(Tommaso Merlo) – Quando Netanyahu ha citato la Bibbia tra gli osanna del Congresso americano, i profeti si sono rivoltati bruscamente nella tomba. Nessuno escluso. Quello stinco di santo ha sbraitato contro coloro che osano chiamare Israele uno stato coloniale e li ha rimproverati perché non sanno che “la Terra di Israele è dove Abramo, Isacco e Giacobbe pregavano e dove Davide e Salomone governavano … non sanno che da 4.000 anni Israele è la casa degli ebrei e sempre lo sarà!”. E tutti in piedi a spellarsi le mani pensando alla prossima poltrona. Man mano che passano i giorni, il discorso al Congresso americano di Netanyahu si configura come il suo funerale politico. In quel passaggio biblico, lo stinco mente perfino sul nocciolo della questione mediorientale. Gli ebrei frequentano la Terra Santa dai tempi di Mosè e compagnia bella, per millenni hanno convissuto con altre popolazioni e avrebbero potuto continuare a farlo senonché circa cento anni fa è sorto il sionismo, una ideologia politica che rivendica il diritto ad uno stato ebraico nella Terra di Israele citata dalla Bibbia. È questo il nocciolo. Il sionismo, una ideologia che ha sfruttato la religione per imporre uno stato ebraico ai palestinesi. E dato che nessuno se ne va di buon grado da casa propria, il sionismo è ricorso fin dagli albori alla pulizia etnica. È storia moderna ma anche molto antica. Netanyahu e i suoi sodali possono infatti credere a Davide e pure a Golia e sacrificare mucche ed agnelli fin che vogliono, ma un conto sono le loro credenze religiose, un conto è la realtà ed un altro ancora è quello che credono gli altri. Si dà infatti il caso che nel frattempo in molti abbiano seguito altri profeti e il mondo sia andato parecchio avanti. Già, oltre che coloniale, quello israeliano è un progetto dal retrogusto crociato anche se in realtà perfino molti rabbini si dissociano dal sionismo. Trasformare la Palestina in Israele è un progetto che nasce con la complicità inglese, con ebrei giunti da tutto l’Occidente illusi di trovare una agognata terra promessa e che invece si son ritrovati in un inferno sempre più infuocato. Altro che Isacco e Giacobbe, sarebbe ora di tirare le somme. Attenendosi ai meri fatti, il progetto Israele come è stato concepito, è un clamoroso fallimento storico che ha generato solo una serie infinita di dolore e di ingiustizia dalla prima Nakba del 1948 fino al genocidio in corso a Gaza. Con una infinità di vite rovinate, con milioni di profughi sparsi per il Medio Oriente e violenze ed illegalità che nei territori occupati proseguono da decenni, con una escalation regionale sempre alle porte e il disprezzo del mondo intero. Un inferno per i palestinesi vittime del sionismo, ma anche per tanti ebrei e israeliani perbene. Dopo decenni, Israele non è grado nemmeno di garantire la sicurezza ai suoi cittadini, figurarsi un futuro. Un fallimento epocale. Eppure da massimo esponente del sionismo che è, l’unica cosa che concepisce Netanyahu è l’attacco, è il coronamento dell’annessione palestinese e dei suoi sogni giovanili. Un piano che si sta rivelando insostenibile. Politicamente, economicamente, militarmente. Nonostante l’accanimento terapeutico americano, Israele sta andando verso la fine e forse è troppo tardi per intervenire. È stato seminato troppo vento perché non scoppi una tempesta. E la verità prima o poi trova sempre un modo per emergere insieme alla giustizia. E’ cronaca di questi mesi. L’unica salvezza per Israele è rinnegare e sradicare il sionismo e ripartire da zero con un progetto democratico inclusivo invece che a scapito dei palestinesi. Un progetto che dia vita ad uno stato laico che rispetti i diritti umani e doni pari dignità a tutte le popolazioni e credenze della Terra Santa. Se negli gli ultimi settant’anni gli ebrei avessero costruito un rapporto coi palestinesi invece di perseguitarli, se avessero lavorato insieme per un futuro comune, la storia avrebbe avuto tutt’altro corso e la Palestina oggi sarebbe il paese più importante del Medio Oriente grazie alla sua centralità storica, culturale e anche religiosa. Una perla in cui ebrei, musulmani ma anche cristiani avrebbero potuto convivere degnamente e pacificamente. Un esempio per il pianeta invece che la vergogna. Paradiso invece che inferno. Dimostrando la veridicità della sapienza dei profeti invece che citarli a sproposito per meschini fini politici e farli rivoltare bruscamente nella tomba.