconda guerra mondiale o negli anni più aspri della guerra fredda. Quando premiar la pace era impossibile, perfino indecoroso. Ricordare la tragedia e l’impegno dei giapponesi superstiti sarebbe stato tutto questo ma nel 1945! Quando per la prima e unica volta l’apocalisse fu usata per applicare una nuova dimensione del delitto contro l’umanità. Nel 1945 invece fu assegnato a Corder Hull, un politico di quella democrazia americana che il Delitto aveva commesso; non per accelerare la pace, come si giustificò a posteriori, ma per dimostrare di fronte ai futuri nemici, che stava già individuando, che la potenza aveva un nuovo monopolio.
Sì. Lo so. la scelta dei testimoni dell’unica apocalisse realizzata dovrebbe ricordarci che la Bomba non è più l’arma non arma, pura deterrenza reciproca da custodire nei silos, quando dire che il mondo si preparava al conflitto senza ritorno era per fortuna improprio e l’avvenire inconoscibile era sbarrato comunque da questa contraddizione. Oggi il possibile suicidio del mondo si sente, si annusa per la mancanza assoluta di un ordine internazionale convincente. Per l’atomica si usa di nuovo la parola fatalità, con la stessa disinvoltura rassegnata con cui si parlava della fatale conseguenza dell’attentato di Sarajevo. Oggi la Bomba viene maneggiata come una normale possibilità strategica e tattica dotata anche di teorie giustificatrici.
Ma il problema non è la Bomba, il problema è la Guerra: le guerre piccole grandi moderne vecchie ideologiche fanatiche nazionalistiche imperialistiche economiche e territoriali. Dove il terrore grugnisce, fiuta la direzione del vento. È contro questa Guerra normale e globale a cui ci stiamo abituando e rassegnando, contro questa Guerra giusta, giustificata, auspicata come nuova igiene del mondo, nostalgia di barbarie, che i cinque giurati di Oslo avrebbero dovuto lanciare un urlo furioso, un esplicito stato di accusa.
Il Nobel dovevano assegnarlo ad altri sopravvissuti, ai sopravvissuti di Gaza e del sette ottobre, del Libano e dell’Ucraina, del Sahel e del Congo, del Sudan e del Tigrai e di Siria, i luoghi dove stiamo organizzando il nostro naufragio: sfiniti e irriducibili, le pieghe fiamminghe dei loro visi che ci impietriscono, il cui dolore va al di là delle immagini, dissodando ciascuno patiboli per nulla nuovi, già incrostati di altri calvari, sangue su sangue, fame su fame, gli urli, lo strazio, i petti squarciati.
Ma lo sapete che la BBC non dà quasi nessuna notizia dell’Ucraina o di Israele mentre i nostri tg su qualunque canale si aprono con un costante, ininterrotto, estenuante, bollettino di guerra? E sapete quale è lo scopo di questo martellamente aberante insopportabile e disumano? Addormentarci l’anima. Assuefarci a considerare la guerra una necessità, un fatto inevitabile, ineluttabile, davanti a cui alla fiune nn avremo più nessuna reazione umana, così che giorno per giorno diventeremo meno umani, diveneremo degli zombi, incapaci di reagire, pronti solo a ubbidire. Quelli che cadono nel terrorismo dell’Intelligenza Artificiale e delirano su robot che prenderanno il sopravvento sugli uomini dovrebbero soffermarsi sul fatto che i media stanno già trasformando in robot proprio noi umani, organismi apparentemente funzionanti ma senz’anima.
