Ex discotecaro, il governatore del veneto salvò un albanese dall’auto in fiamme. È uno bravo, dunque fa eccezione: e si ritrova candidato a tutto, dal Veneto a Venezia, al Coni

(di Fabrizio Roncone – corriere.it) – Luca Zaia è un personaggione piuttosto atipico nella classe politica di questo Paese, mediamente modesta, inadeguata, volgare, e però piena di una furia ambiziosa: ormai da oltre un decennio capita nei palazzi del potere gente spregiudicata e senza spessore, credibilità, spesso proprio senza uno straccio di storia personale, impostori finiti lì per caso, per destino, per capriole spericolate, per parentele, perché magari uno si stufa d’essere generale e decide di diventare un capopopolo fascistello.
Zaia, il leghista Zaia, il governatore del Veneto dalle percentuali bulgare (76% all’ultimo giro elettorale), è uno bravo e quindi fa statistica, cioè eccezione, e infatti si ritrova candidato a tutto, dai giornali e da quella parte di establishment economico che ancora esiste, e resiste.
Intanto: mentre sia avvia a concludere quello che, al momento, sembra essere il suo ultimo mandato, c’è un certo chiacchiericcio che soffia, immaginando una deroga, una proroga, qualcosa che insomma riesca a farlo restare alla guida di una regione che lui ha reso un modello di gestione della cosa pubblica. C’è riuscito governando con ingredienti semplici e preziosi: il rigore e il buon senso. Sempre in ghingheri, con i capelli appiccicati sulle tempie da ex discotecaro (quando scese a Roma per fare il ministro dell’Agricoltura nel governo Berlusconi IV, i commessi di Palazzo Chigi subito lo soprannominarono «er pomata»), ma anche sempre misurato, ragionevole, saldamente leghista e però attento ad essere rigorosamente distante dagli eccessi di Matteo Salvini e dalle sue clamorose sbandate a destra.
Furbo, simpatico, calcolatore. Sostiene d’essere stato «pannelliano» e «gandhiano». Una sera salva un immigrato albanese rimasto intrappolato dentro un’auto in fiamme. Poi protesta quando s’accorge che in una fiction poliziesca gli agenti più simpatici sono tutti romani o napoletani, mentre l’unico scemo del commissariato è di Venezia. A proposito: già detto «il Doge», è candidato a diventarne il sindaco. Se ne parla da mesi, ma la vicenda giudiziaria che ha travolto l’attuale primo cittadino, Luigi Brugnaro, ha reso la faccenda molto attuale. Non l’unica.
Gira il nome di Zaia anche per la successione a Giovanni Malagò, al comando del Coni.
Per la presidenza degli Stati Uniti, invece, è fuori.
La regione non è un modello di gestione, sono tutte le altre a essere gestite peggio.
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Assolutamente d’accordo! Non è il Veneto una regione esemplare! Né tantomeno zaia!! Che di azzate ne ha fatte e ne sta facendo! È il prosecco che annebbia la mente dei votanti purtroppo la causa di tutto!! Se penso che potrebbe diventare sindaco di Venezia peggio mi sento!! 🤬😤
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Nel regno dei ciechi l’orbo è re. Ovvio che nella lega spicchi come un baobab in un campo di asparagi.
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