
(Tommaso Merlo) – Pavel Durov ha raccontato di essere scappato dalla Russia perché Putin voleva censurare i suoi oppositori politici sul social russo VK che Pavel aveva fondato e che ancora primeggia da quelle parti. Come risposta Pavel ha venduto tutto e col fratello ha fondato Telegram proprio con l’intento di garantire libertà di parola a chiunque e senza che governi o chicchessia possano metterci il becco e violare la privacy. Scappato dalla Russia, Pavel è rimbalzato anche in Europa a causa della troppa burocrazia e successivamente perfino dagli Stati Uniti dove ha raccontato che i servizi segreti hanno addirittura provato a corrompere un suo ingegnere per decriptare Telegram. Alla fine si è stabilito a Dubai ma ha anche cittadinanza francese ed è proprio in quel di Parigi che è caduto in trappola o forse ci è voluto finire sicuro delle sue ragioni. Si sa poco dell’accaduto ma a meno di colpi di scena, la questione dovrebbe essere la solita che perseguita Pavel Durov da anni: libertà di espressione da una parte, esigenze del potere e dell’ordine pubblico dall’altra. Un limbo controverso. Telegram è una piattaforma aperta a tutti che garantisce massima privacy, ha circa un miliardo di utenti e tra essi anche una esigua minoranza di criminali. Altre piattaforme e social sono scesi a patti con le autorità aprendo cosiddette “porte sul retro” che permettono d’intervenire censurando e risalendo a chi c’è dietro agli account, Pavel Durov no e per questo è inseguito dalle autorità di mezzo mondo. Viene accusato di non collaborare e quindi di essere complice. Gli utenti di Telegram vanno dagli Hezbollah in Libano fino al movimento indipendentista catalano passando per giornalisti non organici e complottisti di varia specie. Una piattaforma prediletta dai ribelli proprio per il fatto che garantisce l’anonimato. Ora, per le attività criminali come traffico di armi o di esseri umanai, è facile decidere dove finisce la libertà di espressione ed iniziano le esigenze di ordine pubblico. Molto più difficile stabilire un limite per le opinioni o per verità che danno fastidio ai potenti di turno. A Putin è bastato mandare i suoi scagnozzi a casa di Pavel per risolverla, da noi è più complesso e negli ultimi anni l’andazzo è stato quello della censura e del marginalizzare le voci scomode. Tra tutti spicca il caso di Julian Assange, colpevole di aver fatto bene il suo mestiere che è finito rinchiuso in una cantina per anni. A sentire i potenti di turno, lo fanno per noi, per la nostra sicurezza ma in realtà è per tenere nascosti i loro scheletri negli armai e per punire chi li contesta e li svergogna. Una storia vecchia come il mondo che internet ha amplificato in maniera esponenziale. Negli ultimi anni ne sono successe di tutti i colori, con segreti di stato e di pulcinella finiti sul telefono del mondo intero, con teoremi diventati virali e mutati in ferree ideologie, con personaggi che dal nulla vengono seguiti da folle immense e poi svaniscono in poche ore, con balle diventate dogmi ed account soppressi d’improvviso. Internet sta mandando al tappeto la stampa tradizionale e denudando i potenti di turno, con classi dirigenti che non hanno più il monopolio sull’opinione pubblica e quindi in maniera scomposta cercano di reagire. Un fermare il vento con le mani. Per capire ad esempio cosa sta succedendo a Gaza basta guardarsi un video su Instagram o su TikTok girato dalle vittime del genocidio tra le macerie, non c’è bisogno di aspettare la sera per bersi la minestrina riscaldata di qualche telegiornale. E quando il politico tace o spara le solite frasi fatti, il cittadino può confrontarle con la cruda realtà e trarne le conseguenze. Non è certo un caso che gli Stati Uniti stanno bandendo TikTok, un social con 1,5 miliardi di utenti fondato da un Pavel Durov di Singapore, il Congresso che ha osannato Netanyahu vuole sopprimere un social che permette agli americani di aggirare la propaganda pro Israele mainstream. Libertà di espressione da una parte, esigenze del potere dall’altro. Se le piattaforme come Telegram vengono usate da gruppi criminali per i loro traffici, gli inquirenti devono poter usare “porte sul retro” ed intervenire, ma qualunque tentativo di limitare la libertà di espressione sarebbe un attacco inaccettabile alla democrazia. Tutto il dissenso, le opinioni alternative e le verità emerse e diffuse grazie ad internet, ci stanno facendo crescere come società civile globale.
Già.
