
(Tommaso Merlo) – Ormai a Biden gli raccontano le filastrocche tra un pisolino e l’altro mentre alle sue spalle si decidono i destini del mondo. Sul tavolo c’è la reazione alla sventagliata di missili iraniani che potrebbe far detonare una guerra su larga scala. Se fosse per i falchi della lobby pro Israele sgancerebbero subito l’atomica su Teheran così tagliano la testa al toro, ma a Washington c’è chi frena. Una situazione complicata perché Biden non riesce più a decidere nemmeno se andare in bagno o meno mentre la Harris è l’unica cosa che riesce a decidere. Pare che i soli adulti della situazione si trovino al Pentagono dove sono stanchi di guerre a vanvera e avvertono che prendersela con l’Iran non è uno scherzo soprattutto oggi che vola di tutto. Le vulnerabili basi americane sparse nel Golfo finirebbero nel mirino missilistico dei pasdaran in un baleno. A suggerire cautela è proprio l’esito dell’ultima sventagliata, checché ne dicano i giullari di corte, i sistemi antimissili Made in Occidente hanno intercettato qualche missile giusto per sbaglio mentre quelli atterrati han fatto danni eccome. E in cantina gli iraniani conservano suppostone ancora più deleterie. Ed è questo che conta nel mondo della guerra, avere un elmetto per ogni clava. L’Iran sembra poi fare sul serio, ne hanno abbastanza d’ingoiare rospi e quello di Nasrallah non va giù. Ma c’è oltre. Iran e Russia hanno un ottimo rapporto e la passione comune per le armi. Si scambiano i pezzi preziosi delle rispettive collezioni e Putin gli sta installando un sistema antimissile nuovo di pacca. Quanto all’annosa questione del nucleare iraniano, pare che l’Ayatollah in passato abbia espresso qualche perplessità in merito ma gli sia passata di recente. L’atomica è la clava per cui non esiste nessun elmetto. Al pericoloso Iran è sempre stata negata mentre quel mite statista di Netanyahu ne possiede un centinaio. Rinomata coerenza occidentale. Ma una guerra con l’Iran seccherebbe anche la Cina, il suo immenso motore produttivo gira soprattutto grazie al petrolio iraniano e se vengono colpiti i pozzi anche il prezzo del greggio schizzerebbe alle stelle e potrebbe causare una recessione globale. E questo in un momento già delicato. L’Occidente non accetta il sorpasso tecnologico cinese e sta ricorrendo ad una meschina guerra di dazi. Falli di frustrazione che potrebbero alimentare un conflitto commerciale. A breve si riunisce poi il Brics, per la prima volta nella storia potrebbe nascere una alternativa al dollaro, vero pilastro del decrepito impero americano. Cose grosse, l’Occidente sul viale del tramonto. E se non bastasse siamo pure a tre settimane dalle elezioni statunitensi. e una guerra con l’Iran potrebbero essere la pietra tombale per una Kamala Harri già inguaiata di suo. I sondaggi la danno incredibilmente alla pari col vecchio Trump. Annunciata come una Obama in gonnella, la Harris si è rivelata una ventriloqua dell’establishment. E non c’è di peggio coi tempi che corrono. Ha ricevuto palate di endorsement di lusso, ha tutti i media a favore, ha raccolto una valanga di soldi eppure niente, anche negli Stati Uniti i cittadini vogliono cambiamento radicale e non ipocrita perbenismo lobbistico. Per dirla all’americana, la guerra all’Iran dipenderà da chi è il cane e chi la coda. Se sono cioè gli Stati Uniti a guidare la loro politica estera oppure la lobby pro Israele. Una guerra non è negli interessi americani né occidentali e servirebbe solo a coronare i deliri sionisti di Netanyahu ma il potere ha le sue dinamiche. Nell’ultimo anno Biden non ha fatto che firmare assegni in bianco e passerà ai posteri come lo sponsor del genocidio del secolo. Uno scandalo a metà tra crisi democratica e circonvenzione d’incapace, ma davanti ad una guerra di tale entità ed impatto, gli adulti del Pentagono ma anche le rare menti libere sopravvissute in quel di Washington, potrebbero trovare un compromesso intelligente o almeno pare ci stiano provando. Del resto nel mondo della guerra contano anche le tempistiche e le conseguenze strategiche e non solo chi ha la clava più letale. Quanto al mondo della pace, rimane tutto da fare.
L’articolista non pronuncia una sola parola su Trump che sta incitando Israele a finire il lavoro a Gaza, ad occupare il Libano e a bombardare i siti nucleari dell’Iran…
Trump, tra l’altro (al di là di tutte le dichiarazioni populiste):
-fu il primo presidente USA -nel 2017- a fornire ‘armi letali’ (fornendo missili anticarro Javelin e altre armi) all’Ucraina per la guerra in Donbass, mentre dal 2014 gli Usa fornivano solo assistenza militare;
-una settimana dopo l’insediamento, concordava con l’Arabia Saudita il bombardamento dello Yemen; riaffermando così l’alleanza strategica (e personale) con Riyadh;
-ha continuato le ‘guerre economiche’ con le sanzioni contro Venezuela, Siria, Iran, Libano ecc… impedendo a questi paesi l’accesso a centinaia di miliardi di dollari di depositi nelle banche occidentali… Alle sanzioni si aggiunge anche l’embargo sulle esportazioni petrolifere dell’Iran, ecc;
-nella guerra civile della Siria, Trump intervenne con il lancio di 59 missili Tomahawk nel 2017, poco più di un anno dopo il raid fu ripetuto. 105 missili,
-ha dato il via libera ad Erdoğan per l’invasione del territorio curdo in Siria (con al seguito le truppe dei terroristi dell’Isis);
-sganciò in Afghanistan la superbomba;
-ha finanziato bande armate in Venezuela per un colpo di stato contro il presidente Maduro, per impadronirsi del petrolio di detto Paese;
-durante il 2019, inasprì l’embargo verso Cuba, provocando una limitazione delle rimesse dagli Usa a Cuba e la restrizione del turismo nell’isola, cause di una riduzione degli afflussi di valuta estera;
ha organizzato l’assassinio a Baghdad del generale iraniano Qassim Soleimani con un drone telecomandato da Washington; Trump e lsraele erano pronti per la guerra…
-ha ‘favorito’ il riconoscimento di Gerusalemme come capitale (contro il parere dell’Onu) e appoggiato le occupazioni illegali di sempre più territori palestinesi in Cisgiordania…
Suvvia… Un minimo di correttezza nell’informazione sull’imperialismo USA (che è evidente non cambi al di là dei presidenti).
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