Il 24 febbraio 2022 le truppe russe invasero l’Ucraina, da allora, da 32 mesi, i nostri telegiornali si sono trasformati in bollettini di guerra. Non c’è tg che non dia il numero dei morti, dei feriti, non intervisti qualche sopravvissuto, non dia qualche particolare macabro, non diffonda notizie inverosimili su presunte avanzate o presunte vittorie di Zelensky, non ci mostri Zelensky in tour perpetui presso i massimi grandi del mondo, non ci faccia vedere territori distrutti e macerie di case bombardate. Del resto la guerra è questo: un carnaio. Tutte le guerre sono questo carnaio. E mai una volta che dal tg esca qualche buona notizia di incontri finalizzati alla pace, di negoziati, di tentativi di accordo o di patti, di capi di Stato che seriamente si propongono come negoziatori di pace. I giornalisti volteggiano come avvoltoi su questi scenari di morte, cercando di afferrare qualche boccone succulento. Oggi, alle atrocità della guerra ucraina si sono aggiunte le atrocità dello scontro Hamas-Israele. Due focolai in due parti del mondo che stanno per scatenare una guerra nucleare, la terza guerra mondiale, da cui non ci riprenderemmo mai più. Da una carneficina siamo passati a due, ma lo scenario non cambia, e, all’ora dei pasti, siamo costretti a ingurgitare ogni giorno, tutti i giorni, il peggio del peggio, una infilata orribile di morti con scene aberranti che si ripetono o stragi addirittura inventate per dar colore, come i 40 bambini sgozzati da Hamas, mentre, al solito, le grandi potenze tacciono in preda a una paralisi di umanità, fregandosene delle distruzioni in atto e premeditandone altre anche peggiori, fregandosi le mani per il piacere dei nuovi introiti finanziari che pregustano, e il Governo italiano striscia in modo vile e servile ai piedi del padrone dell’Occidente.
Flebile e inascoltata la voce del Papa mentre dai capi delle altre religioni non arriva voce alcuna. La guerra si mangia tutto. E sembra che tutti i 750 milioni di abitanti dell’Occidente non desiderino altra informazione che questa: la fine del mondo.
Quando il bollettino di guerra si attenua, i tg attaccano col bollettino delle morti stradali. E non parliamo poi dei bollettini delle morti per Covid che ci hanno rallegrati per due anni.
Il quadro televisivo è questo. Orrore puro.
Che i fatti siano veri o no, sembra che l’intento dichiarato della cosiddetta informazione sia quello di fare terrorismo sulla gente così da annientare qualsiasi speranza nel futuro, atterrire le speranze di qualsiasi futuro nella riproposizione costante di scenari apocalittici, togliere all’essere umano qualsiasi pensiero positivo e qualsiasi voglia di cambiare il mondo in meglio, mentre tuttii vari governi occidentali si confondono in una pappa ugualmente efferata e inefficiente che ci butta, senza muovere un dito, nell’Apocalisse.
Ora, qualunque sia lo scopo di questa messa in scena disgustosa che provoca un rammollimento generale dei cervelli, l’ascolto dei telegiornali sta diminuendo vertiginosamente.
Non è psicologicamente accettabile che una campagna di disinformazione e di abbrutimento mentale sia perpetuata per troppo tempo. Il cervello non regge. Subentra il vomito. La psiche si rifiuta di farsi martellare da un costante e infernale terrorismo mediatico.
I primi che si sono allontanati dalla televisione sono stati ovviamente i giovani.
Oggi sentivo in tv grandi lodi del nuovo palinsesto Rai sotto l’egida della Meloni che useranno, sembra, un linguaggio più moderno e programmi più vicini ai giovani. Leggo altresì che le “novità” che si presenteranno sui nostri schermi saranno Nunzia de Girolamo e Flavio Briatore, mentre so che resteranno inamovibili molluschi come Bruno Vespa o esseri semi-umani come Sallusti, Mentana, Senaldi… mentre continueranno reboot, remake, revival e spinoff.
E mi chiedo: saranno queste le nuove offerte per i giovani?
Non faccio altri commenti perché mi sono fatta abbastanza il sangue cattivo.
Nel 2002 regalai a mia figlia un televisore. Lei non lo accese mai e ci mise sopra una bandiera della pace.
Credo sarebbe la soluzione giusta da adottare ancora.
Il 23 marzo 2003 Bush invase l’Iraq. Un prete della campagna pisana copri l’altare con la bandiera della pace e suonò le campane a morto.
Lo so che questo non succederà mai ma, se su tutti i campanili di tutte le chiese italiane, su tutti i minareti, su tutte le sinagoghe, comparisse la bandiera della pace e tutti i campanili italiani suonassero le campane a morto, io credo che sarebbe l’inizio di qualcosa.
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già già…
però gli IUESEI sono stati gli unici a lanciare ben due bombe atomiche, quando erano gli unici ad averla, non rischiando nessuna ritorsione.
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