Paulo Dybala of A.S. Roma during the 38th day of the Serie A Championship between A.S. Roma vs A.C. Spezia on June 4, 2023 at the Stadio Olimpico in Rome, Italy. (Photo by Domenico Cippitelli/NurPhoto via Getty Images)

(Umberto Vincenti – lafionda.org) – Avevo sperato che Dybala non accettasse la sontuosissima offerta araba. Non perché io sia tifoso della Roma (per la quale ho però simpatia), ma perché il comportamento di Paulo non mi sembrava proprio quello di chi aveva deciso convintamente di andarsene. Mi ero indotto alla speranza vedendo qualche fotografia; e conoscendo la faccia di questo ragazzo. Se fosse rimasto, sarebbe spuntata un’altra speranza di cui credo in molti sentiamo il bisogno: che in questo mondo – decadente, corrotto, consumista, edonista ecc. – vi sia ancora qualcuno che, ai soldi, anche se tanti o tantissimi, preferisca altro.

 Non sappiamo quale sia stata la ragione ultima del rifiuto: la Roma, i romani, Roma,  la passione per lo sport autentico, la volontà di essere coerenti con la propria storia, il sogno di poter realizzare ancora, a quasi trentun’anni, una grande impresa memorabile nella storia del calcio o, anche, della squadra. Può essere che la decisione sia legata alle dinamiche familiari: l’opposizione della moglie, i consigli della madre. O anche ad altro. Chissà. Ma è certo che Paulo Dybala a tutto ciò non ha voluto anteporre il denaro.

 Si dirà che, per lui, non è stato poi così difficile: soldi ne ha parecchi e parecchi ne guadagnerà ancora. Se fosse stato povero, avrebbe deciso allo stesso modo? È una domanda fuori dalla realtà: Dybala è ricco perché è da anni un top player e a un giocatore modesto anche gli arabi, che di denaro ne hanno tanto (troppo), non avrebbero mai offerto nulla.

 Ma è bello pensare – ed è pure credibile – che il dietro-front sia stato conseguente all’atteggiamento serbato dai tifosi verso Paulo ieri mattina in uscita da Trigoria: da quei tifosi che gli hanno rivolto parole d’affetto, nonostante dovesse sembrare – a loro come a tutti – che quella fosse l’ultima volta; che gli hanno messo in mano alcuni regali in ricordo confezionati col cuore; che lo hanno elogiato incondizionatamente gridandogli che non lo avrebbero mai dimenticato.

 Forse qui sta la chiave per capire: se a un giocatore di quel livello, che è in procinto di abbandonare la squadra per i quattrini, i tifosi non mostrano alcun rancore, ma lo onorano, allora vuol dire che quel giocatore si è fatto volere bene. Ma vuol anche dire che nemmeno i tifosi sono tutti eguali: come esiste qualche giocatore che non considera solo il denaro, così esistono anche tifosi che non considerano solo i risultati.

 Questo alimenta la speranza: la speranza, per esempio, che vi siano più uomini e donne virtuosi al punto di non esercitare una professione solo per ottenere onorari sempre più alti, ma primariamente per servire al benessere dei propri simili, per esempio guarendoli dalle malattie o rendendo loro giustizia. Ma quanti fra i nostri laureati in medicina o in giurisprudenza hanno quale primo obiettivo il servire la comunità? O, anche, più prosaicamente quanti sono mossi dal desiderio per le cose ben fatte senza calcolare i vantaggi che ne possono conseguire? Pochini, credo. Certo il contesto di grondante, scostumato, rozzo, incolto consumismo, edonismo, narcisismo in cui oggi si nasce e si cresce non aiuta; tutt’altro, spinge in direzione esattamente contraria. Ma esiste qualche movimento o partito che azzardi l’ipotesi di un cambiamento del nostro stile di vita? Non ne vedo. Manca la vis imaginativa o la volontà? Vince il calcolo? Ma fino a quando?

 Allora non lamentiamoci più di tanto. Più di duemila anni fa Cicerone aveva constatato che, laddove la virtus, privata e pubblica, fosse caduta, gli uomini e le donne si sarebbero distinti solo in relazione al patrimonio posseduto. O all’aspetto fisico. Ci siamo. Allora leggiamo la vicenda di Paulo Dybala come un esempio in controtendenza. E auguriamoci che qualche ragazzino o ragazzina incomincino a riflettere. Noi, magari, possiamo aiutarli. E chi di mestiere studia incominci a pensare all’alternativa. È tempo, forse è anche tardi. Prima o poi si alzerà il vento forte.