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L’articolo di Merlo contiene secondo me delle imprecisioni, ma mi da modo di commentare la vicenda.
Visto che le pressioni subite da Durov è lui a raccontarle, e non c’è altra fonte che ne parli, consiglio questa intervista che gli viene fatta da Tucker Carlson, così uno si fa un’idea sulla base di una testimonianza non riportata:
Durov ha una piattaforma di messaggistica, e ha tutto l’interesse di salvaguardarne la privacy. Se le persone sanno che le proprie lettere vengono sistematicamente lette da qualcuno (come nella Stasi della Germania dell’EST), le usano meno, è naturale. Penso valga per tutti, anche per chi non ha nulla da nascondere. Per me è privacy. Poi se uno scrive cose illegali eccetera, un giudice può chiedere che i suoi messaggi possano essere letti, ma è un’altra cosa rispetto a poter leggere i commenti di chiunque e sempre.
Dall’altro lato ci sono gli stati, con le loro esigenze. L’Uccidente è una democrazia di cartapesta secondo me, basata sulla manipolazione delle informazioni, e ha due esigenze: spiare tutte le conversazioni (spiavano perfino i capi di stato europei, compresa la Merkel, e Snowden ha denunciato come fosse spiato e controllato praticamente chiunque al mondo, con l’uso delle IA), e eliminare le voci fuori dal coro
Queste esigenze dell’Uccidente sono state fin’ora risolte informalmente, con pressioni e minacce (Durov parla di quelle ricevute dalla Russia e dagli USA in passato, che ha rifiutato, e ignorato).
Zuckemberg (instagram e facebook) ha denunciato ieri per scritto quelle ricevute in USA, e si è pentito di aver ceduto. Sotto c’è un articolo che accenna alla cosa, ma parla solo della questione Covid e dimentica colpevolmente di parlare anche dell’altro tipo di pressioni che Z. denuncia: quelle per coprire gli scandali e la corruzione della famiglia biden.
Musk ha parlato delle pressioni e minacce ricevute dall’Europa per il suo social X (Twitter).
Questi tre avvenimenti, in rapida sequenza, denunciano come le maglie della censura si stiano improvvisamente stringendo e uscendo alla luce. C’è una guerra futura da affrontare, e come si dice la prima vittima della guerra è la verità.
Se ci fosse libera informazione (come su Telegram, che fortunatamente per il potere non è così diffuso come altri social di cui hanno il pieno controllo), portare le popolazioni verso la guerra (e in generale controllarle) sarebbe molto molto più difficile. Per questo ora c’è questo attacco frontale ai social non allineati. Il potere ha in mano tv e giornali e la maggior parte di internet, ma ha necessità di impossessarsi e manipolare anche la minoranza che fin’ora le è sfuggita.
Aggiungo che Telegram è un social come gli altri, quindi non oscuro, pericoloso, putiniano, losco come viene descritto. L’unica differenza è che non ha fornito ai servizi segreti la chiave per entrare e spiare tutto e censurare, cosa che gli altri hanno fatto più o meno tutti (diceva Musk di aver subito pressioni che evidentemente gli altri non hanno denunciato perchè le hanno accettate), e per questo viene screditato e descritto come un covo di criminali (espongono le loro idee su Telegram anche mentana, mattarella, biden, trump, renzi, meloni, Grillo, Conte …). Chi vuole farsi un’idea personale se lo scarica sul cellulare in pochi minuti e verifica.
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La chiusura di Telegram e’ stata più volte invocata dai governanti israeliani, consapevoli del fatto che gli orrori di Gaza vengono regolarmente denunciati da tale piattaforma, nella più totale libertà. Al contrario delle reti ufficiali, reticenti e vendute ai poteri. La lobby israeliana comanda e l’impiegato della Banca Rotschild Macron obbedisce.
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Nel frattempo Israele sta facendo piazza pulita pure in Cisgiordania.
La senatrice innominabile ovviamente tace, no?
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La verità su Telegram è un pò diversa rispetto a quel che usualmente si dice.
Ovviamente è stata la democrazia a sei punte ad arrabbiarsi con Telegram accusandolo di essere filo-Hamas.
E no, non è vero che Telegram non ha moderazione.
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Lasciate perdere quello che dice Merlo di Durov e Telegram. Tanto per dirne una, mette in mezzo il solito Assange che con la questione non c’entra una mazza. Se volete saperne qualcosa, ma davvero, rivolgetevi a chi ne sa più di chiunque altro, ossia lo Sparviero, o chi sta addirittura sopra di lui, Adriano58.
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