(Gioacchino Musumeci) – Leggo nel Giornale di Sallusti che nella manifestazione Milanese contro la guerra in Israele, stigmatizzata come piazza dell’odio, sarebbero stati esposti cartelloni “scioccanti” contro la senatrice Segre e il ministro Crosetto.

A peggiorare la situazione, secondo quanto riferisce il quotidiano, la presenza in piazza di esponenti Pd “eversivi” rispetto alla linea della segreteria a cui la Dx, filoisraeliana per necessità di protocollo, chiede spiegazioni.

Senatrice e Ministro definiti “agenti sionisti” sarebbero vittime d’odio antisemita. La definizione ha scatenato sdegno degli amici italiani di Netanyahu, propagandisti di quotidiani italiani e del presidente della comunità ebraica milanese: “ Siamo ad un passo dalla caccia all’Ebreo” sostiene Walker Meghnagi.

In realtà tanti Milanesi non sono improvvisamente impazziti. E’ più facile che delirino a Tel Aviv ma pensino che i matti stiano altrove. La “capitale italiana dell’europeismo e progressismo” non è mai stata una corte di estremisti antisemiti. E artificiale che i vertici della comunità ebraica italiana non colgano il significato della protesta perché è semplice: il medio oriente non è il Risico ove sfoggiare truppe qua e là sicuri della copertura USA . La reazione israeliana all’orrore del sette ottobre scorso è stata talmente efferata e antidemocratica da oscurare il feroce attentato e rendere l’opinione pubblica refrattaria a qualsiasi ipotesi che giustifichi l’irrazionale crudeltà del governo israeliano. Superare il limite non è certo nel manifestare, lo è di sicuro invece nell’uccidere indiscriminatamente.

Perciò i continui tentativi di delegittimare il dissenso sono destinati a dissolvere per anni l’empatia che il popolo di Israele ha meritato dopo il secondo conflitto mondiale.

“ Agente sionista” per esempio non dovrebbe essere un insulto degradante a meno di ritenere che il Sionismo “degradi” l’individuo. In realtà tutti sanno che Israele ignora le regole ma nessun vertice occidentale vuole condannare seriamente certe condotte perché la cultura degli stati maggiormente progrediti e potenti è fondata proprio sul colonialismo, perché dunque condannare quello Israeliano.

Ora occupiamoci di piazza dell’odio: il sionismo dal mio punto di vista è un ideologia legittima con intenti pacifici; il ritorno a una patria “ promessa” non possiede in sé connotati negativi ma diventa pericolosissimo se radicalizzato poiché comporta l’abbattimento di chiunque non lo condivida, lo interiorizzi e lo esalti. Ciò ha portato all’oppressione decennale di un popolo e l’occupazione illegale di territori perpetrata violentemente perfino con coloni armati e spalleggiati dall’ IDF.

Che la questione sia soppesata in modo ambiguo all’interno della stessa comunità Ebraica è testimoniato dall’evidenza che le ovvie preoccupazioni dei vertici delle comunità ebraiche sono manifeste solo da quando l’opinione pubblica è contraria alle politiche indiscriminate che il governo di Israele perpetua da mesi in sprezzo a qualsiasi veto delle Nazioni Unite. Perciò Israele manipola insistentemente l’opinione pubblica perché attribuisce antisemitismo agli oppositori delle politiche israeliane che ovviamente non sono perpetrate da tutti gli ebrei. Ma basta contestarne una parte per essere accusati di antisemitismo. Oggi dunque si può dire che sia antisemita chi chiede meno integralismo e maggior equilibrio?

Bisognerebbe essere chiari: finché gli israeliti sono eletti sul piano biblico è semplicemente folclore. Invece se una discriminante dai connotati artificialmente sacri si applica oltre il confine delle scritture le risultanze sono demenziali quanto gravi.

Ma eletti a parte, dov’erano i filoisraeliani quando in Italia si svolgeva la caccia al russo e venivano boicottati ristoranti, atleti, letterati, musicisti, perfino i gatti. Davanti a certe stramberie strategiche l’opinione pubblica dovrebbe sposare SERVILMENTE la tesi dell’antisemitismo, ignorare o dimenticare che nel frattempo interi popoli sono emarginati e disprezzati e sostenere che l’ONU è una palude antisemita.

No grazie, ogni popolo ha diritto ad esistere.