(Andrea Zhok) – Non c’è niente da fare, il mainstream ha ancora una potenza di fuoco dominante.

Basta vedere gli argomenti risibili che sono stati accreditati questi giorni come non solo ragionevoli, ma addirittura decisivi.

Primo argomento.

Dopo che tutto il mondo ha riconosciuto durante la cerimonia di apertura olimpica la parodia “gender” dell’Ultima Cena di Leonardo (e dopo che il sito parigino del turismo olimpico lo aveva presentato come tale), una volta accortisi delle reazioni è partita la controcampagna.

“Ma figuriamoci! Ma quanto siete bestie! Si trattava della dotta citazione di un dipinto ben noto ai professori di storia dell’arte e che raffigura XYZ”. (Poi si sono coordinati un po’ male, per cui quale fosse il “dipinto ben noto” cui fare riferimento è diventato oggetto di molteplici ipotesi, grandi googlate e ingegnose compulsazioni dell’enciclopedia, ma tant’è.)

Ora, a qualunque persona di modico ingegno risulta ovvio che se fai una citazione parodistica – e quella era ovviamente una citazione parodistica – la puoi fare solo confidando che il pubblico percepisca la citazione, altrimenti il senso della parodia va perduto. Dunque è perfettamente ovvio che per garantirti la comprensione della citazione avrai fatto riferimento a qualcosa di noto al grande pubblico (l’Ultima Cena è insieme alla Gioconda forse il più universalmente riconoscibile dei dipinti) e non a qualcosa di noto solo agli specialisti di pittura del XVII secolo.

Ma per quanto ridicola, per quanto patetica, questa è diventata la linea difensiva seriosamente mantenuta da quelli preparati, quelli che censurano le fake news, gli stessi che ti spiegano che i russi combattono con le vanghe della prima guerra mondiale.

Secondo argomento.

Dopo che sono sorte polemiche diffuse intorno alla presenza del / la pugile Imane Kharif al torneo olimpico femminile, anche qui è partito il contrattacco dei media mainstream. L’argomento principe qui è che anche se Kharif è geneticamente un maschio, comunque nel corso della sua carriera pugilistica è stato/a battuto/a da donne. E dunque è tutto a posto, tutto normale, nessun abuso è stato commesso e chi perde deve solo accusare sé stessa.

Ma anche questo è, ovviamente, un argomento risibile. Il punto non è se un maschio non può mai prenderle da una donna: se la donna è un’atleta tecnicamente preparata e il maschio no, è assai probabile che accada. Il punto è se mettere a combattere a parità di altre condizioni un soggetto geneticamente maschio contro un soggetto geneticamente femmina conferisca un ingiusto vantaggio al primo. Che Kharif abbia perso in passato con donne non significa niente. Magari in precedenza non aveva una tecnica all’altezza delle potenzialità fisiche e oggi l’ha maturata. L’unico punto pertinente è che presenta un ingiusto vantaggio di partenza. Altrimenti con lo stesso argomento si potrebbero eliminare le categorie di peso, visto che è ampiamente comprovato che un uomo più pesante può essere menato da uno più leggero, ma tecnicamente più preparato.

Infine, di fronte alla debolezza degli argomenti e alla forza dell’indignazione pubblica, l’ultima strategia è stata di screditare l’unico dato certificato e reso pubblico da un laboratorio sportivo, ovvero gli esiti dell’esame svolto dalla International Boxing Association. Qui la mossa è stata di screditare senz’altro l’IBA, dicendo che i suoi giudizi non sono riconosciuti dal CIO e insinuando che si tratti di “una federazione corrotta”.

Peccato che la rottura tra CIO e IBA, maturata nel 2023, sia stata squisitamente politica e abbia al centro il conflitto russo-ucraino. La rottura avviene infatti in quanto l’IBA, il cui presidente è il russo Umar Kremlev, si è rifiutata di estromettere dalle competizioni pugilistiche gli atleti russi e bielorussi. (Invece, coerentemente con il consolidato principio olimpico per cui quello che dicono gli americani è legge, il CIO impedisce agli atleti russi e bielorussi di partecipare come tali.)

La specialità dei media di regime è di sommergere ogni obiezione e argomento sgradito con cortine fumogene, rumori di fondo, ipotesi spacciate per certezze autorevoli, qualunque cosa purché serva a far perdere di impeto ad ogni contestazione al potere del momento.

Nota finale.

Fare delle questioni LGBTQI+ l’oggetto di sfide politiche e provocazioni pubbliche non è davvero una buona idea. Si tratta di temi delicati, che richiedono riflessioni serene e il più possibile equanimi. Farne il tema di sfide, provocazioni, scontri, propaganda, sanzioni, forzature garantisce solo la crescita di polarizzazioni e di radicalizzazioni che fanno male a tutti, frammentando la società. (A meno che lo scopo di chi promuove queste politicizzazioni forzate non sia proprio tale frammentazione.)