
(Valentina Conte – la Repubblica) – I sindacati, anche quelli di polizia, bocciano l’idea del governo di spingere fino a 70 anni la permanenza al lavoro dei dipendenti pubblici. I leader di Cgil, Cisl e Uil – a Cagliari per il summit sindacale Labour 7 che precede il G7 del Lavoro – chiedono anzi alla premier Meloni di convocare quanto prima le parti sociali per discutere di pensioni e degli altri temi legati alla manovra.
Il pacchetto previdenziale si annuncia risicato. Il governo intende portare avanti, anzi accentuare, la filosofia dell’anno scorso: fare cassa sugli assegni medio-alti con la rivalutazione parziale all’inflazione, penalizzare le uscite anticipate, trattenere al lavoro.
La linea non cambia, nonostante il primo ricorso finito davanti alla Consulta, raccontato ieri da Repubblica , per incostituzionalità del taglio all’indicizzazione delle pensioni sopra i 2.273 euro lordi, quattro volte il minimo.
Taglio strutturale, in vigore da un biennio e destinato ad essere confermato anche per il 2025 con un’ulteriore possibile stretta alle ultime due fasce, quelle che oggi recuperano solo il 37% e il 22% dell’inflazione. Parliamo di assegni rispettivamente sopra 4.544 euro e 5.679 euro lordi. Se l’obiettivo è quello di alzare le pensioni minime per accontentare Forza Italia, questa sarebbe la copertura.
Anche l’idea di allungare, per ora in modo volontario, la permanenza dei dipendenti pubblici fino a 70 anni viene chiaramente immaginata dal governo in chiave di risparmio sui conti dello Stato: meno pensioni, meno assunzioni. Così la interpreta Maurizio Landini, segretario generale della Cgil: «Una follia, siamo già il Paese con l’età pensionabile più alta d’Europa e con una pubblica amministrazione tra le più vecchie. Avremmo bisogno di giovani e di aumentare l’occupazione. Qui invece si fa l’operazione inversa per non pagare le pensioni e fare assunzioni, quindi risparmiare».
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Sono andato con 43 anni e un mese (tre mesi di finestra) il massimo per ora, ma credo che fra una decina di anni sarò considerato un baby pensionato con questo andazzo.
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Landini con questa battuta è a posto per un altro anno.
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Tempo fa, mentre stavo leggendo un articolo di Chiara Saraceno avente come tema argomenti di natura demografica, mi venne in mente di collegarmi col sito della scuola media che frequenta.
Fui un alunno del corso H (8va lettera dell’alfabeto); aprendo il sito mi resi conto che c’era solo la 3a del corso E; ciò significa che a partire da quest’anno scolastico esisteranno al completo solo i corsi fino alla D (4a lettera dell’alfabeto).
Ora, se assumiamo che il numero di alunni per classe sia rimasto invariato nel tempo, significa che il numero di alunni in 40 anni, si è DIMEZZATO!!!.
Se facciamo una proiezione da qui a 13
anni, vuol dire che, con una certa approssimazione, la mia coorte che andrà in pensione, sarà sostituita dalla metà di nuovi entranti nel mondo del lavoro..
Pensare che sia finanziariamente sostenibile un qualcosa del genere è pura utopia e a nulla servono le riforme sulle pensioni con numeri di questa portata.
Il nostro sistema pensionistico a ripartizione, dove chi lavora paga le pensioni di coloro che ci sono già andati, non è sostenibile per ragioni demografiche.
Il modello a capitalizzazione, che una destra scriteriata vorrebbe introdurre o sta cercando di farlo, non può funzionare.
Esso infatti prevede che l’assegno pensionistico si basi sulle quote versate all’ente previdenziale (da non confondere col sistema contributivo che continua a tener conto del sistema a ripartizione); tuttavia per poter maturare un assegno congruo ci dovrebbero essere salari adeguati e continuità lavorativa.
in assenza di questi due presupposti gli assegni sarebbero bassi e non si possono lasciare le persone a morire di fame; quindi la fiscalità generale sarebbe chiamata in causa.
Dalla porta o dalla finestra il problema delle retribuzioni pensionistiche rimarrebbe irrisolto.
Ci vuole crescita e la demografia deve cambiare nettamente passo; se non si tiene conto di ciò tutte le dis ustioni sul tema, diventano fuffa.
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… oppure si comincia a far pagare seriamente le tasse ai vari super-ricconi dell’1% che magari se ne stanno a difendere la bandiera italiana a Montecarlo, dove risiedono ben 8.000 italiani tutti ricchissimi.
Per non dire di tutti gli altri paradisi fiscali.
Volendo di soldi ce ne sarebbero parecchi da rastrellare, altro che crollo demografico.
E poi se sei tanto preoccupato, l’Africa del 2050 avrà sui 2,5 mld di abitanti.
La sola Nigeria 400 mln.
Questa catastrofe sarà più che sufficiente a darci nuovi ‘lavoratori’. E pure cittadini in abbondanza, altro che Balotelli.
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Pet quel che riguarda l’evasione fiscale, in qualunque forma essa si applichi, se c’è un calo demografico, anche ad avere risorse finanziarie disponibili, prima o poi il sistema va al collasso.
Se butti fuori più di quel che entra, le riserve si esauriscono, e solo questione di tempo.
Anche a recuperare risorse facendo una lotta seria all’evasione fiscale, si allunghefebbero solo i tempi di agonia
Pet quel che riguarda l’immigrazione, dall’Africa o da altrove, se chi entra nel mondo del lavoro, ha contratti precari, ha bassi salari, per non parlare di chi lavora in nero, c’è ben poco da fare; il sistema non regge.
Il tema migranti è poi molto più complesso; ammesso e non concesso che i migranti possano risolvere il problema pensionistico, si creerebbero altri problemi, quali quello abitativo, quello di competizione o dumping salariale con i residenti e con esso problemi sociali.
L’unica cosa possibile è quella di creare le condizioni affinché i giovani possano pianificare il futuro.
Questo significa no a lavori precari, adottare politiche salariali sostenibili, certo contrastare seriamente l’evasione fiscale, garantire la certezza del diritto; in altri termini creare un clima di fiducia sia tra istituzioni e cittadini, sia nel rapporto tra privati.
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